< Torna alla categoria

La controrivoluzione in De Maistre

Storia11 Giugno 2021
Testo dell'audio

«Gli uomini sono sempre stati tentati da idee singolari che lusingano l’orgoglio: è dolce camminare su percorsi straordinari che nessun piede umano ha calpestato. Ma cosa ci guadagna? L’uomo ne diviene migliore?». La riflessione filosofico-politica e l’esperienza umana del conte Joseph de Maistre procedono in sintesi da questa brevissima, ma pregnante considerazione presente nel Decimo colloquio della sua opera, Le serate di San Pietroburgo (1821). Considerazione che diviene al tempo stesso interrogativo dirimente per tutti coloro che si affaccino alle opere del pensatore savoiardo.

Il 26 febbraio 1821 de Maistre esalò l’ultimo respiro nella capitale del Regno sabaudo, circondato dall’affetto dei familiari e di quanti condividevano con lui le preoccupazioni per la “nuova” epoca, inauguratasi un trentennio prima nella vicina Francia. Quest’anno cade il bicentenario della sua dipartita, eppure la fuliggine bisecolare che oscura il suo nome, negando legittimità al suo pensiero, è lontana dall’essere rimossa. Generalmente pochi sono coloro che hanno realmente studiato le sue opere, intessute di considerazioni erudite, che interessano vari campi del sapere. Ed i pochi, che si sono approcciati alle sue tesi ed alla sua figura, non hanno potuto fare a meno di riconoscergli almeno due note distintive, che spiccano dal fondo della sua personalità: la coerenza ed una profonda religiosità.

Il nucleo del pensiero di de Maistre può essere ben compreso alla luce del colloquio avvenuto tra Gesù e il procuratore romano Ponzio Pilato, di cui i Vangeli danno una preziosa testimonianza. Alla domanda, rivoltagli da Pilato, se Gesù si considerasse re, Cristo risponde: «Tu lo dici: io sono re. Per questo sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità ascolta la mia voce» (Gv, 18-37).

La testimonianza della verità è posta a fondamento di una “nuova” regalità, inusitata ed eccezionale. Infatti poco prima Gesù aveva ben delineato i contorni di questo regno, così diverso dagli altri, dicendo a Pilato: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù» (Gv, 18-36). La verità dunque, e non il mero potere, diviene il criterio e la strada maestra per illuminare e “rendere decifrabile” – direbbe Benedetto XVI – la creazione. Il dato di fede illumina le ragioni profonde della politica e del diritto, dando così piena attuazione all’affascinante constatazione di san Tommaso, quando nella Summa spiega che «gratia non tollit naturam, sed perficit» (Summa Theologiae, I,1,8 ad 2).

Joseph de Maistre non ci mise molto a scorgere le fondamenta friabili e violente della Rivoluzione francese. La sua capacità profetica si distinse in modo peculiare nello scrutare la radice malata di quanto stesse accadendo, rintracciandone una causa preternaturale, in questo caso «le caractère satanique». L’immagine del «turbine» che «travolge come paglia leggera tutto ciò che l’umana forza ha saputo opporle» è assai indicativa di quest’azione straordinaria, incontenibile e violenta che abbatte ogni cosa e sembra non fermarsi dinanzi a nulla. Gli uomini agiscono, ma come strumenti di una causa esterna che trascende le loro reali ed effettive capacità, sobillando animi ed acuendo gli istinti.

La profanazione delle chiese, l’apostasia dei sacerdoti, il vero e proprio culto prestato alla dea Ragione, tanto da avvertire l’esigenza di stendere un calendario rivoluzionario, che inaugurasse una “nuova” epoca, scosse drammaticamente il conte savoiardo, rendendolo consapevole del fatto che la Rivoluzione francese costituisse un tassello fondamentale di un processo ben più ampio, iniziato secoli prima. «È dall’ombra di un chiostro che sorge uno dei maggiori flagelli del genere umano: Lutero, seguito da Calvino» scrive de Maistre, aggiungendo che «la Rivoluzione francese proviene da quella stessa fonte».

 

Questo testo di Diego Benedetto Panetta è tratto dalla rivista Radici Cristiane. Visita il sito radicicristiane.it

Da Facebook