La “festa della donna” tra vera femminilità e femminismo

Quando il peccato originale ruppe l’unità dell’uomo con Dio anche l’unità dell’uomo con la donna perse le caratteristiche originarie di complementarietà e reciprocità. Anche la maternità viene toccata dal peccato e la donna, da un lato la percepirà come oppressiva, dall’altro occasione di rivendicazione, fino a pensare di poter fare con essa a meno dell’uomo.
Questo rapporto schizofrenico con la maternità come dimensione costitutiva della nostra identità è strettamente legato a certe visioni femministe, in particolare a quelle legate al femminismo radicale. Il femminismo di terza generazione o post- femminismo, sviluppatosi nelle università americane a partire dagli anni ’90 teorizza che l’essere umano non è né uno né due, ma è molteplice, frammentato in se stesso. È l’era del post-gender, del transgender e del queer, del post-umano e del cyborg, fino alla disumanizzazione volontaria dell’uomo: l’essere umano sceglie di ignorare l’ordine naturale che richiama l’imago Dei e abbracciare la scelta di ricreare se stesso a propria immagine e somiglianza.
Questa via conduce soltanto al nichilismo. Infatti, è solo nel corrispondere alla nostra natura che possiamo trovare vera pienezza e realizzazione. Per la donna, questo passa attraverso la riscoperta del dono della maternità come modo costitutivo di rapportarsi alla realtà.