Lo sguardo fisso a Dio

Luisa Piccarreta accoglie l’invito della Vergine ad offrirsi “vittima” per riparare le offese delle creature. Perciò moltiplica i propri sforzi per stornare le meritate sofferenze dal prossimo, accogliendo, giorno dopo giorno, crocifissioni, pene, nella costante pratica eroica delle virtù. Il 21 ottobre 1888 riceve lo sposalizio mistico fino a giungere allo «sposalizio della croce» e alle stigmate invisibili. L’aspetta, tuttavia, ancora un lavoro intenso sulla sua volontà, per divenire maestra e modello.
«Tutta la sua forza è in quello sguardo fisso in alto, che essendo ricambiato con lo sguardo dell’Altezza Suprema, prende forza nel cammino» (Diario, vol. 17, 10 maggio 1925). Con queste parole Luisa Piccarreta descrive sé stessa, in una delle sue numerose esperienze mistiche, con gli occhi rivolti alle tre divine Persone. La sua vita è quella di un’innamorata di Gesù, tutta dedita alla contemplazione della santissima umanità di Cristo, dove regna compiutamente la Volontà divina.
È Lui a prendersi cura della sua anima, fin dalla più tenera età, per farla crescere nelle virtù umane e teologali, comunicandole i suoi insegnamenti e facendola esercitare nella pratica di una vita totalmente offerta a Lui. Giorno dopo giorno tale dottrina divina, tutta intrisa di una metafisica e una teologia dai tratti tomisti, viene messa per iscritto dalla sua “segretaria”, insieme alla narrazione delle sue esperienze interiori. Verità e vita, sempre unite tra loro, dunque, per realizzare un cammino spirituale impegnativo, fino ad altezze inesplorate di unione mistica.
Gesù, in questi dialoghi intimi, lamenta che l’anima dell’uomo, creata in un’«estasi» dell’Amore divino, quale Sua splendida immagine, col rifiuto della Volontà divina, «si rende dalla più bella la più brutta, da far pietà», perché non conosce Dio. E chi non conosce, non ama. Dato che «il primo dovere della creatura è adorare Colui che l’ha creata», il Signore attende che Gli siano restituiti i “diritti” di Creazione. Per questo l’opera della Redenzione, tutta tesa a riparare il peccato dell’uomo, si svolge in vista della realizzazione piena del Regno, affinché sia esaudita la Sua infallibile preghiera: «Adveniat Regnum tuum, fiat Voluntas tua, sicut in Coelo et in terra». Gesù ricorda che, se ciò si conseguirà definitivamente in paradiso, nessuno entrerà in quel luogo felice senza che sia ricolmo di Volontà divina o per avere riempito i “vuoti” della propria volontà nel purgatorio o per aver amato qui sulla terra, fino a far regnare la Volontà divina nell’anima.
Ora, però, il mondo «si è squilibrato perché ha perduto il pensiero della mia Passione […] Nelle tenebre non ha trovato la luce della mia Passione che lo rischiarava, che facendogli conoscere il mio Amore e quante pene mi costano le anime, poteva rivolgersi ad amare chi veramente lo ha amato […] Ah! l’uomo […] peggiora sempre ed Io me lo piango con lagrime di sangue!» (Diario, vol. 11, 2 febbraio 1917). Gesù, raccomandando a Luisa il pieno abbandono nella Sua potenza, chiede nel contempo il suo “aiuto”: «siccome la mia Umanità in Cielo non è più capace di patire, me ne servo delle umanità delle creature, facendole parte delle mie pene… perciò consolati quando soffri, perché ricevi l’onore di supplirmi» (Diario, vol. 12, 8 ottobre 1917). E Luisa accoglie con prontezza l’invito della Vergine ad offrirsi “vittima” per riparare le offese delle creature. Gesù, poi, non tiene Luisa all’oscuro circa la necessità di purificare l’uomo ostinato nel male, dicendo che «la rivoluzione lo farà inviperire, la miseria lo farà disperare […], e tutto questo servirà a far uscire in qualche modo il marciume che contiene l’uomo,[…] e toccato dalla mia mano… riconoscerà il suo Creatore. Perciò figlia, prega che il tutto vada a bene dell’uomo» (Diario, vol. 12, 4 ottobre 1917).
Perciò la Serva di Dio moltiplica i suoi sforzi per stornare le meritate sofferenze dai suoi fratelli, accogliendo, giorno dopo giorno, crocifissioni, pene, nella costante pratica eroica delle virtù. Il 21 ottobre 1888 riceve lo sposalizio mistico, rinnovato, in seguito, alla presenza della santissima Trinità, fino a giungere allo «sposalizio della croce» e alle stigmate invisibili. L’aspetta, tuttavia, ancora un lavoro intenso sulla sua volontà, fino al pieno compimento della vita di grazia nella divina Volontà, per divenire per noi madre, maestra e modello: «Io amo tanto la creatura – dice Gesù – che la voglio unita con la mia Volontà, per renderla feconda, per darle vita d’amore» (Diario, vol. 12, 18 luglio 1917); «per chi vive nel nostro Volere, forma il nuovo, vero, reale sposalizio coll’Ente Supremo» (Diario, vol. 30, 17 giugno 1932).
Il 10 febbraio 1919 Luisa risponderà prontamente “sì” alla domanda di Gesù «vuoi vivere nel mio Volere?» ed esporrà nei suoi scritti l’abbondanza della felicità e dell’impegno di vita e di preghiera che le sono offerti. «Per formare uno sposalizio ci vuole sempre la volontà d’ambi le parti» (vol. 7, 27 luglio 1906). Tenuto conto che da qui si esclude ogni separazione arbitraria tra la volontà e l’intelletto, solo così il Creatore potrà riempire la creatura delle prerogative di santità, di sapienza, di forza divine, degne di un figlio di Dio. E allora, «nel Voler Divino le virtù prendono posto nell’ordine divino» (vol. 12, 14 agosto 1917), perché «l’atto più nobile, più sublime, più grande, più eroico, è fare la mia Volontà ed operare nel mio Volere» (Diario, vol. 12, 25 luglio 1917). Poiché, come insegna san Giovanni della Croce, «l’amante non può dirsi soddisfatto se non sente di amare quanto è amato […] l’anima […] non può raggiungere questa uguaglianza e completezza d’amore se non nella trasformazione totale della sua volontà nella Volontà di Dio, con cui le due volontà si fondono in maniera tale da diventare una; così […] l’anima […] ama Dio con la Volontà di Dio, che però è anche volontà sua» (Cantico spirituale, str. 37).
Tale ardua missione di Luisa, quella di far regnare nella propria anima la Volontà divina e di impetrare il Regno della divina Volontà per i fratelli, non poteva non svolgersi in un’intensa devozione eucaristica che la porta a fermarsi in adorazione due ore e mezzo dopo la Comunione, in Maria, per Mariam, cum Maria. Le splendide pagine di contemplazione dei misteri della vita della santissima Vergine, poi, sono intrise di sensibilità domenicana, in sintonia con l’insegnamento del Montfort e della Madonna a Fatima: penitenza, preghiera, riparazione, trionfo del Cuore Immacolato: «Figlia mia, coraggio, tutto servirà al trionfo della mia Volontà, se colpisco è perché voglio risanare, il mio Amore è tanto, che quando non posso vincere a via d’amore e di grazie, cerco di vincere a via di terrore e di spavento, la debolezza umana è tanta, che […] fa la sorda alla mia voce, se la ride del mio Amore, ma basta […] toglierle le cose necessarie alla vita naturale, […] che mi ritorna nelle mie braccia. Tu devi sapere che amo sempre […] le mie amate creature, mi sviscererei per non vederli colpiti, tanto che nei tempi funesti che verranno li ho messi tutti nelle mani della mia Mamma Celeste, […] affinché me li tenga sotto il suo manto sicuro, darò tutti quelli che Lei vorrà» (vol. 33, 6 giugno 1935). Così la Madonna, il 10 febbraio 1937, dice a Luisa: «Il regno della Divina Volontà sarà regno mio, a Me la Trinità Sacrosanta me lo ha affidato» (vol. 34).
Questo testo di Francesca Pannuti è tratto dalla rivista Radici Cristiane. Visita il sito radicicristiane.it