La battaglia della Montagna bianca

Piazza della Città Vecchia è il punto centrale di Praga, meta ininterrotta di turisti che ammirano in particolar modo lo splendido orologio astronomico. Se, dopo aver assistito al girotondo degli Apostoli e ai movimenti della Morte e delle personificazioni dei vizi (la donna con lo specchio per la vanità, il turco per la lussuria e l’ebreo – dopo la guerra sostituito da un pellegrino – per l’avarizia), ci si volge a destra, non si potranno non notare le cuspidi delle due torri della Chiesa di Santa Maria di Týn. E tra le due torri scure spicca un enorme medaglione con al centro l’immagine di Nostra Signora.
Non è un semplice abbellimento: in quella specie di gigantesca Ostia aurea si compendiano secoli di lotta per la sopravvivenza della fede cattolica in Boemia.
Tra eresia e fede cattolica

Infatti, fin dalla sua costruzione, che avvenne nella seconda metà del XIV secolo, Santa Maria di Týn fu la principale chiesa hussita, cioè legata alla predicazione dall’eretico Jan Hus (1371-1415), della città. Una delle caratteristiche degli hussiti era quella di praticare la comunione “utraquista”, cioè sotto le due specie (sub utraque specie) del pane e del vino, mettendo sullo stesso piano sacerdote e fedeli.
Re Giorgio di Podebrady, che regnò sulla Boemia dal 1458 al 1471 e fu il primo monarca europeo ad abiurare la fede cattolica, fece collocare sulla facciata un calice d’oro, simbolo appunto della comunione sotto le due specie. Dovette passare un secolo e mezzo prima che questo simbolo venisse rimosso e il suo prezioso metallo fuso per creare la statua della Madonna che tutt’oggi adorna la chiesa.
Ciò avvenne nel 1620, dopo la cosiddetta Battaglia della Montagna Bianca. Essa costituisce uno dei più importanti momenti della Guerra dei Trent’Anni (quella, per intenderci, di cui parlano i Promessi sposi): essa si aprì proprio nella città boema con l’episodio della “seconda defenestrazione di Praga”, avvenuta il 23 maggio 1618, quando l’elezione di un fervido cattolico come Ferdinando II a Imperatore del Sacro Romano Impero e Re di Boemia fece insorgere alcuni membri dell’aristocrazia di religione protestante, che gettarono letteralmente dalle finestre del Castello di Praga (o Hradčany) gli inviati imperiali.
Questi si salvarono miracolosamente e la loro sopravvivenza fu vista come una grazia divina e il segno che la lotta cattolica era più che approvata da Dio. Va notato che quella del 1618 è considerata la seconda Defenestrazione di Praga, perché già nel 1419 un simile violento atto, sempre da parte degli hussiti, causò la morte di sette membri cattolici del consiglio della città, scatenando la cosiddetta crociata ussita.
Inizia la Guerra dei Trent’Anni
Dopo la Defenestrazione di Praga gli insorti ottennero alcuni successi militari minori e ardirono contrapporre all’Imperatore un loro Re di Boemia, l’elettore del Palatinato Federico V. Cercarono addirittura di porre Vienna sotto assedio, ma furono respinti nella Battaglia di Záblatí e il comandante dei ribelli, il conte Thurn, principale mestatore della Defenestrazione, fu costretto a levare l’assedio.
Da allora le sorti del conflitto volsero a totale sfavore degli insorti: le truppe imperiali e quelle della Lega Cattolica, comandate dal conte di Tilly, avanzarono da sud, mentre da nord giungeva Giovanni Giorgio I di Sassonia e il suo esercito.
Le armate avversarie si fronteggiarono dunque in Boemia: i protestanti, guidati da Cristiano di Anhalt, erano forti di circa 21.000 uomini, attestati su una solida posizione difensiva sulle pendici di una collina, la cosiddetta Montagna Bianca, che bloccava la strada per Praga; le sue forze erano ben protette sui fianchi e di fronte da difese naturali.

Le truppe cattoliche, giunte in un secondo momento e quindi svantaggiate per la posizione, erano comunque superiori numericamente (circa 29.000 uomini) e come armamento e addestramento.
Il 6 novembre 1620, al grido di “Santa Maria!” le truppe cattoliche si lanciarono contro il centro delle forze boeme. La superiorità tattica e morale delle truppe cattoliche ebbe un peso determinante: l’esercito imperiale si avventò sui protestanti e in sole due ore di aspri combattimenti le posizioni degli insorti furono sfondate e le loro truppe messe in fuga.
A confortare spiritualmente i soldati c’era anche lo spagnolo padre Domenico di Gesù Maria, Generale dei Carmelitani Scalzi della Congregazione italiana, invitato da Ferdinando II ad accompagnare le truppe cattoliche.
In una chiesetta hussita padre Domenico trovò un piccolo dipinto raffigurante l’adorazione dei Magi a Betlemme, in cui Maria, Giuseppe e i pastori avevano gli occhi perforati. Il Padre lo portò con sé fino alla Montagna Bianca. Secondo la leggenda, poiché la fortuna all’inizio sembrava arridere all’esercito protestante, padre Domenico di Gesù Maria avrebbe benedetto le truppe con il quadretto, infondendo ai soldati cattolici il coraggio necessario per l’attacco decisivo vittorioso.
Santa Maria della Vittoria
Al termine dello scontro, le truppe cattoliche avevano conseguito una vittoria decisiva a prezzo di pochissime perdite. Tilly entrò a Praga e la rivolta dei protestanti boemi fu sedata con la condanna a morte di molti nobili che l’avevano provocata.

Ferdinando venne definitivamente riconosciuto come Re di Boemia e Federico V fu costretto a fuggire (per questo è anche noto come “Re d’inverno”); le residue forze protestanti furono sconfitte e disperse negli anni successivi in una serie di scontri in Germania occidentale.
La Boemia venne annessa ai domini ereditari asburgici e conobbe un periodo di grande sforzo nel tentativo fortemente voluto dall’Imperatore di ripristinare il cattolicesimo e di germanizzare l’area, provocando l’esodo di numerose famiglie protestanti.
Ma la Battaglia della Montagna Bianca segnò solo la fine della prima parte della guerra: il conflitto, per il momento risolto con una schiacciante vittoria cattolica, si sarebbe progressivamente allargato fino a trasformarsi in una guerra di dimensioni europee, abbandonando i caratteri di guerra di religione per trasformarsi in guerra di egemonia nazionalistica (e c’è perciò chi la definisce Prima Guerra Civile Europea – laddove la seconda sarebbe la Grande Guerra).
I contemporanei considerarono determinante l’aiuto divino per la grande vittoria della Montagna Bianca e di lì a poco due importanti chiese dei Carmelitani Scalzi – l’ordine di padre Domenico di Gesù Maria – mutarono il proprio nome in Santa Maria della Vittoria: furono quella romana di san Paolo al Quirinale, dove è conservata la statua dell’estasi di Santa Teresa di Gianlorenzo Bernini, e una chiesa praghese nel quartiere di Mala Strana, quella della SS. Trinità, già “feudo” protestante e affidata ai frati, che fu chiamata Santa Maria della Vittoria e sant’Antonio da Padova. Ai nostri giorni quest’ultima chiesa è il centro della devozione del celeberrimo Bambino Gesù (o Santo Bambino) di Praga.
Questo testo di Gianandrea de Antonellis è stato tratto dal periodico Radici Cristiane. È possibile acquistare la rivista anche on line o sottoscrivere un abbonamento, cliccando www.radicicristiane.it