La legge morale

II. LA LEGGE MORALE
Ciò che porta ogni essere al suo fine, sia ultimo o prossimo, è la legge eterna (san Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, IaIIae, q. 93, a.1): Lex aeterna nihil aliud est quam ratio divinae sapientiae, secundum quod est directiva omnium actuum et motionum (la legge eterna non è altro che la disposizione della sapienza divina in quanto è direttiva di tutti gli atti e di tutti i moti). La definizione di sant’Agostino (nella foto), che segue quella di Cicerone, e spesso è citata da san Tommaso, è la seguente: ratio vel voluntas Dei ordinem naturalem conservari jubens, perturbari vetans (la disposizione divina che decreta la conservazione dell’ordine naturale, e ne vieta l’interruzione). Questa legge eterna esiste in Dio ed è niente meno che Dio Stesso. È vincolante per tutti gli esseri: per gli esseri irrazionali ove essa ha una natura fisica e irresistibile, e per gli esseri razionali ove essa ha una natura morale e può essere obbedita o non obbedita secondo l’uso che ogni agente fa del libero arbitrio.
La legge eterna è promulgata nella creazione e la partecipazione ad essa da parte degli esseri razionali è conosciuta come la legge naturale: Lex naturalis nihil aliud est quam participatio legis aeternae in rationali creatura (san Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, IaIIae, q. 1, a. 2). L’uomo è quindi capace di leggere i requisiti di questa legge inscritta nella sua natura e agire conseguentemente. Poiché il compito di questa legge è di portare l’uomo al suo fine ultimo, si può stabilire la moralità di un’azione non solo in termini di corrispondenza al fine ultimo ma anche nei termini della legge morale: secondo quanto essa si conformi o non si conformi alla legge morale. Questa definizione può inoltre considerarsi la più specifica perché la conformità alla legge morale richiede l’applicazione di una regola ad ogni azione specifica.
Il primo precetto della legge naturale ordina in una maniera universale l’azione umana verso il fine ultimo dell’uomo. Il principio dice: fare il bene ed evitare il male. È costitutivo di ciò che si chiama senso morale: vale a dire il senso immediato ed assoluto della legge che regola la conoscenza pratica e l’azione (san Tommaso, De Veritate q. 16, a 1). Questo senso morale è anche conosciuto come synderesis. La coscienza morale, invece, non è un senso, bensì un giudizio pratico (l’ultimo giudizio pratico) sulla moralità delle nostre azioni, con cui decidiamo quali azioni concrete siano da compiere e quali da evitare.
Gli altri princìpi della legge naturale si riferiscono alle inclinazioni fondamentali dell’uomo: come essere vivente egli deve rispettare e conservare l’essere che ha ricevuto da Dio; come essere razionale deve agire come persona, sviluppando la sua ragione colla ricerca della verità, la sua libertà col dominio sulle passioni, e la sua vita morale con la religione; come membro di una specie deve provvedere alla conservazione di questa specie col matrimonio, la procreazione e l’ educazione della prole; come essere sociale deve rispettare l’ordine della società e contribuire al bene comune della città e dell’umanità stessa.
Questi princìpi formano la base dei doveri, e questi doveri, a loro volta, formano la base dei diritti naturali: il diritto alla vita, alla verità, alla giustizia, alla libertà, e così via. Questi princìpi della legge naturale comportano certe conseguenze immediate tra le quali i Dieci Comandamenti che, insieme ai princìpi stessi, costituiscono la legge naturale primaria. Essi comportano anche certe conseguenze meno immediate, che riguardano la loro applicazione, come nel caso dei diritti concernenti la proprietà. Questi costituiscono la legge naturale secondaria.