O Chiesa o massoneria

Tra la Chiesa e la massoneria esiste una radicale incompatibilità. Il primo documento pontificio di condanna della massoneria è la lettera apostolica In eminenti apostolatus specula, di Papa Clemente XII, del 28 aprile 1738. A partire da questo documento, il tema è stato oggetto di quasi seicento interventi da parte dei Romani Pontefici. I Papi si sono espressi sia direttamente, attraverso costituzioni, encicliche, bolle, sia indirettamente, attraverso strumenti ecclesiastici a diverso titolo impegnativi dell’autorità dei Papi. Tra tutti questi documenti, l’enciclica Humanum genus di papa Leone XIII, del 20 aprile 1884, appare quello di riferimento.
In esso la massoneria viene condannata per l’attività anti-cristiana storicamente svolta, per le sue modalità operative e per i suoi princìpi di fondo, come il naturalismo, il razionalismo, lo scetticismo, e l’indifferentismo religioso. Tutti princìpi riassunti da un sistema di pensiero che, anche quando afferma di riconoscere l’esistenza di un Dio come “Grande Architetto dell’Universo”, nega la rivelazione, la grazia, la creazione, il peccato originale e la dimensione soprannaturale in genere.
Scalzato il fondamento metafisico, i massoni proclamano l’autonomia della morale, il matrimonio civile, l’ugualitarismo dei diritti, la radicale separazione fra Chiesa e Stato e il monopolio scolastico statale. L’itinerario che ha seguito l’Italia dall’introduzione del divorzio ai progetti di legalizzazione delle unioni omosessuali, è, sotto questo aspetto, di chiara ispirazione massonica.
L’ininterrotta condanna pontificia della massoneria trovò una concreta espressione nella scomunica comminata nel 1917. Il Concilio Vaticano II segnò una svolta nei rapporti tra la Chiesa e il “mondo”. In quegli anni, mentre il segretario del Segretariato per i non credenti, don Vincenzo Miano, affermava la necessità di un dialogo con la massoneria, il padre gesuita Giovanni Caprile, esperto di problemi massonici della «Civiltà Cattolica», fu protagonista di un avvicinamento che avrebbe aperto una stagione di inquietanti ambiguità ed equivoci.
Per quasi vent’anni le autorità ecclesiastiche tacquero di fronte a queste manovre. Nel 1983 apparve il nuovo Codice di Diritto Canonico che condanna «chi dà il nome ad una associazione, che complotta contro la Chiesa».
Questa generica affermazione lasciò pensare ad una abolizione della scomunica, anche se una dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede, approvata da Giovanni Paolo II, il 26 novembre 1983, riafferma la persistenza della condanna per un cattolico che aderisca alla massoneria.
Più significativa è la Dichiarazione circa l’appartenenza di cattolici alla massoneria pubblicata nel 1980 dalla Conferenza Episcopale Tedesca dopo che si erano svolti i colloqui fra una commissione di dialogo della stessa conferenza episcopale ed esponenti delle Grandi Logge Unite di Germania.
Il documento della Conferenza Episcopale Tedesca, che afferma l’incompatibilità fra la professione di fede cattolica e l’appartenenza alla massoneria, è stato illustrato, in un documentato studio di mons. Josef Stimpfle (1916-1996), vescovo di Augusta.
Il documento recita:«Per poter essere un vero massone, il cattolico dovrebbe concepire la propria fede come un’opinione soggettiva. Però questa non sarebbe più la fede della Chiesa, che è fondata sulla verità e consiste nella verità. In tal modo la fede viene privata del suo fondamento oggettivo (…) è quindi spostata dall’ordine del reale a quello della sola coscienza, e viene così anche privata della sua vera forza ed essenza».
Parole da ricordare in un clima di relativismo imperante.
Questo testo di Emanuele Barbieri è stato tratto dal periodico Radici Cristiane. E’ possibile acquistare la rivista anche on line o sottoscrivere un abbonamento, cliccando www.radicicristiane.it