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L’Eucarestia: “pane degli angeli” o “pane dei peccatori”?

Analisi e commenti05 Luglio 2021
Testo dell'audio

L’Eucarestia è il pane dei peccatori”. Questa espressione usata da papa Francesco nell’Angelus del 6 giugno ha suscitato, come era giusto che fosse, proteste e polemiche, perché sembra contraddire la dottrina della Chiesa sul Sacramento della Santa Eucarestia, che costituisce, come dice il Nuovo Catechismo “il compendio e la somma della nostra fede”(n. 1327).

Ma vediamo quale è il problema. Nell’Angelus del 6 giugno, papa Francesco ha presentato Giuda, il traditore, come esempio della misericordia divina, ricordando che, nell’Ultima Cena, Gesù sapeva del suo tradimento. “E che cosa fa Gesù?– commenta il Papa – Reagisce al male con un bene più grande. Al “no” di Giuda risponde con il “sì” della misericordia. Non punisce il peccatore, ma dà la vita per lui, paga per lui”. Papa Francesco aggiunge: “Quando riceviamo l’Eucaristia, Gesù fa lo stesso con noi: ci conosce, sa che siamo peccatori, sa che sbagliamo tanto, ma non rinuncia a unire la sua vita alla nostra”. Infine, Francesco dice che Gesù “Sa che ne abbiamo di bisogno, perché l’Eucaristia non è il premio dei santi, no, è il Pane dei peccatori. Per questo ci esorta: “Non abbiate paura! Prendete e mangiate”.

Qual è l’equivoco di fondo di questa affermazione? Papa Francesco insinua l’idea che ci si possa presentare alla mensa eucaristica macchiati di peccato, anche grave, e che ricevendo il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo, anche il peggior peccatore possa essere guarito dai suoi peccati.
Questa dottrina però è in contrasto con la fede della Chiesa, la quale insegna che è necessario presentarsi alla Mensa del Signore in stato di grazia, altrimenti, la nostra sarebbe una comunione sacrilega. Per questo il Concilio di Trento al can. 5 sul S.mo Sacramento dell’Eucaristia afferma: “Se qualcuno dirà che il frutto principale della Santissima Eucaristia è la remissione dei peccati, o che da essa non provengono altri effetti, sia anatema”.

Certo la parola peccatori può essere intesa in un altro senso. Ogni uomo, in quanto macchiato dal peccato originale, è inclinato al peccato. Tutti, per la fragilità che deriva dalla nostra condizione umana siamo, almeno potenzialmente peccatori. Però esiste una differenza tra chi vive nella condizione di peccato e chi vive nello stato di grazia. Chi vive nel peccato, se non si pente e non si confessa, ha davanti a sé la strada dell’inferno; chi vive nella grazia, se persevera, ha davanti a sé la strada del Paradiso. La Santa Comunione alimenta la fede di chi si trova in stato di grazia, ma aggrava dinanzi a Dio le colpe di chi si accosta sacrilegamente ad essa. Come dice san Tommaso d’Aquino nella preghiera Lauda Sion Salvatorem: “vita o morte provoca. Vita ai buoni, morte agli empi: nella stessa comunione ben diverso è l’esito!

Definire l’Eucarestia pane dei peccatori, come osserva padre Serafino Lanzetta, presta il fianco a un’interpretazione distorta che è quella più comune secondo cui non ci sarebbe bisogno di accostarsi alla confessione, perché l’Eucarestia stessa ci purifica e libera dal peccato. La comunione non ci assolve dal peccato, ma ci aiuta a non caderci. Ci troviamo di fronte a una riformulazione della dottrina cattolica, che si collega con il paragrafo 305 della Esortazione Apostolica  Amoris laetitia, secondo cui la comunione potrebbe essere somministrata anche ai divorziati risposati.

Purtroppo, come ricorda anche il dott. Luiz Solimeo, Amoris laetitia, ha aperto la possibilità per le persone che vivono in adulterio di ricevere la Santa Comunione. Questo documento afferma che pur trovandosi in una “situazione oggettiva di peccato”, “si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, e si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa”. E nella nota 351 aggiunge: “In certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti (perché) segnalo che l’Eucaristia «non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli» (ibid., 47: 1039)”.

Il dott. Solimeo ricorda che il 19 settembre 2016, quattro cardinali della Chiesa – Carlo Caffarra, Joachim Meisner (entrambi defunti), Raymond Burke e Walter Brandmüller – rivolsero a papa Francesco una richiesta di chiarimenti sotto forma di dubia (dubbi) sulle novità dottrinali contenute in Amoris Laetitia, specialmente sulla Santa Eucaristia e sul Sacramento della Penitenza, in cui domandavano se: “a seguito di quanto affermato in “Amoris laetitia” nn. 300-305, sia divenuto ora possibile concedere l’assoluzione nel sacramento della Penitenza e quindi ammettere alla Santa Eucaristia una persona che, essendo legata da vincolo matrimoniale valido, convive “more uxorio” con un’altra, senza che siano adempiute le condizioni previste da “Familiaris consortio” n. 84 e poi ribadite da “Reconciliatio et paenitentia” n. 34 e da “Sacramentum caritatis” n. 29. L’espressione “in certi casi” della nota 351 (n. 305) dell’esortazione “Amoris laetitia” può essere applicata a divorziati in nuova unione, che continuano a vivere “more uxorio”? (cioè, come marito e moglie)”

Ad oggi, quasi cinque anni dopo, papa Francesco non ha risposto ai dubia. L’ultima dichiarazione aumenta la confusione. E poiché nei tempi di confusione bisogna richiamarsi alla dottrina della Chiesa per fare chiarezza, noi ribadiamo, con tutta la tradizione della Chiesa, che i dieci comandamenti mantengono tutta la loro validità, che trasgredirli comporta un peccato e accostarsi in stato di peccato mortale alla Santa Comunione significa compiere un sacrilegio.

E’ il sensus fidei dei buoni cattolici a dirci che l’Eucarestia non è il pane che guarisce chi si trova nel peccato, ma è il “pane degli angeli”, panis angelorum, per usare una bella espressione di san Tommaso d’Aquino, che nutre e fortifica coloro che si trovano nello stato di grazia.

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