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La “strata peregrinorum”

Tesori d'Italia26 Dicembre 2020
Testo dell'audio

VIII secolo. Il vescovo Moderanno ricevette in custodia alcune reliquie di san Remigio, da portare a Roma; durante il suo viaggio verso la Sede apostolica, dopo una sosta di ristoro sul Passo della Cisa, se le dimenticò, tuttavia, appese a un ramo. Tornato indietro per recuperarle, trovò l’albero miracolosamente cresciuto a vista d’occhio. Nell’impossibilità di raggiungere il prezioso bagaglio, Moderanno si ripromise, qualora fosse riuscito a rimettervi sopra le mani, di farne dono alla vicina abbazia di Berceto, al che la pianta si abbassò alla sua altezza. Il vescovo mantenne la parola data. Non solo: divenne priore di Berceto e lì ebbe termine poi la sua esistenza terrena. Oggi viene celebrato come santo e la sua ricorrenza cade il 22 ottobre.

XIII secolo. Un commerciante e cambiavalute, tal Lucchese da Poggibonsi, si guadagnava da vivere, speculando alle spalle dei pellegrini diretti all’Urbe. Un giorno, a san Gimignano, venne folgorato da un’omelia di san Francesco e decise di convertirsi, rinunciando ai beni materiali, mettendosi al servizio dell’Ordine dei frati francescani e facendo di casa propria un ospedale, convincendo la moglie ad abbracciare la medesima scelta di vita. Fu il pontefice Gregorio X, nel XIII secolo, ad autorizzarne il culto. I beati Lucchese da Poggibonsi e Buonadonna Segni vengono ricordati il 28 aprile.

Sempre sul cammino verso Roma, mosso dal proposito di visitare le tombe dei Santi Apostoli, Pietro da Praga, sacerdote di origini boeme, fu testimone, in quello stesso periodo, di un fatto miracoloso. La fede di quest’uomo venne messa alla prova dalla sua perplessità circa la reale presenza di Cristo nell’Eucarestia. Giunto in quel di Bolsena, in provincia di Viterbo, Pietro celebrò la Messa nella chiesa in cui erano raccolte (e lo sono ancora oggi) le spoglie mortali di santa Cristina martire, per la quale egli nutriva una particolare devozione. Al momento della Consacrazione, alcune gocce di sangue, stillate dall’Ostia, caddero sul corporale. Pietro, intimorito, si ritirò in sacrestia, ma poi si fece forza e rese noto l’evento prodigioso.

Un centinaio di anni dopo, nel XIV secolo, un quarto, eroico personaggio percorse la strada verso Roma. Si trattava del terziario francescano Rocco di Montpellier, in pellegrinaggio per assolvere ad un proprio voto. Nel corso del viaggio, Rocco si dimostrò infaticabile nella propria opera di soccorso agli appestati. Benedetti con un segno di croce e toccati dalla mano taumaturgica di Rocco, gli ammalati, miracolosamente, guarivano. Contratto, a sua volta, il morbo, Rocco, per evitare di contagiare qualcuno, si rifugiò in una grotta presso il fiume Trebbia. Qui fu soccorso da un cane, che gli fornì del pane, e poi dal padrone dell’animale e signore del luogo: si trattava, forse, di Gottardo Pallastrelli.

Questi si prodigò per curare il pellegrino. Ripresa la marcia, Rocco, sfigurato dalla peste, giunse a Voghera, presso Pavia. Impressionate dal suo aspetto, le guardie del posto lo gettarono in carcere, con l’accusa di spionaggio. Visse cinque anni di prigionia e morì, poco prima che la testimonianza di una dama, la nonna di Rocco, permettesse, una volta per tutte, di affermare la sua innocenza. Fu il pontefice Gregorio XIV a far iscrivere il nome di Rocco nel Martirologio romano, in data 16 agosto (il giorno dopo la festa dell’Assunzione di Maria Vergine).

Non sono mancati pellegrini illustri, quali Sigerico, che, sul finire del X secolo, fece compilare ad un uomo del suo seguito due pagine manoscritte con l’indicazione delle 80 mansioni in cui pernottò, nel suo viaggio di ritorno da Roma: qui, dopo la nomina ad Arcivescovo di Canterbury, venne ricevuto da Giovanni XV, che gli fece dono di un pallio, com’era usanza in quel tempo per i pontefici, in occasione della visita di un nuovo prelato. Durante la sua permanenza in città, Sigerico ebbe modo di visitare ben 23 chiese, fra basiliche e luoghi di martirio dei santi Apostoli. Ancora oggi, fedeli da ogni parte del mondo percorrono la “strata peregrinorum” secondo l’itinerario di Sigerico.

 

Questo testo di Rino Zabiaffi è tratto dalla rivista Radici Cristiane. Visita il sito radicicristiane.it

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