l’Umiltà di sant’Agostino

Avendo meditato le parole di sant’Agostino sull’umiltà come fondamento dell’edificio spirituale, guardiamo adesso l’umiltà del santo stesso. Forse più potente di ogni sua riflessione a riguardo, è la testimonianza delle “Confessioni.” Considerato come santo già quando era in vita, scrisse quell’opera sicuramente in parte per palesare le profondità della propria malvagità prima della sua rinomata conversione. La santa sincerità e l’umiliante precisione con le quali enumera i peccati presentano il santo al lettore proprio come lui si presenta davanti a Dio: spogliato da ogni pretesa: un’anima peccatrice davanti alla Santità Stessa, un niente davanti all’Essere stesso, Somma di ogni Perfezione.
Questa visione di Dio e di sé stesso che si manifesta in ogni pagina del libro sembra come la risposta di Dio alla sua preghiera di conoscere sia l’uomo che Dio, di “conoscere me e conoscere Te”: “Domine Jesu, noverim me, noverim Te… oderim me, et amem Te… humiliem me, exaltem Te...: Signore Gesù, che io mi conosca, che io Ti conosca… che io mi odii, e Ti ami… che io mi umilii e Ti esalti…”
Citiamo il commentario della prima frase di padre Gihr nell’opera ‘Il santo sacrificio della Messa’: O Dio, concedete che io Vi conosca: Noverim Te! Datemi una conoscenza intima delle Vostre adorabili perfezioni che sono senza misura né numero – della Vostra infinita grandezza e gloria; dei Vostri inconcepibili potere, saggezza, e bontà; della Vostra inesprimibile bellezza, dolcezza, ed amabilità; penetratemi di una profonda conoscenza delle “cose profonde della Vostra divinità, che solo lo Spirito Santo indaga” (1 Cor 2.10), ovvero delle opere e richezze della Vostra grazia e dellaVostra gloria, dei Vostri decreti infinitamnte giusti e misericordiosi, delle dispensazioni meravigliose ed imperscrutabili della Vostra Provvidenza! Noverim me! Concedeteme inoltre una sana conoscenza di me stesso! “O mio Dio, illuminate le mie tenebre!” (salmo 17. 29); che la Vostra luce mi permetta di scorgere profondamente nell’abisso del mio nulla, della mia miseria, della mia aporea, mia fragilità, mia peccaminosità!”
Siccome sant’ Agostino spiega che solo la profondità delle sue fondamenta assicurano l’elevatura dell’edificio così solo l’umiltà dell’anima può assicurare la salita verso Dio: solo quella virtù può assicurare che Dio rivolga lo sguardo sull’anima e la chiami a Sé: Aspice me ut diligam te. Voca me, ut videam te. Et in aeternum fruar te. Amen.