Il Graduale della festa dei Santi Innocenti

Anche dopo che un coro più esperto aveva gradualmente assunto il compito di cantare gran parte dei canti della Messa, si mantenne l’idea del canto alternato tra il celebrante e il popolo. In accordo con un’antica tradizione ecclesiastica, nell’anno 789 Carlo Magno ordinò che il popolo presente intonasse il Sanctus assieme al sacerdote, e che al saluto del celebrante cantasse i responsori.
Affinché ciò potesse procedere con diligenza, l’imperatore ordinò che ogni parroco spiegasse ai fedeli in sua cura anche il significato delle pratiche liturgiche. In certi luoghi della Germania vigeva l’uso che, iniziato il Credo, il popolo passasse subito alla propria lingua. S. Bertoldo di Ratisbona, nella 31ma predica in lingua tedesca in cui tratta della Messa cantata, dice: “Quello che ora segue [al Vangelo] vuol dire: Credo in unum: ciò significa la fede. In quel momento lì, elevate il vostro spirito e incominciate a cantare tutti assieme le invocazioni: Credo nel Padre, credo nel Figlio della mia Signora Santa Maria e nello Spirito santo. Kyrie eleison. E se questa è abitudine, allora è una buona abitudine”.
Qui abbiamo canti popolari in tedesco perfino nelle Messe solenni; ovviamente il coro cantava il Credo anche in latino. Accanto al corale liturgico erano permesse inclusioni in lingua volgare. Così, perlomeno sin dal XIV secolo, avveniva che nelle Sequenze – già vicine ai canti liturgici in lingua germanica – il popolo inserisse, al posto delle strofe latine, quelle in tedesco. Esistono ancora oggi canti della Messa in idioma tedesco del XII secolo; uno di questi è “l’ufficio di lode nella Messa della nostra amata Signora”.
Salve, piena di tutta santità,
Maria, madre e vergine,
Cui vogliono essere tutti sottomessi,
Il tuo ventre puro partorì il Re:
Il Cielo e la Terra e quanto vi è in essi,
Di tutto è signore Gesù Cristo.
Donna, conforta i tuoi servi,
Concilia il tuo amato Figlio
Molto diffuso era un Gloria tropiato del XV secolo, cantato soprattutto nelle Messe della beneamata Vergine Maria. “Gloria sia a Dio nell’alto… Signore, Dio, Agnello di Dio, Figlio del Padre, Unigenito della Vergine e Madre Maria. Tu che togli i peccati del mondo, accetta le nostre suppliche in onore di Maria. Tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi; Tu solo sei il Santo e santifichi Maria, Tu solo sei il Santo e guidi Maria, tu solo sei l’Altissimo e incoroni Maria”.
Nelle Messe lette era cosa normale che l’azione del sacerdote venisse accompagnata dai canti dell’assemblea. Anche prima e dopo la predica, il Venerdì Santo e nelle celebrazioni della resurrezione il Sabato Santo, era uso comune che il popolo cantasse canti in tedesco: nella medesima forma, ciò si può rintracciare con certezza già dall’XI e XII secolo. Quando le popolazioni germaniche – grazie all’influenza del Cristianesimo – ebbero creato una lirica spirituale di così tenera eleganza, della più semplice interiorità del cuore, di tanto meraviglioso vigore trascendente, questi canti non risuonarono solamente al di fuori delle chiese, nell’aperta natura durante i pellegrinaggi, nelle rogazioni e processioni, ma essi, così deliziosi, presero a ridondare entro le mura delle chiese stesse; ancora oggi essi sono di esempio alle altre nazioni.
Il canto tra l’Epistola e il Vangelo si differenzia secondo il decorso e il carattere dell’anno liturgico, e perciò assume anche nomi diversi. Qui e là, i due versi del Graduale appaiono soli; ma il più delle volte sono accompagnati da un’aggiunta: l’Alleluja minore o il Tractus. Per un certo periodo di tempo si omette il Graduale a favore dell’Alleluja maggiore; una sola volta (il Venerdì Santo) esso è sostituito dal Tractus. In alcune Messe è una sequenza a concludere il nostro Graduale. Nel primo medioevo il Graduale era cantato in tutte le Messe; esso era infatti il più antico canto della Messa. Solamente più tardi fu sostituito durante il “tempo pasquale” da un Alleluja, cosicché si hanno per questo periodo dell’anno due Alleluja.
All’origine il testo del canto che fa seguito all’Epistola consisteva in un intero Salmo il quale era cantato in maniera responsoriale, perciò si chiamava “salmo responsoriale”. Dal sec. V-VI, a cagione della sua sfarzosa melodia, esso fu notevolmente accorciato, tanto che, di tutto il Salmo, ne rimase solamente un singolo verso e quindi fu chiamato semplicemente “verso o canto responsoriale”. Da allora, però, il canto introduttivo, cioè il verso ripetuto all’inizio come ritornello, non fu più ripetuto; non c’è più nemmeno il responsorio, poiché non vi è nulla da ripetere, e quindi non si risponde più. Questo dettaglio determinò la scomparsa dell’antico appellativo Responsorium, lasciando semplicemente il titolo di Graduale.
Questo nome (canto sugli scalini) si riferisce al luogo in cui il cantore eseguiva il suo compito. Egli si portava sugli scalini dell’ambone, dove si eseguivano le letture bibliche con l’eccezione del Vangelo, al quale era riservato il gradino più alto. La prima parte del nostro Graduale non ha più il titolo R. (Responsorium) nel messale; e la seconda parte non viene più chiamata come nell’Introito Ps. (Salmo), ma V. (verso). La ripetizione della sezione iniziale rimase solo nell’Introito, mentre nel Graduale venne eliminata. Il testo del Graduale delle Messe più antiche è sempre ricavato dal salterio; ma più tardi si aggiunsero parti tolte da altri libri sacri: rarissimamente vi si trovano parole di provenienza non biblica. Perciò ovunque nella liturgia s’incontrano “parole della sacra Scrittura, che la Chiesa ha scelto quasi come pietre preziose che, con senso delicato, essa fa risplendere nelle sue liturgie”.
Testi del Graduale non biblici si trovano in alcune Messe della Madre di Dio e nelle ricorrenze patronali all’inizio del sec. VII. Il distico: “Vergine, Madre di Dio, Colui che non può essere contenuto in tutto l’universo, / fattosi Uomo ha preso dimora nel tuo grembo” – è un testo graduale metrico. La funzione e il significato del Graduale, cioè del canto dopo l’Epistola, possono essere facilmente riconosciuti e precisati se si tiene presente che esso forma un insieme con gli altri tre pezzi mutevoli, e segue il senso dell’anno liturgico, cioè l’idea base della liturgia – o del sacrificio eucaristico – del giorno, idea che attraversa come un filo rosso il relativo formulario della Messa, e si manifesta in multiformi direzioni.
Pensieri, sentimenti e proponimenti, come già chiaramente espressi nell’Introito, vengono ripresi nel canto tra le letture, cioè attualizzati o sviluppati affinché veniamo sempre più impregnati dello spirito della celebrazione del giorno, e c’immergiamo maggiormente nella profondità del mistero da glorificare tramite la celebrazione del santo Sacrificio. Da ciò segue l’intima connessione tra il canto graduale e le due letture bibliche che esso collega. Sia le letture, sia il canto che le concilia, sono scelti con riguardo all’una e medesima idea del tempo liturgico, ovvero alla celebrazione del giorno: perciò tra loro deve prevalere anche una parentela di contenuto.
Le letture e il canto compongono un’armonia; in ambedue si specchia la singolarità di ciascuna celebrazione, ma in diverse maniere: le letture hanno carattere istruttivo, il canto entusiasma gli animi. Nella lettura Dio si abbassa fino a noi, ci parla, ci rivela i Suoi misteri e la Sua volontà, volge a noi incoraggiamenti e avvertimenti, c’intimorisce con minacce e ci consola con promesse: nel canto invece vibriamo in alto verso Dio e annunciamo la nostra devozione: lodiamo, ringraziamo, amiamo, veneriamo, imploriamo, lamentiamo ed esultiamo.
Questo collegamento armonico o fusione di letture dottrinali con parti cantate di grande effetto conferisce una coinvolgente varietà alla celebrazione liturgica. In tal maniera, con il canto del Graduale, diamo l’espressione più adeguata al nostro elevato sentimento dell’anima: manifestiamo moti gioiosi o dolorosi, diverse sensazioni e proponimenti evocati durante la ricorrenza del giorno ovvero nella Messa quotidiana, in particolare anche tramite le letture. Si deve ricordare che, in un certo senso, questo canto esprime una risonanza o una tonalità dell’Epistola, così come predispone in modo adeguato al Vangelo. Perciò, per cogliere il significato del canto Graduale in profondità, bisogna osservarlo e spiegarlo in questa sua doppia relazione: con la precedente lettura dell’Epistola e con il susseguente Vangelo.
Così suona il Graduale della festa dei Santi Innocenti:
L’anima nostra come
un passero è scampata al laccio
dei cacciatori.
Il laccio è stato spezzato e noi
siamo liberi: il nostro aiuto è nel
Nome del Signore, che ha fatto
il Cielo e la Terra.