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Il Sacro

Liturgia02 Aprile 2018
Testo dell'audio

+ In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen.

Abbiamo già fatto riferimento alla soppressione della lingua sacra nell’Offertorio e nel Canone del Nuovo rito e alla soppressione delle preghiere, che esprimono le finalità di adorazione e di espiazione.

Abbiamo anche fatto riferimento alla soppressione del latino, del silenzio e di molti segni e gesti di riverenza verso la Presenza Reale. Quando discutiamo della dissoluzione del sacro, mentre il culto di Dio si sposta verso il culto dell’uomo, dovremmo nominare anche la drastica riduzione delle genuflessioni, degli inchini, dei segni della croce da parte del celebrante [121]: sugli oblata, sulle Sacre Specie e con le Sacre Specie. Per esempio, tutti i sette segni di croce sugli oblata che precedono immediatamente la consacrazione del calice sono stati recisi in accordo con l’istruzione Tres Abhinc Annos del 1976, in esatto parallelo con i tagli fatti da Cranmer nel suo Communion Service del 1552 [122].

L’eliminazione più rimarchevole comunque deve essere quella (almeno tentata) della parola sacrosanctum dalla frase Sacrosanctum Corpus et Sanguinem Tuum prima della Santa Comunione.

Con la propria mano papa Paolo VI scrisse sullo schema dell’Ordo Missae: «Togliere:sacrosancta”» (erratum per sacrosanctum, La riforma liturgica, p. 377). Queste due parole risuonano come un’eco lontana dalle parole pronunziate duemila anni fa in Palestina in riferimento al Sacrosanto Signore: «Tolle, tolle, crucifige eum» (Gv 19, 15).

Le Rubriche

Le rubriche determinano il modo in cui la Messa viene celebrata. Le rubriche del Rito antico determinano (inter alia) il movimento del celebrante da una parte dell’altare all’altra; i tre gradi di inchini che fa a seconda che reciti il Confiteor, dica la dossologia o pronunzi il santo Nome di Gesù, il nome del santo del giorno o i saluti ad un altro partecipante alla liturgia e così via; le rubriche determinano la direzione dell’inchino al tabernacolo, al crocifisso, al messale o all’immagine di un santo; esse determinano la posizione delle sue mani sull’altare, la loro altezza e la distanza tra di esse quando prega, la loro altezza quando solleva gli oblata.

Dietro queste rubriche si trova la verità infallibilmente insegnata dalla Chiesa, secondo cui la Messa è il culto di Dio e in particolare rende presente l’unico sacrificio del Calvario tramite l’azione di Nostro Signore Gesù Cristo.

Come culto di Dio, la liturgia della Messa deve essere determinata da regole e dovutamente ordinata; per il fatto di rendere presente l’unico sacrificio del Calvario, deve essere uniforme nel tempo e nello spazio; come azione di Gesù Cristo, richiede l’annullamento di sé da parte del celebrante: non la sua persona è importante, ma la persona di Gesù Cristo nella quale egli agisce: lui non è importante come persona, ma solo come strumento [123].

Le rubriche del Rito antico sono state soppresse nel Nuovo rito [124] e sostituite da uno spirito di libertà, nel nome di “effettività pastorale [125]. Questo spirito viene espresso nell’Instructio Generalis in termini del:

  1. selezionare un testo o un rito per l’uso da un numero di testi o riti fissi, cioè il rito penitenziale; l’acclamazione del vangelo; i prefazi; le preghiere eucaristiche; le benedizioni;
  2. omettere o adattare determinati testi o riti;
  3. introdurre o inventare testi a seconda di come si ritenga giusto, cioè il canto d’ingresso; i commentari del sacerdote a vari punti durante la Messa; le preghiere dei fedeli; il canto dell’offertorio e della Comunione.

In una parola, la liturgia viene deregolata e resa pluralista; la celebrazione diviene informale e casual.

La persona del celebrante assume una grande importanza. In una parola, la Santa Messa non è più dovutamente ordinata, né uniforme, né celebrata coll’annullamento di sé, come conviene alla sua natura oggettiva.

Qual è la ragione di tutto questo? Non è forse l’avversione dell’“uomo d’oggi” all’ordine oggettivo – sia esso dogma, legge morale, o rubriche -? Non è forse uno spostamento dall’oggettivo al soggettivo, dal teocentrismo all’antropocentrismo e, in questo contesto, dal culto di Dio al culto dell’uomo? [126]

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121  28 volte nel canone romano (da Te igitur alla santa Comunione) ridotte ad una volta nelle nuove preghiere eucaristiche. Padre des Lauriers spiega che rinunziare a questi segni equivale a rinunziare allo stesso concetto di Sacramento.

122 Quale testimonianza della sacralità del rito antico, osserviamo il suo potere di toccare il cuore dei fanciulli innocenti, come pure della gioventù. Giovani hanno confidato all’autore che, solo venendo a conoscenza di questo rito, sono stati in grado di capire l’autenticità dell’insegnamento morale cattolico e di rimanere fedeli ad esso. Come ulteriore testimonianza, ci riferiamo agli effetti di questo rito sugli abitanti di un’isoletta del Pacifico: al suo arrivo sull’isola, un missionario chiamò immediatamente tutti gli abitanti sulla spiaggia per celebrare la santa Messa. Gli abitanti non erano mai stati a contatto con la Cristianità prima, ma semplicemente presenziando alla Messa capirono che è un santo Sacrificio offerto a Dio.

123 Un antropocentrismo simile a quello liturgico esiste nel caso del sacramento della Penitenza. Nella forma antica il sacerdote è seduto ed il fedele è in ginocchio, rappresentando i loro stati rispettivi di giudice ed accusato. Il Sacramento è descritto come il Sacramento di Penitenza; il penitente non guarda il sacerdote (invisibile dietro alla grata), di cui la persona non è importante, poiché agisce in persona Christi. Anzi, guarda il Crocifisso, fonte del perdono misericordioso di Dio. Nell’insieme l’incontro non è umano, bensì sacro, come conviene al Sacramento. Nella forma moderna, invece, il fedele è di fronte al sacerdote come se fossero sullo stesso piano, un’eguaglianza espressa già dal termine moderno: il Sacramento della Riconciliazione; il penitente guarda il confessore ed un rapporto umano viene creato, mentre elementi psicologici ed emozionali entrano in gioco, compreso il rispetto umano. Non c’è segno esterno di penitenza, né della presenza di un giudice o di un Redentore. Nell’insieme l’incontro è umano piuttosto che sacro.

124 Santa Teresa di Avila disse che sarebbe stata disposta a morire per preservare la minore delle rubriche della Santa Messa. Quante volte sarebbe dovuta morire in questi anni di cambiamento!

125 “Pastorally effective” Ralph A. Keifer, To Give Thanks and Praise: General Instruction of the Roman Missal with Commentary for Musicians and Priests (Washington DC: National association of Pastoral Musicians 1980, pp. 113-114). Il concetto deriva delle teorie di padre Jungmann.

126 Vedi le sezioni sull’espressività umana (284), il principio di creatività (285), e il passaggio dal sacro al teatrale (286) in Iota Unum come esempi di questo soggettivismo.

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