La pecora smarrita, la drachma persa

‘Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella smarrita finche non la ritrova?’. Secondo l’interpretazione dei Padri, il Pastore è Dio. Le cento pecore sono gli angeli assieme agli uomini – Adamo ed Eva – come furono creati nello stato di Grazia, e il numero 100 riprende il significato di universalità e perfezione. La pecora smarrita è l’uomo smarrito a causa del peccato.
Il pastore lascia le altre novantanove nel deserto e trova la pecora smarrita, si unisce a lei per mezzo della Sua Incarnazione e la prende sulle spalle per mezzo della Sua Passione, sofferente ma felice di aver riconquistato ciò che fu perso: imponit in humeros suos gaudens. Revertit domum: Ritorna in Cielo che non è più un deserto ormai, bensì un dolce focolare: dove l’uomo potrà vivere col Verbo Incarnato per sempre.
Il Pastore convoca i suoi amici che sono gli angeli e gli dice: “Rallegratevi con me perché malgrado tutta la mia dolorosa Passione e Morte ho portato a casa un grande premio: l’uomo salvato dalla perdizione. E ci sarà più gioia in Cielo che per le novantanove che non hanno bisogno di conversione” (ossia per gli angeli che non hanno mai peccato, ma hanno solo perseverato nel bene).
In questo modo la parabola viene intesa nel senso soteriologico, rapportandosi a tutta l’economia della salvezza. Ma si può intendere anche per ogni peccatore e uomo, perché la Passione e la Morte di Nostro Signore Gesù Cristo sono la causa di salvezza, e l’unica causa, per ognuno.
La parabola della drachma tratta ugualmente della salvezza dell’uomo. ‘Quale donna, se ha dieci drachme e ne perde una, non accende la lucerna e spazza la casa per cercarla attentamente finché non la ritrova?’ La donna è la Chiesa, Sposa Immacolata di Nostro Signore Gesù Cristo, alla quale Egli ha affidato l’universalità degli eletti.
La dracma è l’uomo su cui è impresso il sigillo del suo Re: cioè l’immagine e somiglianza di Dio. Se la Chiesa viene a perdere una di queste drachme affidatale dal suo Maestro sovrano, questa la cercherà con sollecitudine e diligenza nella polvere della ricchezze e nel fango dei piaceri impuri.
La lucerna, che è la dottrina della verità, è l’illuminazione dei buoni esempi, le esortazioni ardenti della Carità, oppure è Nostro Signore Stesso brillante di uno splendore divino nell’argilla dell’umanità. Alla luce di questa lucerna, la Chiesa cerca le anime perdute, e quando ne riacquista una, redenta dal Sangue del suo Maestro Divino, chiama i suoi vicini ed amici, che sono i santi del Cielo e della terra, per condividere la sua gioia e per ringraziarne il Signore.
Nella sua enciclica Haurietis Aquas sul Sacro Cuore di Gesù, papa Pio XII prende la parabola del Buon Pastore come esempio dell’amore di Nostro Signore Gesù Cristo verso gli uomini, simbolizzato dal Suo Sacro Cuore.
Nostro Signore, di Cui il Nome sia sempre benedetto, va in cerca del peccatore, e lo chiama con la Sua voce dolce e grave. Chiama san Giacomo e san Giovanni per seguirLo, chiama Giuda alla penitenza dopo il suo tradimento, chiama san Pietro con un guardo solo dopo i suoi rinnegamenti; chiama il giovane ricco che vuol vivere un compromesso col Mondo e infine chiama noi mediante la Sua Santa Chiesa, con la luce della Verità, dei buoni esempi, e con le esortazioni alla virtù mediante la coscienza.
Egli ci chiama. ci chiama a Lui, ci chiama a lasciare le preoccupazioni, gli affari, i dolori passeggeri di questa terra e di questa vita, per avvicinarci a Lui, al Suo Sacratissimo Cuore, propiziazione per i nostri peccati, fonte di ogni consolazione, fonte di santità, in Cui abita ogni pienezza della Divinità.