< Torna alla categoria

Il Sacerdozio sacramentale

Liturgia18 Febbraio 2018
Radio Roma Libera - Il sacerdozio sacramentale
Testo dell'audio

+ In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen.

Nel Rito antico il sacerdozio sacramentale è chiaramente distinto dal laicato.

Nell’offertorio, il sacerdote parla in prima persona singolare nel Suscipe Sancte Pater (l’offerta dell’Ostia) e nelle altre preghiere.[1]

Nel canone, il sacerdozio sacramentale viene distinto dal laicato con le parole minister o servus nel primo caso, e familia o plebs sancta nel secondo caso, e espresso dalle frasi qui tibi offerunt hoc sacrificium …nobis quoque peccatoribus (MD p. 345).

La stessa distinzione viene fatta dal doppio Confiteor all’inizio della Messa (ripetuto alla fine, a seconda delle circostanze): di cui il primo Confiteor viene detto dal sacerdote, il secondo dai fedeli. Qui il sacerdote esercita anche il suo ministero sacerdotale nell’agire come giudice, testimone ed intercessore e nell’impartire l’assoluzione[2]. Il sacerdote viene differenziato dal popolo anche nella doppia santa Comunione, nella prima delle quali «Il Sommo ed Eterno Sacerdote e colui che agiva in sua persona si fondevano in intimissima unione» (Esame Critico V 2).

Il sacerdozio sacramentale è manifesto anche alle orecchie e agli occhi dell’assemblea: nel primo caso dal silenzio del canone e nel secondo caso dai seguenti elementi:

I) i sette paramenti che il sacerdote deve indossare quando agisce in persona Christi;

II) la celebrazione a distanza dal popolo, in un’area separata dalle balaustre, così da esprimere la sua funzione di mediatore;

III) la celebrazione davanti al tabernacolo, dove Cristo nella sua Presenza reale e Cristo nel suo ministro sono visibilmente associate;

IV) la celebrazione da solo, e non insieme a concelebranti dove l’unicità del sacerdozio di Cristo viene oscurata;

V) il fatto che lui stesso distribuisca le sacre particole, come si addice a colui che le ha consacrate (cfr. san Tommaso d’Aquino Summa III Q.82 A.13), e che è il sacerdos: colui che dà il sacro.

Abbiamo già visto come secondo le credenze protestanti, il sacerdozio non abbia un carattere sacrificale che deriva dall’ordinazione, ma sia piuttosto una caratteristica di tutti i fedeli, così che durante la liturgia il celebrante viene considerato solo come colui che presiede.

Nel Nuovo rito, tutte le distinzioni verbali nell’offertorio e nel canone tra sacerdote e laici sono state rimosse, con l’eccezione dell’Orate fratres (che fu mantenuto nonostante l’opposizione della maggioranza del Consilium – MD p. 324). Il doppio Confiteor e la doppia Comunione sono stati sostituiti con un singolo Confiteor e una singola comunione, dove non c’è più distinzione tra il sacerdote ed il popolo[3], e la formula di assoluzione è stata rimossa, come fu rimossa prima dai protestanti.

Alcuni dei paramenti sono stati soppressi; altri, resi opzionali. In certi casi il camice e la stola sono considerati sufficienti per la celebrazione. Il sacerdote, di solito, non è più isolato dai fedeli per la distanza o dalle balaustre; non celebra più faccia al tabernacolo e spesso neppure vicino al tabernacolo (tipicamente ormai privo di croce); non celebra di solito faccia al crocifisso neanche, oppure, se c’è un crocifisso, esso viene normalmente girato verso i fedeli, per “coinvolgerli”. Il sacerdote frequentemente concelebra e non distribuisce la santa Comunione egli stesso oppure lo fa insieme a laici (uomini o donne).

Inoltre, nella terza preghiera Eucaristica, la frase: «populum tibi congregare non desinis, ut a solis ortu usque ad occasum oblatio munda offeratur nomini tuo: continui a radunare intorno a te un popolo che da un confino all’altro della terra offra al tuo nome il sacrificio perpetuo» insinua l’idea che il sacerdozio di cui si tratta nella santa Messa sia condiviso dal popolo, in accordo con l’Istruzione generale: «missa est sacra synaxis seu congregatio populi: la messa è la sacra riunione ovvero la congregazione del popolo di Dio».
_______________
[1] Le due eccezioni sono l’offerta del vino, dove egli parla al plurale perché la preghiera deriva da quella forma di Messa dove sarebbe assistito, a questo punto, da un diacono; e la preghiera In Spiritu Humilitatis, dove egli prega che “il nostro Sacrificio” piaccia a Dio, il che, venendo dopo Suscipe Sancte Pater, si riferisce all’oblazione della congregazione insieme alla divina Vittima (MD p.323).
[2] Don Peter Coughlan spiega che il Consilium eliminò l’assoluzione «nella luce della teologia ecumenica e atteggiamenti che stanno cambiando verso la pratica della confessione» (The New Mass: a Pastoral Guide p.47).
[3] Il confiteor comune era una «completa innovazione nel rito della Messa. Nessuna liturgia cattolica iniziava così prima dell’Ordo Missae attuale» (Ralph Keifer To Give Thanks and Praise p. 111). Quale confiteor comune deriva dalle liturgie protestanti e.g. quelle di Bucer, Calvin, Cranmer, Knox (Thompson, Liturgy of the Western Church, WHH p. 206).

Da Facebook