La legge positiva

In questo podcast tratteremo della legge positiva solo in relazione al diritto naturale, da cui dipende. Studiando la natura e i caratteri della legge positiva, determineremo il modo e i limiti di questa dipendenza.
NECESSITÀ DELLE LEGGI POSITIVE – Alla legge naturale vanno aggiunte le leggi positive, divine e umane, che la determinano e la esplicano; noi le definiamo come ordini della ragione, che provengono dalla libera decisione del legislatore, e che si sovraggiungono alla legge naturale. Abbiamo visto, infatti, che la legge naturale si estende in certo modo a tutti gli atti umani, ma può obnubilarsi su certi punti e sembrare incerta in parecchie circostanze, proprio per la forma generale dei suoi precetti. Quest’insufficienza della legge naturale si fa sentire soprattutto nel campo sociale, che esige prescrizioni numerose e precise; di qui la necessità di leggi positive, divine e umane.
LEGGI DIVINE E LEGGI UMANE – Le leggi divine sono fondate direttamente sull’autorità stessa di Dio e contenute nella Rivelazione. Sono divine per la forma solamente, quando riguardano atti già prescritti dalla legge naturale («Non uccidere»); sono divine per la sostanza e per la forma quando aggiungono alla legge naturale alcuni precetti positivi in vista del fine soprannaturale (Antico e Nuovo Testamento). Queste leggi divine sono assolutamente necessarie all’uomo nel l’ipotesi della sua elevazione al fine sovrannaturale; gli sono moralmente necessarie nell’ordine naturale, così come la Rive- lazione. Le leggi umane sono opera di coloro che detengono l’autorità, con l’incarico di usarne bene per il bene comune delle persone che sono loro sottomesse.
La legge naturale non giunge alle applicazioni particolari; si limita a fissare i princìpi generali, e lascia alla legge positiva la cura di trarre le conclusioni remote, di regolare i casi concreti, tenendo conto dei bisogni e delle circostanze di fatto. Inoltre il legislatore deve intervenire per determinare ciò che, nella legge naturale, è dato solo in forma embrionale e potenziale. La legge positiva procede dunque anch’essa per via di conclusioni e di determinazioni, ma sotto sia l’uno che altro aspetto, sebbene a titolo diverso, trova il suo punto d’appoggio sempre nella legge naturale.
LE CONCLUSIONI – Siano prossime ai princìpi primi del diritto naturale (legge che interdice l’assassinio) o siano remote (legge che proibisce la vendita di prodotti anticoncezionali o la vendita di periodici licenziosi), le conclusioni tratte dal diritto positivo e ordinate sotto forma di leggi accompagnate da sanzioni ripetono evidentemente il loro valore principale dal rigore col quale sono derivate dai princìpi del diritto naturale. Quando però si tratta di conclusioni remote, il loro potere in parte viene anche dalla legge umana, voluta in funzione di circostanze definite che introducono necessariamente un certo margine di contingenza nell’applicazione dei princìpi ai casi particolari.
LE DETERMINAZIONI – La maggior parte delle leggi positive sono determinazioni della legge naturale: tali sono, per esempio, le leggi costituzionali, o quelle che regolano i diritti civili e politici. È facile osservare che la legge naturale, a causa della sua estensione, lascia una gran quantità di problemi, e anche tra i più gravi, in una vera e propria indeterminazione, soprattutto in materia di diritto sociale. Spetta alle leggi positive fornire tutte le precisazioni richieste, secondo le diverse circostanze della vita sociale, economica e politica. Come tali, cioè a titolo di determinazioni del diritto naturale, le leggi positive traggono il loro potere dalla sola volontà umana. In realtà può accadere che opposte determinazioni siano giuste perché poggiano ugualmente su qualche fondamento naturale: è così che il regime della libertà civile e quello della proprietà potranno mutare in modo sbalorditivo e senz’alcuna ingiustizia, secondo i tempi e i luoghi. Le società hanno potuto e potranno modificarsi profondamente, mediante nuove legislazioni, senza che la legge naturale sia violata: il che dimostra quale importanza e quale efficacia abbiano le leggi positive che s’aggiungono alla legge di natura.
Spesso si giudica intrinsecamente ingiusto ciò che è solo una determinazione forse meno buona della legge naturale. Così, un sostenitore del regime democratico condannerà assolutamente il regime autoritario e il sostenitore di questo non sarà meno severo con un regime di libertà. In verità la legge naturale in se stessa comporta tutti i regimi. L’ingiustizia comincia con l’abuso dell’una o dell’altra forma di governo, ma non per il fatto della sua istituzione, la quale può essere imprudente, per questo popolo e in queste circostanze, ma non è ingiusta in sé.
Le leggi positive devono essere giuste, utili al bene comune e stabili.
LA GIUSTIZIA – Una legge giusta è in qualche modo fondata sulla legge naturale, sia come conclusione, sia a titolo di determinazione. La legge positiva obbliga allo stesso modo della legge naturale, anche se non fosse la migliore: basta che sia buona, cioè giusta.
Purtroppo, può anche succedere che la legge sia realmente cattiva, che non abbia per fine il bene comune, che sia stata proposta da un’autorità illegittima, che offenda la giustizia privando i cittadini di alcuni diritti inalienabili, che stabilisca ingiuste disuguaglianze, ecc. In questi casi, qual è la forza della legge? Essa è nulla in coscienza; ma può darsi che sia saggio ed anche necessario, in coscienza, conformarsi alla legge per motivi estrinseci alla legge stessa, come per esempio, allo scopo di evitare un male più grande.
L’UTILITÀ – Per principio, le leggi positive possono prescrivere tutti gli atti necessari o veramente utili al bene pubblico, che è il loro fine. È bene tuttavia che le leggi non siano troppo numerose; moltiplicandosi eccessivamente, rischiano di divenire oppressive, d’inceppare gli uomini di buona volontà e di favorire la frode e l’intrigo, opponendosi a quel bene comune che dovrebbero assicurare. E l’Italia è un ginepraio di leggi … a buon intenditor.
LA STABILITÀ – Né meno necessaria alle buone leggi è la stabilità. Le leggi, richieste dal bene pubblico, prescrivono l’impiego di certi mezzi generali: orbene, il fine è sempre identico e i mezzi per conseguirlo mutano, normalmente, con una certa lentezza, in rapporto all’evoluzione delle condizioni d’esistenza della società. Attenzione però, la stabilità delle leggi positive non è da confondersi con l’immutabilità. Il loro fondamento, la legge naturale, è immutabile nei suoi princìpi essenziali, ma le leggi positive devono essere progressive, in modo da non essere in disaccordo con il pubblico costume: esse saranno tanto più efficaci quanto più si appoggeranno ai pubblici costumi per elevarli. Ci sarebbe imprudenza nell’imporre ad un popolo leggi più perfette di quelle che può sopportare, ma si commetterebbe errore e colpa dando ad esso solo le peggiori tra le leggi che è suscettibile di ricevere.
Un esempio importante di legge positiva è quello delle leggi penali, dove il legislatore può utilizzare mezzi di coercizione per ottenere l’adempimento di determinati precetti. Il legislatore sa con certezza che il desiderio dei cittadini di evitare il ricorso alla polizia o ai tribunali, o anche semplicemente la cura di salvare la loro onorabilità, saranno largamente sufficienti ad ottenere dalla comunità un’osservanza notevolmente generalizzata della legge.
Per quanto riguarda il ruolo del costume, quest’insieme di usanze divenute modi di vita abituali, qui c’interessa per i suoi rapporti con la legge positiva, che può sia precedere e preparare, sia modificare e abrogare.
LA LEGGE ANTICIPATA DAL COSTUME – Possiamo dire che, in generale, i costumi (e i modi di vita abituali di cui sono la forma) sono anteriori alla legge positiva: la fondano, la preparano, l’autorizzano, la rendono opportuna, quando non la dettano formalmente.
LA LEGGE MODIFICATA DAL COSTUME – Il costume però non solo anticipa, ma anche segue la legge nel senso che la può modificare, interpretare, anche cambiare o abrogare in tutto o in parte. Le leggi, anche le più sagge, non convengono infatti a tutti i luoghi e a tutti i tempi, perché le società si trasformano in maniera continua (e talora rapida): le circostanze cambiano talmente che la legge da mezzo per il bene pubblico potrebbe diventarne ostacolo. Di qui l’uso di interpretare la legge, di accordarla alle circostanze, di modificarla e anche di cambiarla, in virtù semplicemente dell’influenza del costume. Se il legislatore permette che questa trasformazione avvenga, è evidente che il nuovo costume modificherà la legge esistente.