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Il Partito Comunista Italiano. Le origini e gli artefici

Recensioni librarie23 Febbraio 2021
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Il 21 gennaio 1921 venne fondato a Livorno il Partito Comunista d’Italia destinato a divenire, col nome di PCI, il più grande partito comunista dell’Occidente. Costretto alla clandestinità durante il fascismo, il PCI divenne, dopo la seconda guerra mondiale, il secondo partito italiano dopo la Democrazia Cristiana, restando sempre fedele alle direttive dell’Unione Sovietica.

Gli anni del maggior successo elettorale del PCI furono quelli del “compromesso storico”, una formula lanciata da Enrico Berlinguer, per realizzare lo storico incontro tra comunisti e cattolici, vaticinato da Gramsci e Togliatti.

Dopo il crollo del Muro di Berlino, il 3 febbraio 1991, il PCI deliberò il proprio scioglimento, promuovendo la costituzione del Partito Democratico della Sinistra (PDS), a cui seguirono nuovi soggetti politici, fino all’attuale PD. La radice ideologica dei partiti che si sono avvicendati negli ultimi trent’anni non è però mutata.

Nello studio Il Pci è e resterà comunista, apparso nel 1976, padre Antonio Caruso dimostrò che Berlinguer operava in perfetta coerenza con Bordiga, Togliatti e Gramsci, i tre artefici della Rivoluzione comunista in Italia nel Novecento, che continuano ad essere celebrati dalla cultura e dalla classe politica dominante.

Padre Antonio Caruso (1919-2010), della Compagnia di Gesù, dopo aver fatto parte, tra il 1958 e il 1963, di un gruppo segreto di gesuiti, che, con l’appoggio dei loro superiori e del Vaticano, militarono attivamente contro il comunismo, è stato redattore politico della Civiltà Cattolica e ha lavorato per 18 anni presso la Segreteria di Stato vaticana.

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