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La Certosa di Serra San Bruno. Custode di una fede antica

Tesori d'Italia10 Ottobre 2020
Testo dell'audio

Nel 1084 san Bruno di Colonia fondava un monastero dando così origine al rigorosissimo ordine oggi conosciuto come Certosino. Il fondatore non rimase tuttavia a lungo a seguito del papa, che più volte ebbe a fuggire dalla Città eterna rifugiandosi nell’Italia normanna per salvarsi dai sostenitori del partito imperiale e dell’antipapa Clemente III. Urbano II, impegnato nel rafforzamento della vera fede nel Meridione d’Italia e in accordo con il monarca Ruggero I, acconsentì alla richiesta e san Bruno si vide assegnato un territorio nella Serra calabrese, dove edificare una seconda certosa e ritirarsi con i propri compagni.

Fu così che presero celermente avvio i lavori per erigere un eremo dedicato alla Madonna, destinato ad accogliere i padri e, nel 1094, un vero e proprio monastero intitolato a santo Stefano, riservato ad ospitare i conversi e coloro che non fossero pronti a seguire appieno la rigida disciplina certosina. San Bruno impose ai confratelli le medesime regole della casa madre francese e ricevette anche la visita di Lanuino, il discepolo che l’aveva succeduto nella guida della comunità d’Oltralpe. Il rinnovato cenobio si arricchì enormemente, venne beneficiato di numerosi feudi e proprietà e si sviluppò dotandosi di una cinta muraria, nuove celle per i monaci e, presumibilmente, di grandi locali più adatti a rispondere alla rapida evoluzione del luogo.

A causa del rifacimento cinquecentesco e del disastroso terremoto occorso nel 1783, nulla più rimane della fisionomia dell’antica Certosa, ampliata da Guglielmo e dagli abati suoi successori, e poi ritornata nelle mani dell’Ordine certosino durante il pontificato di Leone X, a seguito di un secolo di incuria e del rinvenimento nell’eremo mariano delle reliquie di san Bruno. Rientrati in possesso del complesso di Santo Stefano nel 1514 i monaci, guidati inizialmente dal bolognese Costanzo De Rigetis – autore di un Libretto della Ricuperazione, che descrive quanto ritrovato all’ingresso nella certosa –, iniziarono i lavori di restauro, allargarono il chiostro, costruirono torri di guardia e ridisegnarono la chiesa conventuale, abbellita con splendide opere d’arte.

Ricostruito interamente e adibito alla primigenia funzione, ospita oggi una comunità che fa della sua priorità la preghiera, conciliandola con il mantenimento del cenobio: pur isolati dal mondo, i monaci permettono di conoscere la vita e la storia dell’istituto attraverso un museo che ne illustra la forma e gli ambienti, e consentono di entrare così in contatto con la spiritualità che li contraddistingue e con una pagina importante di storia religiosa del Meridione d’Italia.

 

Questo testo di Lorenzo Benedetti è tratto dalla rivista Radici Cristiane. Visita il sito radicicristiane.it

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