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Una lunga storia di fede

Tesori del Mondo15 Marzo 2018
Testo dell'audio

È ancora ben impressa nella memoria di tanti europei la fosca realtà albanese, vissuta durante gli anni del regime comunista imposto da Enver Hoxha, che gravò dalla fine della Seconda guerra mondiale sino alla metà degli anni Ottanta sulla vita di oltre un milione di cittadini: applicando una dittatura efferata, Hoxha portò avanti con decisione il sistema economico e sociale di stampo sovietico, impoverendo allo stremo il proprio Paese ed isolandosi completamente nel panorama internazionale, tanto che il resto del mondo difficilmente riusciva a penetrare con lo sguardo oltre il confine nazionale.

Agli inizi del 1976, dopo aver condotto un durissimo programma di ateizzazione di massa, inserì esplicitamente nella Costituzione la costrizione all’ateismo. L’art. 37 recitava a chiare lettere: «Lo Stato non riconosce alcuna religione ed appoggia e svolge la propaganda atea al fine di radicare negli uomini la concezione materialistico-scientifica del mondo», proibendo ogni forma di evangelizzazione e produzione di scritti religiosi, nonché procedendo contemporaneamente alla confisca di tutti i luoghi di culto, che furono trasformati in musei, uffici, magazzini, stalle, fabbriche.

 

Cristiani perseguitati

Nel corso del suo lungo regime, perseguitò sistematicamente migliaia di cattolici, uccidendo oltre un centinaio di chierici regolari e secolari, fra cui il gesuita Gjon Pantalia, che era stato docente di molti futuri dirigenti di partito suoi carcerieri, e il francescano Zef Pllumi, che dei massacri scrisse una memoria; uomini e donne furono costretti a subire decenni di carcerazioni, privazioni e umiliazioni: «Durante il mio periodo di prigionia, fra le torture e le imposizioni, ho continuato a celebrare la Messa in latino a memoria, così come ho confessato e distribuito la Comunione di nascosto», ricorda il card. Ernest Simoni, arrestato nel 1963, picchiato e condannato ai lavori forzati in miniera e nelle fogne di Scutari fino al 1990.

L’Albania, proclamatasi il primo Stato ufficialmente ateo al mondo, si è cucita addosso l’immagine di un Paese senza religione, fondato sulla morale del cieco utilitarismo; ma in verità, la terra delle aquile è segnata da una storia profondamente religiosa: non solo è stata per secoli crogiuolo delle diverse confessioni monoteiste, ma il Cristianesimo in particolare ha modellato e marcato fondamentali aspetti culturali, sociali, politici della storia albanese.

 

Una storia di fede

Fu ad esempio un vescovo francescano, Gjon Buzuku, a realizzare nel XVI secolo il primo testo a stampa in arbëreshe, una traduzione del Messale nel volgare locale, evento di straordinaria portata storica; nel secolo successivo , un altro sacerdote di origine albanese, nato nella colonia tuttora esistente di Piana in Sicilia, Lekë Matrënga – traslitterato in Luca Matranga –, compose la prima opera nel dialetto della diaspora, E Mbësuame e Krështerë, «la Dottrina cristiana». Le origini di illustri personaggi all’interno della Chiesa affondano nelle valli fra l’Adriatico e le Alpi Dinariche, dai ranghi più elevati, come papa Clemente XI, al secolo Francesco Albani, a quelli più umili, come Madre Teresa di Calcutta, nata quando Skopje apparteneva al vasto impero ottomano ormai al tramonto col nome di Anjezë Gonxhe Bojaxhiu, poi fondatrice delle Missionarie della Carità. Partita da casa nel 1928, solo nel 1989 dalla fine della guerra le fu concesso di rientrare nei Balcani.

 

Contro il comunismo

Durante gli anni del comunismo, molti cattolici animarono la resistenza politica contro i liberticidi: Pjeter Arbnori, detenuto per 28 anni nei gulag albanesi, rifiutò di cedere a leggi inique che si scontravano con le sue solide convinzioni etiche, e venne così privato della carriera e della libertà; la Sigurimi, la polizia segreta comunista albanese, tuttavia non penetrò il suo vivace pensiero, che lo portò da internato a continuare ad occuparsi di filologia e a tenere accese fiammelle di speranza.

La cultura cattolica albanese ha influenzato profondamente anche il campo letterario: Pjetër Budi fu il primo rilevante poeta religioso, l’arcivescovo Pjetër Bogdani, autore del Cuneus Prophetarum su argomenti biblici, delineò l’assetto dell’idioma letterario, mentre il vescovo di Sapë Frang Bardhi fu il curatore del primo dizionario albanese, opera di fondamentale importanza per la storia linguistica della nazione e, nelle intenzioni dell’autore, uno strumento per predicare in lingua locale e contribuire alla diffusione del Cristianesimo, costantemente minacciato dai musulmani.

Senza l’apporto del cristianesimo, oggi ogni angolo d’Europa sarebbe più povero e l’Albania non fa eccezione: la veste atea costruita da pochi potenti nasconde infatti un cuore religioso che ha ripreso a battere in quanto, dopo la caduta del regime, tanti albanesi hanno sentito il richiamo ed il bisogno di riavvicinarsi alla religione.

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