Le virtù teologali (Parte I)

Guardiamo adesso l’esercizio delle virtù teologali per il convertito. Prima una parola su tutte e tre; poi consideriamo l’una dopo l’altra.
Introduzione
San Giovanni della Croce ci insegna di applicare le tre facolta’ della mente all’oggetto delle tre virtu’ teologali: l’intelletto all’oggetto della Fede; la volonta’ a quello della Carita’; e la memoria a quello della Speranza. Cio’ significa che l’intelletto, che e’ orientato verso la verita’, si deve indirizzare verso la Verita’ Stessa, Dio santissima Trinita’, e verso tutte le verita’ che si centrano su di Lui, essendo questo l’oggetto della Fede.
La volonta’, invece, che e’ orientata verso il bene, si deve indirizzare verso il Bene Stesso che e’ sempre Dio santissima Trinita’ , per amare Lui ed il prossimo in Lui, cioe’ nello stato di grazia. Quanto alla memoria, san Giovanni vuol dire che bisogna utilizzare quel fondo di ricordi, di immagini e di conoscenze, che costituisce la nostra memoria, solo in vista dell’Eternita’: per raggiungere l’eterna beatitudine, che e’ l’oggetto della Speranza. Chiaramente le virtu’ teologali ci illuminano su come pensare ed agire in modo giusto in qualsiasi campo della vita. Vediamo adesso come ci possono illuminare rispetto alla conversione.
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La Fede
Abbiamo gia’ accennato ad alcune verita’ di Fede relative alla conversione, alle quali aggiungeremo adesso delle altre: Peccati confessati nel sacramento della penitenza con la giusta contrizione vengono perdonati; normalmente, anche dopo la penitenza imposta dal confessore, occorre una riparazione, abitualmente tramite sofferenze o su questa terra o in purgatorio; atti di contrizione (anche mentali) e sopratutto lo stato costante di contrizione che si chiama ‘compunzione’, valgono per questa riparazione; una parte essenziale della confessione e’ il proponimento di non peccare più, un proponimento che Dio ci aiutera’ a mantenere con la Sua Grazia; la vita e’ un viaggio che conduce al Cielo, una battaglia nella quale il vincitore sara’ premiato con la vita eterna.
Meditando su queste verita’ vorremmo mettere in valore due virtu’ in particolare che occorrono per un convertito: il coraggio e la gratitudine.
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Coraggio
Stiamo viaggiando verso il Cielo: viaggiando non solo temporalmente ma anche spiritualmente, sulla via del perfezionamento. Se stessimo attraversando la campagna e ci fossimo accorti la sera di aver perso la strada, non ci sederemmo disperati senza avanzare, bensi’ ci faremmo coraggio, rintracceremmo i passi e ricominceremmo di nuovo. Cosi’ anche per la vita spirituale, bisogna prendere coraggio in due modi: per intraprendere la via difficile davanti, e per non lasciarci abbattere dal pensiero dei peccati passati. Ricordiamoci che la via conduce al Cielo ed il Signore Stesso ci accompagnera’ per raggiungerlo.
La vita viene intesa nella Sacra scrittura non solo come un viaggio, ma anche come una battaglia. Ora, se fossimo svantaggiati in guerra, non ci scoraggieremmo, ne’ abandoneremmo la lotta, bensi’ ci raggrupperemmo e torneremmo all’attacco. Nella guerra in cui ci siamo impegnati noi abbiamo ancor piu` motivo di coraggio che in quasiasi altra guerra, essendo il Signore Stesso il Re. Nell’ Imitazione di Cristo (I 11) leggiamo: ‘Se… come soldati valorosi di Cristo, ci sforzassimo di non abbandonare la lotta, vedremmo subito scendere dal cielo l’aiuto del Signore, che sostiene chi combatte fiducioso nella Sua grazia; e anche ci procura Lui Stesso le occasioni di lotta affinche’ vinciamo.’ La vita e’ un viaggio: viaggiamo; la vita e’ una battaglia: lottiamo.
D’altronde, la vita consiste nel bene e nel male, e conduce al bene (se ci impegnamo). Perche’ meditare sul male e non sul bene? sul negativo piuttosto che sul positivo? su cio’ che non e’ piuttosto che su cio’ che e’? Col peccato avevamo scavato un buco nella terra e ci siamo cascati dentro. Perche’ tornare dentro il buco? Piuttosto ringraziamo Dio che non siamo nell’abisso senza fondo dell’Inferno.
Anche per coloro che ci sono intorno, per la propria vita in societa’, e’ piu’ bello prendere coraggio piuttosto che abbattarsi. Ognuno ha la propria croce: portiamo la nostra con serenita’, e con gioia spirituale; cosi’ aiutiamo pure gli altri. Santa Teresa d’Avila dice: ‘Se uno non e’ perfetto, e’ necessario maggior coraggio per camminare sulla via della perfezione, che non divenire subito martire.’ (Vita 31.17). Procediamo dunque attaccando un difetto dopo l’altro, e chiediamo aiuto ai martiri.
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Gratitudine
Meditando sul bene che abbiamo ricevuto nella conversione e sul bene che ci aspetta in Cielo, pensiamo ai salmi che parlano spesso della peccaminosita’ e delle sofferenze umane, e della misericordia divina che ce ne salva, che ci porta indietro alla terra ferma: et iterum reduxisti me.
Ci confortiamo quando leggiamo nella sacra Scrittura dell’ operazione della divina misericordia anche nella conversione dei piu` gandi patriarci e santi. Fu il re Davide stesso che scrisse i salmi della misericordia divina; ed anche san Pietro e san Paolo furono testimoni viventi di questa eccelsa virtu`.
Scrive san Pietro Crisologo (sermone 8): ‘La misericordia libera i peccatori e salva i santi. Se non ci fosse stata, l’adulterio di Davide gli avrebbe fatto perdere la divina promessa; la negazione di san Pietro lo avrebbe privato del primato sugli altri apostoli; Paolo il bestemmiatore sarebbe rimasto perseguitatore. San Paolo lo riconosce quando dice: ‘Io che per l’innanzi ero stato un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi e` stata usata misericordia.’ (I Tim. 1. 13). ‘Beati i misericordiosi, loro ottennerano la misericordia.’ (Mt. 5.7).’
Questo suscita in noi un sentimento di grande gratitudine. Se avessimo fatto un viaggio difficile e fossimo finalmente arrivati ad una cena, non passeremmo il tempo raccontando le miserie del viaggio, bensi’ ci allegreremmo con grande riconoscenza delle belle cose che avremo ottenute.
Dove sarei io adesso se Dio non mi avesse dato la Grazia della conversione? Dove avrei finito la vita? Quale posto stava preparando per me nell’ Inferno? Anche quando vengo tentato ad occuparmi in modo ossessivo e morboso dei peccati passati occorre un atto puntuale di gratitudine: non guardo il negativo del passato, bensi’ il positivo del presente; non la mia malvagita’, ma la Bonta’ di Dio.