Il segno della croce (Parte I)

Il sacerdote fa il cosiddetto segno di croce latino, toccando con la palma della sua mano la fronte, il petto e dalla spalla sinistra verso la destra, pronunciando le parole: “in nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen”. Il venerabile costume di fare il segno di croce su persone e oggetti ha certamente origine nell’epoca apostolica. Alcuni vogliono addirittura farlo derivare da Cristo stesso che – salendo al Cielo – avrebbe benedetto i discepoli con le mani incrociate.
L’antico uso di fare il segno di croce viene unanimemente testimoniato dai Padri Apostolici e dagli antichi autori cristiani. All’inizio del III secolo, Tertulliano scrive: “Ad ogni passo, quando si entra e quando si esce, nell’indossare i vestiti e nel mettersi le scarpe, a tavola, nell’accendere la luce, nell’andare a letto, nel sedersi e in ogni lavoro che facciamo, noi cristiani ci facciamo il segno della croce sulla fronte” (frontem crucis signaculo terimus).
Il segno di croce è un importante componente della liturgia; soprattutto quando si celebra il S. Sacrificio, nell’amministrare i sacramenti, in tutti gli esorcismi, consacrazioni e benedizioni, esso è l’elemento costitutivo. Fare il segno di croce, ovvero farsi il segno di croce, è un atto profondamente significativo e, allo stesso tempo, efficace nell’effetto.
In primo luogo esso è un misterioso e sacro ausilio, ammonitorio e pieno di salutare sapienza. Il segno di croce è la simbolica espressione dei misteri fondamentali del cristianesimo ed è la professione della fede cattolica: ci fa ricordare Colui che fu crocifisso, il prezzo della nostra redenzione, e quanto preziosa sia la nostra anima. Esso accende l’amore, rischiara la speranza, ci rammenta di seguire Cristo sulla via della croce.
Ci significa che nella croce troveremo la nostra gloria, la nostra salvezza, la nostra vita, e che noi preferiamo “la stoltezza e la debolezza della croce” piuttosto di tutta la saggezza e potenza del mondo; e che, da discepoli del Crocifisso, vogliamo combattere sotto il vessillo della croce, e con questo segno riportare vittoria su tutti i nostri nemici.
Dei vari significati insiti nel segno di croce, spesso, con parole e accenti appropriati, viene messo in evidenza l’uno o l’altro di questi; infatti, nella liturgia, la parola e l’azione sono in armonia tra di sé, si integrano e si rischiarano a vicenda.
Questo è anche il caso della nota formula: “Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. – Amen”, la quale esprime più chiaramente il mistero della Santissima Trinità accennato col segno di croce. Per primo si porta la mano alla fronte pronunciando: ‘Nel Nome del Padre’ per dimostrare che il Padre è la prima Persona della Santissima Trinità, da cui è generato il Figlio e procede lo Spirito Santo.
Nel dire poi: ‘del Figlio’ si fa scendere la mano fin sotto il petto, per esprimere che il Figlio viene dal Padre, fatto scendere nel seno della Vergine. Poi si muove la mano dalla spalla – o parte – sinistra verso la destra, pronunciando: ‘e dello Spirito Santo’, indicando così lo Spirito Santo come terza Persona della SS. Trinità, che procede dal Padre e dal Figlio, che Egli è l’amore che li unisce, e che tramite la Sua Grazia avremo parte ai frutti della Passione.
In tal modo, tramite il segno di croce, si confessa, in breve, la propria fede nei tre grandi misteri: nella Santissima Trinità, nella Passione di Cristo e nella remissione dei peccati; per cui, “Dalla maledizione a sinistra perveniamo alla benedizione sulla destra” (S. Francesco di Sales). Ed è oltremodo grande l’efficacia del segno di croce che, come la vera Croce di Cristo, viene chiamato dai Padri non raramente: “causa della nostra salvezza”.