La pittura di Giuseppe De Nittis. Sinfonia di colori

La breve carriera di De Nittis, nato a Barletta nel 1846 e morto a Parigi nel 1884 a soli trentotto anni, si snoda di pari passo con la grande stagione della pittura impressionista, ma se ne discosta nella definizione di alcuni fondamentali valori stilistici. Egli pur apprezzando le eccellenti qualità di quegli artisti, ne criticava la pedissequa vicinanza a Monet e la conseguente mancanza di varietà delle loro produzioni. Scrisse in proposito: «qualche volta arrivano ad essere informi tanto è in loro predominante la macchia del vero». Con queste parole il pittore rivendicava le proprie origini culturali nel meridione d’Italia.
Nel 1860, alla morte del nonno cui era stato affidato piccolissimo, orfano dei genitori, Giuseppe si trasferì con i fratelli a Napoli, appena annessa al Regno d’Italia, dove si respirava un’aria di grande rinnovamento. Il giovane, ribelle per natura, si fece espellere dall’Istituto di Belle Arti, entrando presto in contatto con il gruppo dei pittori più sperimentatori, vicini alla poetica dei macchiaioli toscani ed eredi della grande tradizione paesaggistica della scuola di Posillipo. Questi artisti della novità si riunivano all’aperto e dipingevano tutti insieme, acquisendo il nome delle località in cui si incontravano: scuola di Resina, o scuola di Portici.
La pittura cosiddetta “en plein air”, condotta durante la giovinezza, incise profondamente nella sensibilità di De Nittis, come lui stesso raccontò, anni dopo, nel suo Taccuino di appunti: «ogni mattina prima dell’alba uscivo di casa e correvo a cercare i miei compagni pittori. Partivamo tutti insieme (…) che bei tempi! Con tanta libertà, tanta aria libera, tante corse senza fine! E il mare, il gran cielo, e i vasti orizzonti! Lontano le isole di Ischia e di Procida; Sorrento e Castellammare in una nebbia rosea che, a poco a poco, veniva dissolta dal sole…». L’amicizia con il geniale pittore e scultore Adriano Cecioni, trasferitosi a Napoli per il pensionato artistico, lo mise in contatto diretto con l’arte dei macchiaioli toscani e lo spronò ad avere continuità nello studio.
Nel 1867 De Nittis raggiunse per la prima volta Parigi, dove conobbe il potente artista Meissonier, definito dai suoi contemporanei “l’oracolo invisibile”, e dove incontrò l’influentemercante d’arte Goupil, che avrebbe condizionato i primi anni dell’attività del pittore in Francia. L’arte di De Nittis, dai decisi valori atmosferici, una pittura fatta di luci e chiarori, continuò a svilupparsi anche lontano da Napoli, prima a Firenze e poi a Parigi e Londra, dove l’attività di artista portò il giovane. Alla ricerca di cieli da dipingere («Cieli, soltanto cieli, e belle nubi – scriveva – è con il loro cielo che raffiguro i paesi ove sono vissuto. Napoli, Parigi, Londra. Li ho amati tutti») e anche alla ricerca della fama.
Dopo i successi ottenuti alle esposizioni fiorentine, cui l’artista partecipò su consiglio di Cecioni, e considerato il favore acquisito presso Goupil, De Nittis si trasferì definitivamente a Parigi nel 1868. A questo periodo corrispondono le opere più alla moda, quelle sulla vita parigina, che il mercante gli richiedeva incessantemente. Ma intanto il pittore consolidava la propria autorevolezza come esecutore di vedute italiane, complice in questo il ritorno nell’amata Napoli nel 1870, allo scoppio della guerra franco-prussiana, periodo in cui De Nittis ritrovò il piacere delle giovanili sedute all’aria aperta.
Di nuovo in Francia, il pittore alternava la frenesia della vita parigina a lunghi soggiorni nella campagna nei pressi di Bougival, dove si deliziava dei dolci paesaggi lungo la Senna. Ma il suo nome rimase strettamente legato anche alle splendide scene di vita cittadina, e talvolta quadretti di minor spessore artistico che funzionavano molto bene sul mercato e che Goupil gli richiedeva con insistenza. Egli divenne così l’interprete della vita moderna, al pari dell’altro grande italiano a Parigi, Giovanni Boldini. Nel 1874 accettò di partecipare, su invito dell’amico Degas, alla prima mostra degli Impressionisti, tenutasi presso lo studio del fotografo Nadar, ove era esposta l’arte che si opponeva alla pittura considerata ufficiale, accademica.
Alla metà degli anni Settanta, ossia alla conclusione del rapporto di lavoro con Goupil, De Nittis effettuò numerose trasferte a Londra, dove il mercato fiorente gli permise di trovare nuovi contatti e dove la sua ispirazione trasse nuova linfa. I bellissimi paesaggi dal cielo plumbeo, carichi di malinconiche nebbie, rimangono oggi quale testimonianza di un tale sentimento. L’ultimo dipinto concluso dall’artista lo ritrae in piedi a figura intera nella sua abitazione parigina, la villa di rue Viète, nell’elegante quartiere di Monceau, residenza molto ambita dai coniugi De Nittis, quale coronamento di una sfolgorante carriera.
Questo testo di Michela Gianfranceschi è tratto dalla rivista Radici Cristiane. Visita il sito radicicristiane.it