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Motivazione ecumenica

Liturgia14 Marzo 2018
Testo dell'audio

+ In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen.

Monsignor Bugnini, architetto del Nuovo rito, scrisse sull’Osservatore Romano del 19 marzo 1965 del «desiderio di scartare ogni pietra di inciampo che potesse costituire anche solo l’ombra di un rischio di dispiacere […] per i fratelli separati»; e in un altro intervento sullo stesso giornale il 13 ottobre 1967 disse: «La riforma liturgica ha fatto un notevole passo avanti e si è avvicinata alle forme liturgiche della chiesa luterana».

La stessa motivazione vediamo nel caso del Papa. Il famoso scrittore Jean Guitton, quando fu intervistato alla radio[1] sulla biografia di papa Paolo VI scritta da Yves Chiron, dichiarò che il Papa aveva fatto tutto ciò che era in suo potere per conformare la Messa cattolica alla teoria protestante della Cena e, ripetendo due volte l’accusa, concluse in questo modo: «Paolo VI aveva l’intento ecumenico di estinguere o almeno correggere o diluire tutto ciò che nella Messa era troppo “cattolico” nel senso tradizionale del termine e, lo ribadisco, di conformare la Messa cattolica alla messa di Calvino».

Possiamo distinguere tra un’influenza ecumenica indiretta e diretta sul Nuovo rito.

L’influenza indiretta deriva dal movimento liturgico nella fase modernista, iniziata dalla pubblicazione, nel 1914, del libro La Prière de l’Eglise: principes et faits del benedettino belga padre Lambert Beauduin. Questo movimento, che si propagò in modo notevole nelle abbazie di Klosterneuburg presso Vienna e Maria Laach in Renania incoraggiava i seguenti elementi tendenti al protestantesimo: la Messa versus populum ed in volgare; il comunitarismo, la partecipazione e il sacerdozio dei fedeli; il passaggio dall’altare alla mensa e la disapprovazione della devozione privata ed eucaristica.

Tali elementi, presenti nella mente degli innovatori, trovano collocazione negli articoli del Sacrosanctum concilium e nell’Institutio generalis. Il professor de Mattei riporta come questi furono manifestati anche nel Concilio. Di particolare rilevanza fu il discorso di monsignor Duschak, che sostenne la necessità di una Messa celebrata verso il popolo, a voce alta, in una lingua volgare e comprensibile, in modo di una festa, una Messa ecumenica creando «l’unità tanto desiderata, almeno nella memoria eucaristica del Signore. Il popolo di Dio poi godrebbe della partecipazione perfetta ed intima della quale gli Apostoli hanno goduto nell’ultima Cena»[2].

Con don Cekada possiamo specificare due scritti influenti dentro il movimento liturgico: Missarum Solemnia (1948) di padre Josef Andreas Jungmann SJ e Liturgical Piety (1954) di don Louis Bouyer, oratoriano. Don Cekada indica due concetti importanti nella prima opera: quello della “Teoria della corruzione: Corruption Theory”; e quello di “Teologia pastorale: Pastoral Theology” e spiega come il primo «riteneva che la Messa, come stava, rappresentasse un allontanamento da ideali liturgici primitivi»; e che il secondo «avocava il rimodellare la Messa per venire incontro ai bisogni sentiti dall’uomo contemporaneo»[3]. Nella seconda opera, il concetto importante è quello della “Teoria dell’assemblea: Assembly Theory” in cui l’ex-luterano don Bouyer tenta di presentare la Messa come assemblea piuttosto che sacrificio[4].

L’influenza diretta sul Nuovo rito è chiaramente manifesta nel contributo dato dagli osservatori protestanti presenti alla sua creazione. Questo contributo venne ufficialmente negato, per esempio, da monsignor Bugnini, segretario della sacra Congregazione per il Culto Divino e del Consilium, in Notitiae, il giornale ufficiale della Congregazione (luglio-agosto 1974): «Che ruolo hanno avuto gli “osservatori” nel Consilium? Niente di più che quello di “osservatori”». In modo simile venne negato dal direttore dell’Ufficio Stampa Vaticano il 25 febbraio 1976 con le parole: «Gli osservatori protestanti non hanno partecipato all’elaborazione dei testi del nuovo Messale» (MD p. 586).

Per contro, monsignor Baum (poi cardinale, nella foto) aveva osservato nel corso di un’intervista con The Detroit News il 27 giugno 1967: «Non sono là semplicemente come osservatori, ma anche come consulenti e partecipano pienamente alla discussione sul rinnovo liturgico cattolico» (MD p. 586). Al fine di stabilire la verità su questo punto, Michael Davies contattò un certo canonico Ronald Jasper, uno dei sei protestanti presenti. Questi spiegò che gli osservatori erano presenti ai dibattiti ufficiali del mattino, dove non era loro permesso parlare. Nel pomeriggio, comunque, avevano un incontro informale con i periti, dove potevano volentieri «commentare e criticare e dare suggerimenti […] Questi incontri informali erano caratterizzati dalla pienissima libertà per tutti[5] e c’era un sincero scambio di vedute» (MD p. 587). Il risultato fu «esattamente il tipo di liturgia ed il tipo di rinnovo che ci si poteva aspettare, considerato ciò che rappresentavano» (Jean Madiran citato in MD p. 259).

Michael Davies (p. 263-6) fornisce prove di uno «schema concertato per varie denominazioni al fine di riformare le loro rispettive liturgie nella prospettiva di un eventuale rito cristiano unito». Egli cita l’esempio del Series III Communion Service anglicano, che comprende elementi aggiunti anche al Rito romano nuovo, come «Cristo è morto, Cristo è risorto, Cristo ritornerà» dopo la consacrazione con lo scopo apparente di un avvicinamento ai protestanti evangelici. L’impatto ecumenico è ancor più chiaro per il ruolo preminente del canonico Jasper nella compilazione della Serie III.

E tuttavia dobbiamo concordare con monsignor Gamber che questo tipo di ecumenismo è “mal concepito”, perché non comprende alcuna unione in realtà ma soltanto in apparenza: i cattolici, gli High Anglicans e gli evangelici potrebbero celebrare lo stesso rito, ma produrrebbero un effetto diverso. Il sacerdote cattolico rende Cristo ed il sacrificio del Calvario veramente presente; gli anglicani e gli evangelici non lo fanno. Come predisse monsignor Lefèbvre, questo ecumenismo «non attirerà un singolo protestante alla Fede, ma causerà la perdita di Fede in innumerevoli cattolici ed instillerà una totale confusione nelle menti di molti altri che non sapranno più cosa sia vero e cosa sia falso» (MD p. 273)[6].

Abbiamo argomentato che la teologia del Rito antico è cattolica e che la teologia del Nuovo rito è protestante. Ne consegue che solo un protestante (o qualcuno con spirito protestante) potrebbe coerentemente desiderare di sostituire il Rito antico con quello nuovo – o qualcuno, naturalmente, che desiderasse danneggiare la Chiesa, sia degradando il rito che distruggendo la Messa stessa.

Se l’intenzione fosse questa ultima, non sarebbe comunque riuscito, perché, come spiega Michael Davies, la Chiesa ha l’autorità di convalidare un rito della Messa e così ha fatto nel caso del Novus Ordo [7].

Michael Davies considera l’ipotesi che, dietro la creazione del Nuovo rito[8], si celasse l’intenzione di danneggiare la Chiesa. Egli spiega come fossero state passate a papa Paolo VI informazioni circa il fatto che monsignor Bugnini fosse un massone e che fosse «allora allontanato e la sua intera congregazione sciolta», dopo di che egli fu inviato come nunzio in Iran.[9]

Lasciando a parte i membri di quell’associazione infelice che operano, che lo sappiano o meno, solo come strumenti del demonio, esprimeremo la conclusione di questa prima sezione del saggio nelle parole seguenti: se fu l’intenzione del Concilio di Trento quella di erigere una barriera invalicabile contro le eresie eucaristiche protestanti, fu l’intenzione del Consilium quella di demolirla.
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[1] «[…] l’intention de Paul VI au sujet de la liturgie, au sujet de ce qu’on appelle vulgairement la messe, c’est de réformer la liturgie catholique de manière à ce qu’elle coincide presque avec la liturgie protestante… Je repète que Paul VI a fait tout ce qu’était en son pouvoir pour rapprocher la messe catholique – au–delà du concile de Trente – de la Cène protestante – aidé par Monsignor Bugnini…Autrement dit, il y a chez Paul VI une intention oecuménique d’effacer, ou du moins de corriger, ou du moins d’assouplir ce qu’il y a de trop ‘catholique’ au sens traditionnel, dans la messe, et de rapprocher la messe catholique, je le repète, de la messe calviniste» Lumière 101/ Radio Courtoisie, domenica 19.11. 1993.
[2] In una conferenza stampa più tardi quel giorno ha espresso la sua idea di introdurre «una Messa che veramente si potrebbe chiamare ecumenica, spogliata in tutta la misura del possibile dalle sovrastrutture storiche […]»
[3] WHH p.26, cfr. Volksliturgie (1940) di dom Pius Parsch, colla sua idea di ‘liturgia popolare’.
[4] Fino ad oggi queste teorie, prive di basi storiche, circolano nei seminari diocesani, avidi di novità e schivi di verità.
[5] “a complete free-for-all”.
[6] In questo contesto possiamo paragonare le seguenti quattro forme di culto: la cena della comunità protestante, presentata come cena della comunità (come da parte dei non-conformisti, MD p.414); la cena della comunità protestante presentata come sacrificio del Calvario (come da parte di certi High Anglicans); il sacrificio del Calvario presentato come la cena della comunità (come nel Rito romano nuovo); ed il sacrificio del Calvario presentato come il sacrificio del Calvario (come nel Rito romano antico). Fin quanto ciascuna forma di culto aspiri ad essere fedele alle parole di Cristo: “Fate questo in memoria di me”, possiamo riassumere queste forme di culto rispettivamente come segue: Falso presentato come Falso; Falso presentato come Vero; Vero presentato come Falso; Vero presentato come Vero.
[7] Qui osserviamo che l’Esame critico solleva il problema se le parole della consacrazione siano valide qualora un celebrante individuale le capisse solo come una forma di narrativa in accordo con lo spirito del Novus Ordo.
[8] Questo sembra probabile in vista dell’attenzione meticolosa applicata alla distruzione della liturgia e dal fatto che gli eresiarchi hanno sempre cominciato i loro tentativi di distruggere la Fede con attacchi alla liturgia. Come scrive il professor de Mattei sull’arcivescovo apostata di Canterbury nella sua Prefazione alla traduzione italiana del libretto L’altare cattolico e il Concilio vaticano II di Michael Davies, Suore Francescane dell’Immacolata, 2011: Thomas Cranmer… concepì uno spregiudicato piano di modifica radicale della fede del popolo inglese attraverso il mutamento della Liturgia. Egli era infatti convinto che la pratica liturgica quotidiana avesse trasformato le idee e le mentalità meglio di qualsivoglia libro o discorso. Riferiamo il lettore anche dei commenti di dom Guéranger citati nella seconda parte di questo saggio a riguardo delle letture. [9] In correlazione, facciamo riferimento al “Piano massonico di distruggere la santa Messa in trentatré punti promulgato dal gran Maestro massonico ed in vigore dal 1962 (Le Plan maconnique…Editions Delacroix BP 18 35430 Chateauneuf), che include direttive per seminare il dubbio sulla Presenza reale e per incoraggiare l’ecumenismo (3); di sopprimere la liturgia latina (4), la musica sacra d’organo (7), altari a favore di tavole (10); di rimuovere i tabernacoli dagli altari ed eliminare le genuflessioni (11); di sopprimere il culto dei santi (12) e le statue ed immagini degli angeli (15); di introdurre ministri laici per l’Eucaristia (comprmese le donne), la Comunione in mano, il segno di pace (29), ecc. Anche se l’esistenza di questo libretto non dimostra un tale progetto concreto da parte dei Massoni, mostra comunque come questi abusi corrispondano al loro modo di pensare. A questo riguardo vogliamo anche citare le parole profetiche dell’apostata canonico Roca (1830-1893) in L’Abbé Gabriel che fanno un legame tra i massoni, il Concilio ed il Nuovo rito. Egli parla di un Concilio ecumenico che darà alla liturgia romana «la semplicità venerabile dell’epoca d’oro» e la adatterà allo «stato di coscienza della civiltà moderna». «Je crois, disait l’apostat Roca, je crois que le culte divin, tel que le règlent la liturgie, le cérémonial, le rituel, et les préceptes de l’Eglise romaine, subira prochainement dans un concil oecuménique une transformation que, tout en lui rendant la vénérable simplicité de l’age d’or apostolique, le mettra en harmonie avec l’état de conscience et de la civilisation moderne: Ritengo, dice l’apostata Roca, ritengo che il culto divino come regolato dalla liturgia, il cerimoniale, il rituale ed i precetti della Chiesa, subiranno presto una trasformazione, che, restituendo loro la semplicità venerabile dell’epoca d’oro apostolica, li metterà in armonia con lo stato di coscienza e della civiltà moderni». (citato in Mystère de l’Iniquité Pierre Virion, Pierre Téqui). Una tale eventualità liturgica viene immaginata ugualmente, ma da punto di vista cattolico, dal cardinal Louis Billot S.J. in La Parousie (p.122-4 nel passo citato prima della conclusione del saggio presente) come trionfo di Dio Umanità sul vero Dio nel luogo dei tabernacoli rovesciati del Signore: «Quelque mystère luciférien des antres ténébreux des couvents maconniques…Qualche mistero luciferino degli antri tenebrosi dei conventi massonici».

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