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La nuova alleanza della Grazia (Parte II)

Liturgia17 Dicembre 2020
Testo dell'audio

L’offrire sacrifici nelle funzioni liturgiche, se non quasi una necessità naturale, è tuttavia sommamente appropriato alla natura umana e alla legge naturale. L’uomo, in quanto essere sensibile e spirituale, non può esprimere meglio e più fortemente la sua intima vita religiosa se
non tramite il sacrificio. La Grazia infatti non distrugge la natura ma la guarisce e la santifica, la nobilita e la trasfigura; perciò nel Cristianesimo l’uomo necessita – anche quando è in stato di figliolanza di Dio e nel regno della Grazia – di un sacrificio visibile, nella maniera a lui opportuna e congenita, per ottemperare ai suoi obblighi religiosi. “La natura umana richiede un sacrificio visibile”, così come dice la Chiesa: perciò Dio – la Cui Provvidenza tutto ordina con potenza e mitezza – non avrà certamente lasciato il Cristianesimo senza un perenne sacrificio, che sia perfettamente conforme ai più intimi desideri di un cuore pio.

Poiché il sacrificio è tanto connaturato all’uomo, lo s’incontra sempre e ovunque nella storia. Nel Vecchio Testamento i sacrifici costituivano l’essenza e il centro di tutta la funzione liturgica. Per questo motivo anche il Nuovo Testamento non può restare senza sacrificio; infatti esso è l’adempimento e la conclusione dell’Antico. Se già l’antica Legge, che era transitoria, aveva una tale magnificenza, tanto più perfetta sarà la nuova Legge, che è perenne e gloriosa (2Cor. 3,11) e ha pertanto opportune liturgie per il santo Sacrificio.

Nel Vecchio Testamento si offrivano quotidianamente sacrifici, e non solo cruenti, ma anche incruenti. Ambedue le forme erano simboliche in vista della Nuova Alleanza. Come i sacrifici cruenti trovarono il loro compimento nella morte in croce di Cristo, così l’esemplarità dei
sacrifici incruenti quotidiani si rivela ora nella sua veridicità, dal momento che nella Nuova Alleanza essi trovano la loro attuazione nella continua presenza del sacrificio incruento.

Il sacrificio vigente nell’Antico Testamento prefigurava e indicava agl’Israeliti il futuro Sacrificio della Redenzione: così fu concesso loro di raccogliere in anticipo i frutti dell’albero della Croce. Perciò è sommamente congruo che anche la Nuova Alleanza abbia un Sacrificio il cui fine è di rendere presente il sacrificio della Croce compiuto una volta per sempre per gratificare delle Sue grazie tutte le generazioni a venire. Perciò dobbiamo concludere che Cristo, il Signore, col Nuovo Testamento non ha semplicemente abolito il sacrificio veterotestamentario imperfetto, ma lo ha trasformato in uno perfetto.

La religione data da Cristo è la più perfetta, poiché possiede la pienezza della Verità divina e della Grazia. La rivelazione soprannaturale ha trovato il suo compimento nel Cristianesimo, cosicché non ci si può aspettare quaggiù una più ricca e completa effusione dello Spirito Santo. La Chiesa di Cristo si colloca al centro, tra le ombre simboliche dell’antica Legge e il compimento finale della Gerusalemme celeste. Il Vecchio Testamento fu la preparazione e l’iniziazione del Cristianesimo: questo costituisce l’immediata anticamera e la soglia alla beata visione dell’eterna Verità e dell’infinita bellezza dell’Aldilà.

Alla perfezione di una religione appartiene necessariamente anche un atto rituale perfetto: cioè l’offerta del sacrificio; infatti il sacrificio è la maniera più eccellente e l’azione più nobile di venerazione di Dio. Se la religione cristiana non avesse un sacrificio continuo, allora essa non avrebbe un rito perfetto per onorare Dio e non sarebbe perfetta sotto ogni aspetto ma in un punto fondamentale inadeguata e insufficiente, il che sarebbe inaccettabile. Poiché la religione cristiana è la più perfetta, essa deve avere anche la celebrazione più nobile, cioè possedere il rito dell’offerta del Sacrificio. Dove non vi è sacrificio, lì non esiste neanche il sacerdozio né l’altare: ma cosa sarebbe la Chiesa cristiana se non avesse il Sacrificio, il sacerdote e l’altare?

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