< Torna alla categoria

La mortificazione (Parte II)

Catechesi02 Novembre 2020
Testo dell'audio

Il beato Francesco da Fabriano, francescano, era solito di offrire a sollievo delle anime purganti tutte le austerità che imponevagli la regola, e tutte le maggiori penitenze che il suo fervore gli suggeriva, sicché nulla riserbando per sé, riposavasi interamente sulla misericordia di Dio pel soddisfacimento dei propri debiti; per rendere poi più accette al Signore le sue penitenze, le univa sempre alle pene patite da Gesù Cristo sulla croce. La sua compassione verso i defunti era sì viva, che non poteva fermare il pensiero sui loro tormenti senza tremare da capo a piedi. Numerose apparizioni di anime da lui liberate gli dimostrarono però quanto la sua carità fosse accetta a Dio.

La beata Caterina da Racconigi, che ricevette da Dio stesso l’ordine di fare mortificazioni in suffragio delle anime del Purgatorio, in una delle sue estasi vide il Salvatore dal cui Cuore usciva abbondante sangue, del quale una parte scendeva sul capo dei peccatori e l’altra sulle anime del Purgatorio. Da ciò comprese di dover praticare la mortificazione per i due grandi scopi della conversione dei peccatori e della liberazione delle anime del Purgatorio. E Iddio benedisse le austerità da lei fatte per la salute dei primi; quanto alle seconde le molte visioni da lei avute la fecero certa che le sue mortificazioni avevano prodotto in Purgatorio frutto non minore che sulla terra.

S. Nicola da Tolentino digiunava spesso a pane e acqua per le anime del Purgatorio, si martoriava con discipline, e per aver sempre vivo alla mente il pensiero di quelle infelici, portava intorno ai reni una cintura di ferro strettamente serrata, le cui punte gli penetravano profondamente nella carne. Anche a lui apparivano spesso le anime del Purgatorio, come dicemmo altrove, per raccomandarsi ai suoi suffragi o per ringraziarlo.

In tempi più recenti poi la venerabile Maria Francesca del SS. Sacramento diede prova di non minor zelo, digiunando quasi tutto l’anno a pane ed acqua in suffragio de’ defunti, lacerando ogni giorno le sue carni con discipline, e non abbandonando mai un aspro cilizio che tormentavala giorno e notte, sicché perfino quel po’ di riposo che per le esigenze della natura concedeva al suo corpo, le si convertiva in una mortificazione. Anche di questa dicemmo altrove come fosse ricompensata della sua eroica carità con innumerevoli apparizioni (Vita della Venerabile, lib. II).

Durus est hic serino. Dure sono queste parole, dirà taluno, e troppo straordinari questi esempi, perché possano essere anche da lungi imitati. Si rassicurino però i deboli, poiché Iddio guarda più alla generosità del cuore che all’atto in se stesso, e senza disciplinarsi ed affievolire le proprie forze e la propria salute, possiamo con piccole astinenze e mortificazioni che ci si possono offrire ogni giorno ed ogni ora, scontare i nostri falli è suffragare quelle povere anime.

Da Facebook