La tradizione dell’Albero di Natale

Ci sembra interessante far conoscere ai nostri lettori qualcosa sulle origini del tradizionale elemento natalizio, certamente meno importante del presepio, ma che tanto contribuisce ad abbellire i focolari e a rendere più gradevole l’ambiente della vita familiare, in questo periodo in cui un anno si chiude e un altro si apre. È l’albero di Natale.
Cerchiamo di approfondire le radici di questa straordinaria tradizione. San Bonaventura, il Dottore Serafico, racconta che nella notte di Natale avvennero prodigi simbolici, come quello della fioritura, fuori stagione, della vigna di Engadda. Non deve quindi meravigliare che alcune tradizioni testimonino della fioritura di alberi accaduta in quella stessa occasione.
L’idea della corrispondenza tra l’immensa gioia provocata dalla Nascita del Divino Infante e l’immensa gioia che questa Natività ridondò nell’intero universo, sembra costituire una delle più profonde radici dell’albero di Natale.
In effetti, niente di più logico che l’intera natura – i regni animale, vegetale e minerale – partecipi alle grandi imprese della divina Provvidenza. In momenti terribili come quello della morte di Nostro Signore, la natura si vestì al più rigoroso lutto; nei giorni che precederanno la fine del mondo, avverranno spaventose convulsioni di tutti gli elementi, come avverte la Sacra Scrittura.
È quindi comprensibile, come attesta san Bonaventura, che durante la notte di Natale siano accaduti fatti prodigiosi nella natura. Prima ancora, nell’Inghilterra del secolo X, già si cantava di una fioritura di alberi accaduta durante la notte della Natività; anche in una chanson de geste francese si ricorda questo portento.
Una favola sulla nascita dell’abete natalizio
Il puntale che spicca in cima all’abete c’indirizza verso un mondo meraviglioso, celestiale. In questa direzione, consideriamo ora una incantevole leggenda sull’albero di Natale, per esaudire quella sete di meraviglioso di cui abbiamo parlato.
Si racconta che, quando i pastori vennero ad adorare il Bambino Gesù, vollero portargli in dono i frutti e fiori prodigiosamente spuntati dagli alberi in quella notte.
Una volta avvenuta questa raccolta, in un bosco alcuni alberi si erano messi a conversare fra loro. Essi si vantavano di aver potuto offrire qualcosa di proprio al loro neonato Creatore: chi i datteri, chi le noci, chi le mandorle; altri poi, come il ciliegio e l’arancio, avevano offerto sia fiori che frutti. Ma dall’abete nessuno aveva colto nulla: le sue foglie aguzze, le sue aspre pigne, non erano considerate doni presentabili…
L’abete ammetteva la propria nullità. E non sentendosi all’altezza della conversazione, così pregò in silenzio: “Mio Dio neonato, che mai vi offrirò? Solo la mia povera e misera esistenza! Ma questa ve la dedico con gioia, per ringraziarvi di avermi creato nella vostra sapienza e bontà”.
Dio gradì l’umiltà dell’abete. Per ricompensarlo, fece discendere dal cielo e fissarsi sui suoi rami una moltitudine di stelline: esse erano di tutti i colori che brillano nel firmamento: dorate, argentate, rosse, azzurre.
Poco dopo, un altro gruppo di pastori passò nel bosco. Dopo aver raccolto vari frutti di altri alberi, esso volle portare con sé anche l’intero abete: un albero così meraviglioso non l’avevano mai visto! E così, l’abete finì con l’ornare la grotta di Betlemme, vicino al Bambino Gesù, alla Madonna e a san Giuseppe.
Questo testo di Guido Vignelli è stato tratto dal periodico Radici Cristiane. È possibile acquistare la rivista anche on line o sottoscrivere un abbonamento, cliccando www.radicicristiane.it