Otranto da grande centro di fede a terra di conquista

La città di Otranto, divenuta famosa per via della conquista turca e del successivo massacro di 800 abitanti che rifiutarono di convertirsi all’islam (vedi articolo sull’argomento), ha origini antichissime: la zona era già abitata nel Neolitico. circa settemila anni fa, ma forse addirittura dal Paleolitico, 2 milioni di anni fa. Poi fu popolata dalla stirpe greca dei Messapi, quindi venne conquistata dai Romani, che la elevarono a municipio con il nome di Hydruntum. Ben collegata per via di terra e in posizione strategica sul mare, sviluppò un fiorente artigianato, specializzato nella lavorazione dei tessuti e della porpora, e nel II secolo d.C. giunse a battere moneta propria.
Nel Medioevo il suo porto giocò un ruolo cruciale dal punto di vista degli scambi commerciali e delle spedizioni militari: da qui, nel 1095, partì per la prima Crociata il principe Boemondo I d’Altavilla ed i suoi dodicimila soldati vennero benedetti nella cattedrale, da poco costruita; ad Otranto approdò nel 1219 San Francesco, di ritorno dalla Terra Santa, ed otto anni dopo proprio qui volle morire lo sposo di santa Elisabetta d’Ungheria, Ludovico IV di Turingia, ammalatosi gravemente durante la sesta Crociata.
La “centralità” di Otranto favorì anche la creazione del vicino monastero di San Nicola di Casole, in cui i monaci basiliani realizzarono la più fornita biblioteca d’Europa e dove giungevano a studiare giovani provenienti da tutto il Sacro Romano Impero. L’autore del monumentale mosaico pavimentale della cattedrale fu appunto un monaco basiliano. Il monastero fu distrutto dai Turchi ed il suo patrimonio librario venne disperso (alcuni dei codici qui realizzati attualmente si trovano in varie, importanti biblioteche europee, da Parigi a Londra, da Berlino a Mosca).
Come accennato, l’episodio per cui Otranto è –tristemente- più nota fu la conquista e il conseguente massacro del 1480: il 28 luglio giunse da Valona un’armata turca. La volontà di resistere fu unanime, ma soli seimila abitanti non potevano competere con 150 navi, di cui 90 galee e 40 galeotte, con a bordo 18.000 soldati. Il problema di Otranto -ora come allora- è che distava poche ore di nave da Valona e giorni e giorni dalla capitale, Napoli: la resistenza durò due settimane, in attesa di aiuti che non arrivarono (se non l’anno seguente!) e dopo la resa vi fu il massacro di tutti coloro, che rifiutarono la conversione all’islam.
Liberata l’anno successivo, la città inizialmente stentò a riprendersi: sessant’anni dopo il massacro contava solo metà dei suoi abitanti di un tempo, mentre la sua posizione la rendeva facile preda di assalti ottomani. Poi, nel Seicento Otranto vide scemare la propria importanza e molti abitanti la lasciarono per ritirarsi all’interno, nel più sicuro territorio del Salento. Molti terreni della zona circostante furono abbandonati ed aumentò il pericolo della malaria.
Rinata in parte nel Settecento e di nuovo abbandonata nell’Ottocento (nel periodo napoleonico era divenuta un Ducato, di cui era stato insignito il tenebroso ministro di polizia Fouché), Otranto si risollevò con la bonifica delle paludi. Nel secondo Novecento, pur diventando interessante meta turistica, fu prima svuotata da una forte emigrazione e poi divenne l’obiettivo privilegiato degli sbarchi degli scafisti albanesi. Evidentemente, la Storia si ripete…
Questo testo di Luigi Vinciguerra è tratto dalla rivista Radici Cristiane. Visita il sito radicicristiane.it