«Non abbandonate la bella Badia»

Si trova a Oies, nella ValBadia, la casa natale di san Giuseppe Freinademetz. Incantevole, immersa nei pini, abbracciata dal verde, è avvolta dal monte Santa Croce. Risale ad oltre 250 anni fa: realizzato in stile semplice ed essenziale, nel 1848 l’edificio fu restaurato dal padre del santo, Giovanmattia. Subito dopo la morte di san Giuseppe Freinademetz ed, in particolar modo, negli ultimi cinquant’anni è divenuta sempre più méta di pellegrinaggi, soprattutto dall’Austria, dall’Italia e dalla Germania, in particolar modo tra aprile ed ottobre, mesi in cui l’altitudine ed il clima sono più clementi e rendono più agevole il raggiungerla. Il luogo certamente induce alla preghiera, alla meditazione, al raccoglimento. Tanto che lo stesso san Giuseppe scrisse: «Ringraziate figli e figlie che siete di Badia e chi non è chiamato dal Signore non abbandoni la bella Badia».
Ma ancor più è chi vi ha abitato, che consente ed amplifica tale senso religioso: san Freinademetz, infatti, è considerato un grande intercessore, per affrontare le difficoltà del vivere quotidiano. Con l’orazione. Era solito dire: «Come l’albero ha bisogno della terra per trovare linfa e nutrimento, così l’anima ha bisogno della preghiera». In una camera al primo piano sono esposte diverse reliquie del santo missionario, indumenti che indossò in Cina e numerose lettere scritte di suo pugno.
Per questo, adiacente alla casa, dal 1995 è stata edificato un Santuario o Casa del Pellegrino, dotato al terzo piano di un’ampia chiesa, in grado di accogliere almeno 200 fedeli. La struttura è stata ricavata in quello che un tempo era il fienile del maso Oies, grazie all’intervento dell’architetto Osvaldo Valentini di Pedraces, che ha immaginato San Giuseppe come un “costruttore di ponti” tra l’Europa e la Cina ed ha voluto manifestare tutto questo, collocando chiari segni tanto della cultura ladina quanto di quella cinese, tra cui il caratteristico tetto orientale piegato.
Il Santuario è stato consacrato nel giorno di Pentecoste del 1996 dal Vescovo della Diocesi di Bolzano-Bressanone, alla presenza del Padre Generale dei Verbiti, Padre Enrico Barlage. Nei pressi del parcheggio v’è una sala con una mostra permanente sulla vita del santo ed il lavoro dei Padri Missionari Verbiti in Cina. Sulla destra, si accede al salotto dell’icona, opera di Piera Gortan di Trieste. L’icona mostra il Santo circondato dalla luce emanata da raggi dorati, che simbolizzano la luce celeste. La mano destra del santo è benedicente, in stile bizantino, mentre la mano sinistra tiene una tavola con scritto «Il linguaggio dell’amore è l’unica lingua, che tutti comprendono»), una delle espressioni più conosciute di Padre Giuseppe.
Questo testo di Luigi Bertoldi è tratto dalla rivista Radici Cristiane. Visita il sito radicicristiane.it