Il trionfo definitivo della cristianità sui turchi

Dopo la disfatta di Lepanto il sultano aveva ricostruito la propria flotta da battaglia a ritmo accelerato tanto da costringere Venezia alla pace alle proprie condizioni. Il fatto che non fu colto immediatamente era che questa flotta, costruita con legname scadente era servita da ciurme raffazzonate e poco addestrate dato che equipaggi e arcieri erano stati sterminati la sera del 7 ottobre 1571.
Da quel momento la flotta turca non ebbe più il predominio nel Mediterraneo e il governo della Sublime Porta ne prese presto atto. L’esercito, però, rimaneva ancora invincibile, tanto da infliggere durissima sconfitte sia agli Asburgo che agli Shah di Persia. Proprio la Persia fu il teatro di una guerra che durò sessant’anni, mentre, in Europa infuriava la Guerra dei Trent’Anni.
I due imperi a confronto
Quando questi conflitti terminarono i rapporti di forza fra Europa e Impero Ottomano erano radicalmente cambiati. L’esercito ottomano restava una forza di primissimo ordine ma era ancora medievale sotto troppi aspetti. Quello asburgico, invece, aveva appreso nuove tattiche e la sua potenza di fuoco si era fatta più micidiale, annullando la superiorità nel corpo a corpo che era propria delle truppe turche. In più il Sacro Romano Impero aveva, nella propria compagine, anche principati protestanti come la Sassonia e la Prussia.
Spesso, quando si parla di guerre di religione, ci si dimentica che la nazione tedesca iniziava a essere tale al di là delle differenze religiose e che sarebbe rimasta unita anche nelle prove più difficili. L’impero ottomano, al contrario, iniziava a essere squassato da rivolte interne e da una crescente debolezza del governo centrale.
La Guerra di Candia e la rinascita del pericolo turco
Così, come in passato, le tensioni interne al mondo ottomano vennero scaricate in una guerra esterna contro Venezia: la Guerra di Candia, ossia la conquista dell’isola di Creta.
L’assedio di Candia iniziato nel 1645 si concluse solo nel 1668 e, anche in questa occasione, furono i turchi a uscire vincitori. L’attivismo del governo ottomano, ora guidato dal Gran Vizir Kara Mustafà, fu tale da portare a offensive anche contro la Polonia e la Russia.
Il “Turco di Versailles”
L’impero asburgico, invece, era impegnato a frenar l’aggressività francese, guidata da Luigi XIV. È rimasta famosa la definizione del Re Sole data dal Conte palatino Filippo Guglielmo in una lettera al beato Marco d’Aviano: «Habbiamo un Turco cristiano peggior del barbaro». I metodi di guerra del Re Sole potevano a volte essere addirittura più brutali di quelli dei tanto disprezzati turchi.
Un Luigi XIV che, in più occasioni sobillò il Turco ad attaccare l’Impero in modo da sfruttare la debolezza tedesca sulla frontiera del Reno, anche a costo di far perdere Vienna alla Cristianità.
Quello che Luigi aveva sperato e incoraggiato avvenne. Kara Mustafà vide nell’indebolito Sacro Romano Impero una preda facile quanto ghiotta e, nel 1682, dichiarò guerra, in barba a qualsiasi trattato di pace allora esistente.
Il trionfo di Vienna e l’opera di Eugenio di Savoia
La campagna militare, iniziata con tanta baldanza da Kara Mustafà terminò, come sappiamo, con la disfatta sotto le mura di Vienna (12 settembre 1683) seguita da quella di Parkany, il 9 ottobre successivo.
Il 25 dicembre i sogni di gloria di Kara Mustafà si concludevano con un laccio al collo, manovrato da un sicario del sultano. Il merito non fu solo di padre Marco d’Aviano e della sua opera diplomatica per conservare l’alleanza fra principi orgogliosi come quelli che diedero battaglia a Vienna.
Il 24 marzo 1684 Papa Innocenzo XI compiva il proprio capolavoro, costituendo un’alleanza fra Polonia, Impero e Serenissima. Questa volta il Turco aveva contro un fronte compatto e doveva fronteggiare offensive sia per terra che per mare.
Vi furono vittorie e sconfitte e padre Marco dovette improvvisarsi supervisore della logistica, una branca dell’arte militare nella quale gli occidentali erano dilettanti allo sbaraglio, in confronto ai turchi.
Ci volle il genio e l’audacia di uno dei più grandi capitani di ogni tempo, Eugenio di Savoia, per riportare la vittoria decisiva a Zenta, l’11 settembre 1690: una vittoria che portò gli ottomani ad ammettere la sconfitta siglando la Pace di Carlowitz il 26 febbraio 1699.
Una vittoria europea
Certo, non tutta l’Europa era stata unita in questa lotta: ma è significativo che, pur nelle differenze di Stato e di confessione religiosa, proprio l’Europa avesse sconfitto il turco, dimostrando che era possibile vivere “uniti nella diversità”. Perché, strano a dirsi, è proprio questo il motto dell’Unione Europea.
Le radici dell’Europa stanno proprio nel paradosso di un apparente debolezza, causata dalla molteplicità di culture, che diventa ricchezza nel nome della fede cristiana sulla quale si fondano tutti i diritti umani che ognuno di noi vuole per sé e per gli altri.
Questo testo di Alberto Leoni è stato tratto dal periodico Radici Cristiane. E’ possibile acquistare la rivista anche on line o sottoscrivere un abbonamento, cliccando www.radicicristiane.it