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La Croce di Cristo è la nostra salvezza

Liturgia27 Febbraio 2019
Testo dell'audio

A causa della caduta dei progenitori il genere umano sprofondò nella più misera e sconsolata desolazione; il peccato, con le sue amare conseguenze, gravò con un peso schiacciante sui figli di Eva esiliati dal Paradiso. Solamente Dio poteva aiutare e salvare l’umanità decaduta. Questa era spiritualmente morta, cioè gli uomini erano stati sottratti alla vita di Grazia soprannaturale e privati della beatitudine eterna.

Perciò, con le proprie forze, non erano più in grado di fare ammenda della colpa e del castigo per conciliare la divina Giustizia; e tantomeno erano in grado di riguadagnare la grazia della figliolanza di Dio e di meritare nuovamente l’eredità del Cielo.

Questa atroce situazione, per cui l’uomo – pieno di concupiscenza e corrotto dal peccato – era caduto nei castighi temporali ed eterni, viene descritta nella Sacra Scrittura come una dura schiavitù sotto la tirannia di Satana. Tramite il sacrificio della Sua morte, Cristo ha liberato la povera e infelice umanità da tutti questi mali; infatti, sulla Croce Egli ha compiuto la piena espiazione per tutti i peccati del mondo e ci ha meritato tutti i tesori della Grazia.

La Sua sofferenza e morte ebbe sia l’efficacia espiatoria che il potere di acquistarci il merito. Tramite il tesoro di riparazione e di merito del sacrificio della Croce, Cristo estinse per noi il riscatto dovuto alla divina Giustizia in modo così glorioso, che Dio ci liberò dalla schiavitù di Satana e ci assunse nuovamente come Suoi figli.

Gesù Cristo ha quindi sofferto ed è morto per far riparazione dei peccati di tutto il mondo: come dobbiamo intendere precisamente tutto questo? Chi è immerso in una costante situazione di peccato non è solamente in uno stato di colpa, ma ha attirato su di sé anche un castigo: riguardo al peccato, bisogna quindi distinguere tra colpa e punizione.

Ambedue sono un male che opprime il peccatore e lo separa da Dio: l’uomo, oppresso dalla sua colpa e meritevole di punizione, assume un atteggiamento di lontananza e di estraneità al cospetto di Dio offeso, poiché l’ira di Dio lo sovrasta. Se questi mali – colpa e castigo – devono essere tolti agli uomini, è necessario che il peccato sia completamente estinto e che poi, in primo luogo, venga offerta un’adeguata espiazione alla Giustizia divina. In che cosa consiste ora questa espiazione per la colpa e il castigo, e in quale misura fu soddisfatta da Cristo, tramite il Suo sacrifico di sofferenza e morte sulla Croce?

 

a) Peccando, l’uomo offende Dio, cioè ferisce i diritti di Dio.

RifiutandoGli la dovuta riverenza e sottomissione, egli compie un’ingiustizia, disonora l’altissima maestà di Dio e disprezza la Sua infinita bontà. Per questo egli cade in uno stato di colpa e diventa oggetto di dispiacere e indignazione: “un nemico di Dio” (Rom. 5,10). Come può essere espiata questa colpa – conseguenza della negazione del timore reverenziale, della stima più alta e dell’amore dovuti a Dio – e come può essere cancellato il Suo spiacere?

A questo fine è necessario un atto volontario, un’opera o una sofferenza che onori la divina Maestà più di quanto Essa sia stata disonorata con il peccato, e che sia gradita alla Maestà offesa di Dio in misura uguale o anche maggiore di quanto Essa sia stata amareggiata dal peccato. Perciò la riparazione ci riconcilia di nuovo con Dio offeso e fa sì che Egli non sia più adirato, ma disposto a rimettere la colpa.

A questo fine serve un atto di omaggio o di riparazione, per il quale una buona opera sarà tanto più adatta quanto più essa sarà appropriata a venerare e glorificare Dio. Perciò è comprensibile che il sacrificio sia la forma migliore e la più nobile di venerazione di Dio. Da quanto detto si capisce in quale misura la morte cruenta di Cristo sulla Croce fosse assolutamente appropriata a ottenere l’espiazione della colpa di tutti i peccati.

Poiché Cristo, per amore e obbedienza verso il Padre, bevve il calice dell’amara sofferenza e accettò una morte lacerante per noi, fece a Dio un’offerta ben più grande e più preziosa di quanto fosse necessario per compensare tutte le offese che l’umanità peccaminosa Gli aveva inflitto e che ancora Gli infligge.

Per questo la compiacenza di Dio per il prezioso e infinito sacrificio espiatorio della Croce è maggiore della Sua amarezza e dispiacere per i peccati di tutta l’umanità. Cristo fu obbediente al Padre Suo fino alla morte, fino alla morte della croce (Fil. 2,8), e questa Sua perfetta ubbidienza compensò la disubbidienza dell’umanità peccatrice. E come si sarebbe potuto risarcire meglio Dio per l’onore che Gli abbiamo rifiutato a causa dei nostri peccati, se non tramite l’evento della Croce?

È perciò infinitamente grande l’adorazione dimostrata a Dio Uno e Trino tramite l’auto-sacrificio cruento del Redentore. Proprio lì irradia nella più splendida luce l’inviolabile maestà e santità di Dio: per riconoscerla e onorarla pienamente, fu sacrificata, distrutta e disciolta l’ineffabile umanità di Cristo. Tramite l’offerta volontaria della Sua preziosa vita sulla Croce, l’Uomo-Dio ha onorato e glorificato infinitamente l’Altissimo e pagato per l’enorme oltraggio e disprezzo con cui gli uomini avevano offeso e tuttora offendono la Maestà di Dio.

 

b) Alla colpa è inseparabilmente unita la pena: è necessario che questa sia scontata per tutto il tempo necessario.

L’uomo affetto da colpa è infatti un figlio dell’ira (Ef. 2,3), è cioè oggetto della Giustizia divina, e quindi condannato e punito nella misura dei peccati commessi: perciò egli viene umiliato e tormentato. La pena, tuttavia, può anche essere rimessa tramite un’adeguata riparazione che la sostituisca e l’ammortizzi, ma è necessario un merito volontario che controbilanci la colpa.

A questo fine le buone opere sono il mezzo più adeguato, soprattutto se onerose e dolorose; infatti, il sopportare volontariamente qualcosa di difficile e penoso è particolarmente adatto a compensare e risarcire il dolore di ogni pena e umiliazione. Attraverso la distruzione dell’offerta nell’olocausto si compie la riparazione della colpa e, perciò, esso è perfettamente adatto a fare ammenda per la pena e meritare la dispensa.

Se riflettiamo su questo, allora si capirà chiaramente come e perché le pene per i peccati che pesano sull’umanità non possano essere compensate in modo migliore e più compiuto che tramite il sacrificio espiatorio della Croce. E che cosa ci può essere di più atroce e umiliante della morte sulla croce tra due delinquenti? Lì era il Salvatore, che è l’Innocenza e la Santità stessa, sprofondato in un abisso di dolore e d’infamia: avvolto nella più amara tempesta di sofferenze.

Dai piedi alla testa il Suo purissimo corpo era coperto da un’unica piaga. Insanguinato, frantumato e stritolato pendeva Egli come sacrificio cruento sul legno della Croce. Così Egli ha assunto su di Sé i “nostri dolori”, così Egli ha sofferto ed espiato quanto noi abbiamo meritato e avremmo dovuto subire. In questo modo Cristo, tramite il Suo sacrificio sulla Croce, ha fatto ammenda per noi: questa riparazione ha dileguato lo sfavore che avevamo presso Dio; cioè, ha pagato per tutta la colpa dei peccati, ha soddisfatto le esigenze della divina Giustizia e ci ha liberato da tutti i castighi meritati.

Con il sacrificio della morte Cristo ci ha riconciliato con Dio offeso dai peccati; infatti ha ottenuto che il dispiacere e l’ira di Dio verso di noi cessassero e che Egli a Sua volta fosse disposto a rimetterci la colpa e il castigo. Così, tramite il sangue del Salvatore, abbiamo la Redenzione e il perdono dei peccati (Ef. 1,7). “Gesù Cristo ci ha amato e lavato dai nostri peccati nel Suo sangue” (Ap. 1,5).

Questo avvenne poiché Cristo “ci portò la pace e ci riconciliò con Dio tramite la Croce, in quanto Egli uccise l’inimicizia tramite Sé Stesso”, cioè con l’offerta della Sua vita (Ef. 2,15-16). Sì, “mentre eravamo ancora nemici, siamo stati riconciliati da Dio tramite la morte del Suo Figlio” (Rom. 5,6). E quindi, “per il sangue della Croce tutto è stato unito, quanto sta in Cielo e sulla Terra” (Col. 1,29).

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