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L’alba e il tramonto del Ducato (Parte II)

Storia26 Novembre 2021
Testo dell'audio

Nel 1748, con la pace di Westfalia, tornano i Borbone nella persona di don Filippo, fratello minore di Carlo I. Il nuovo duca è sposato con la figlia maggiore di Luigi XV, Elisabetta, la quale scrive lettere di fuoco al padre, lamentando la povertà e la desolazione dello staterello in cui è finita. Reazione: Luigi inizia a spedirle personale di ogni tipo (dal cuoco al pasticciere allo stalliere), arredi, vettovaglie e finanziamenti. Risultato: Parma diventa una città colta, progredita e di cultura illuministica francese. Viene anche rimodellata sul modello di Versailles la reggia di Colorno. Su 40 mila abitanti, 4 mila sono francesi. Ne restano tracce evidenti nel dialetto.

Nel 1765 sale al trono il figlio Ferdinando: mite, religiosissimo, rovescia la politica illuminista e filofrancese per guardare verso l’Austria. Nel 1796, però, avviene l’invasione napoleonica. Il ducato non insorge. Il duca resta in circolazione e gradito al popolo, ma agli arresti domiciliari fino al 1801. Napoleone, per sbarazzarsene, gli offre il nuovo trono d’Etruria, ma lui rifiuta per rimanere in patria.

Nel 1802 Ferdinando muore, in tempo per favorire i francesi, il che fa sorgere il sospetto che sia stato avvelenato. Lo Stato rimane nominalmente ducato, ma viene amministrato da funzionari francesi.

Nel 1808-1814 il ducato viene direttamente annesso alla Francia, col nome di dipartimento del Taro. Tecnicamente, Giuseppe Verdi (1813) nasce in Francia!

Nel 1814-15 al congresso di Vienna il ducato viene ripristinato ed affidato alla moglie di Napoleone, nonché figlia dell’imperatore d’Austria, Maria Luigia d’Asburgo, che nel 1816 prende possesso dello Stato. Inizia il trentennio d’oro di Parma, tuttora molto rimpianto.

Nel 1829 apre il teatro Ducale, destinato a diventare l’attuale Regio.

Nel 1831 si verificano moti risorgimentali, che tuttavia non arrivano a mettere in discussione la duchessa.

Nel 1847 muore Maria Luigia. Secondo gli accordi pregressi, non può lasciare il ducato a figli nati dal suo matrimonio morganatico, succeduto alla morte di Napoleone, e tornano i Borbone.

Nel 1847-49 Carlo II cede Guastalla al ducato di Modena. Ha un comportamento indeciso durante la I guerra d’Indipendenza, ad un certo punto Parma chiede addirittura l’annessione al Piemonte, infine lui torna, ma abdica.

Nel 1849 sale sul trono il figlio, Carlo III, ucciso da un popolano nel 1854: si tratta dell’unico regicidio avvenuto in tutto il Risorgimento italiano. Il figlio Roberto ha solo 10 anni, è reggente la madre Luisa Maria du Berry.

Nel 1859 ha fine il ducato. Per qualche mese entra a far parte delle Regie province dell’Emilia rette da Carlo Farini; nel 1860 viene annesso al Regno di Sardegna, nel 1861 fa parte del Regno d’Italia. Piacenza, che già nel 1848 aveva cercato l’annessione al Piemonte, viene proclamata “primogenita del regno d’Italia”.

Negli anni successivi Parma, privata del ruolo secolare di capitale e del relativo indotto economico-culturale, conosce una crisi comparabile alla questione meridionale, determinata dallo spopolamento (specialmente nell’Appennino circostante), dall’emigrazione, dalla povertà, dai moti sociali. Nel popolo, da secoli cristianissimo, dilaga il socialismo. Testimone delle fasi iniziali di tale declino è il prefetto Verga, che già nel 1865 ne fa dettagliata relazione al ministro degl’Interni.

La famiglia dei Borbone-Parma perdura tuttora. I suoi discendenti, attraverso vari rami, sono sul trono del Lussemburgo. Due figlie dell’ultimo duca, Roberto, divennero una regina di Bulgaria, Maria Luisa Pia, e un’altra imperatrice d’Austria, Zita. L’attuale capo della dinastia, Carlo Saverio di Borbone, mantiene legami con la città e rimane Gran maestro del “ramo di Parma” dell’Ordine Costantiniano di san Giorgio, in quanto successore dei Farnese. Se il ducato esistesse attualmente, avrebbe una popolazione di poco più numerosa del Granducato di Lussemburgo, essendone però tre volte più grande.

 

Questo testo di Carlo Romano è tratto dalla rivista Radici Cristiane. Visita il sito radicicristiane.it

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