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Il Ringraziamento

Spiritualità20 Marzo 2018
Radio Roma Libera - Il sacerdozio sacramentale
Testo dell'audio

+ In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen.

Come osserva Padre Nikolaus Gihr, ci sono varie circostanze che aumentano il valore di un beneficio ed obbligano chi lo riceve ad una maggiore gratitudine: la nobiltà ed il pregio del dono, la sua utilità, la frequenza con cui viene dato; la dignità, la generosità e l’amore del donatore; la viltà, la miseria e l’indegnità del ricevente.

Tutte queste circostanze caratterizzano in modo eccelso i benefici che Dio elargisce ogni giorno agli uomini: i benefici naturali, ma soprattutto quelli sovrannaturali, che culminano nel dono del Suo Stesso Figlio. Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma Lo ha dato per noi’, scrive san Paolo (Rom. 8.32), ‘come potrà non donarci ogni cosa insieme con Lui?

Questi benefici non ridondano in alcun modo a Suo vantaggio, in quanto Lui è infinitamente ricco di ogni bene e felicità, bensì vengono elargiti dalle viscere della Sua infinita Bontà e Misericordia unicamente per rendere felici le Sue creature nel tempo e nell’Eternità.

L’oggetto principale del nostro ringraziamento dev’essere dunque il dono che l’Uomo-Dio ha fatto di Sé Stesso a noi; tutte le Grazie che ci ha dato, cominciando col santo battesimo; tutti i doni naturali come la nostra famiglia, i nostri amici, i nostri talenti; tutte le nostre gioie, ma anche le nostre sofferenze, poiché anche queste vengono previste da Dio per il nostro maggior bene.

Comunque possiamo dire, con Padre Gihr, che un oggetto di ringraziamento ancor più sublime del dono del Divin Figlio a noi è la Gloria stessa di Dio. Questo è difatti l’oggetto di ringraziamento che ci viene proposto nella preghiera Gloria in excelsis Deo durante la Santa Messa: Gratias agimus Tibi propter magnam gloriam Tuam. Dio è di per Sé Stesso’ scrive l’autore, ‘cioè secondo la Sua natura, infinitamente glorioso, infinitamente degno di gloria, assolutamente glorioso, la stessa Gloria increata. È questa Gloria interna di Dio eternamente immutabile ed impenetrabile che dobbiamo ammirare, lodare, adorare; può costituire anche un oggetto di ringraziamento per noi, in quanto mediante l’amore perfetto di Dio, la divina Gloria diviene in un certo qual modo nostro possesso e fonte per noi di una santa gioia… Niente piace o diletta di più un’anima amante che la considerazione dell’infinita Maestà, Bellezza, Bontà, Santità, Saggezza, Potenza e Misericordia di Dio; quindi non ci deve sorprendere che l’anima prorompa in un canto gioioso di gratitudine a causa della grande, cioè eterna ed infinita gloria di Dio’.

Occorre dunque ringraziare Dio, anzi ringraziarLo sempre e dappertutto: dignum et justum est, aequum et salutare, semper et ubique gratias agere; occorre vivere in un atteggiamento costante di gratitudine. In ogni cosa rendete grazie’, ci ammonisce san Paolo (I Tess. 5.18), ‘questa è infatti la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi’.

L’Espiazione

Da quando il peccato è entrato nel mondo, occorre espiare (o riparare) l’offesa che ha recato all’infinita Maestà di Dio. L’espiazione adeguata e definitiva per il peccato, quello Originale e tutti i peccati successivi ad esso, fu compiuta da Nostro Signore Gesù Cristo sul duro legno della Croce, ma ogni singola persona è tenuta ad espiare personalmente i propri peccati unendosi a quell’espiazione.

L’espiazione personale si compie in primo luogo nel sacramento della Penitenza mediante la confessione e la contrizione; in secondo luogo nelle preghiere per la misericordia di Dio e negli atti di contrizione al di fuori del sacramento, come l’Atto di dolore. La contrizione si può concretizzare anche in quell’atteggiamento di umiliazione e di dolore costante per i propri peccati che si chiama ‘compunzione’, un atteggiamento salutare che fa riversare sull’anima la Misericordia infinita di Dio: Cor contritum et humiliatum, Deus, non despicies.

Un altro modo per espiare è di vivere, cioè di agire e di patire, con un’intenzione espiatoria. Possiamo distinguerne due livelli. Il primo livello è la coraggiosa accettazione di tutti i disagi e contrattempi della vita, di tutte le tribolazioni e le sofferenze che Dio nella Sua Divina Saggezza vorrà mandarci; il secondo livello è l’offerta a Dio di tutte le nostre sofferenze e gioie, di tutta la nostra vita passata, presente e futura. Si ricorda la parola di san Paolo (Rom. 12.1): ‘Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Questa offerta è un sacrificio, quindi, che si accompagna, nel caso di alcune anime generose, col voto di vittima: cioè il voto di immolarsi completamente a Dio come vittima di espiazione’.

L’intenzione espiatoria

Il momento ed il luogo più adatti per esprimere esplicitamente l’intenzione espiatoria è il Santo Sacrificio della Messa. In questa circostanza il fedele, sia celebrante sia assistente, può unire sé stesso e tutta la sua vita all’atto supremo di espiazione del monte Calvario. L’intenzione viene espressa idealmente all’offertorio; e/o all’immolazione e all’elevazione della Vittima Divina durante il canone; e/o al tempo della Santa Comunione e del ringraziamento come scambio di amore con Dio, Che a Sua volta Si è dato completamente a noi.

Vivere coll’intenzione espiatoria è vivere nello spirito di sacrificio. In questo modo di vivere si uniscono due forme di preghiera vocale, cioè l’espiazione e l’adorazione, in quanto l’adorazione culmina nel sacrificio.

Abbiamo già osservato che la Santa Messa è la preghiera vocale per eccellenza, in quanto comprende in modo eccelso tutti e quattro i tipi di tale preghiera.

La Santa Messa è l’opera infinita di adorazione e ringraziamento

Aggiungiamo ora che la Santa Messa è preghiera nell’unico modo veramente degno di Dio, cioè in modo infinito, in quanto la Santa Messa rende a Dio, da parte del Suo Divin Figlio, un’opera infinita di adorazione, di petizione, di ringraziamento e di espiazione. Di questa opera si rende partecipe la Chiesa nella persona del suo ministro, il sacerdote. Quanto alla nostra preghiera vocale personale, essa ha valore solo in quanto unita alla Sua. Per questo conviene unirla alla Sua in modo anche consapevole: durante la Santa Messa e poi nel corso della nostra vita intiera.

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