Il doppio volto di al-Azhar

La lettera inviata da papa Francesco il 10 gennaio scorso allo sceicco Ahmed Muhammad Ahmad al-Tayyib, «Grande Imam di al-Azhar», con la quale il pontefice, «invocando dall’Altissimo ogni benedizione per la Sua persona e per l’alta responsabilità che ricopre», declina gentilmente l’invito alla Conferenza internazionale a sostegno di Gerusalemme, ha riacceso i riflettori sulla discussa università sunnita del Cairo e sul suo “rettore”, imprudentemente elevati a rappresentanti e interlocutori privilegiati di un supposto islam moderato.
La missiva costituisce tuttavia solo l’ultimo atto di un rinnovato ed inedito rapporto tra la Santa Sede e il più autorevole centro teologico dell’islam sunnita, dopo il gelo creatosi all’indomani del celebre discorso pronunciato da Benedetto XVI il 12 settembre 2006, in occasione della sua lectio magistralis tenuta presso l’Università di Ratisbona.
Un rapporto, quello tra al-Azhar e Santa Sede, che si era poi definitivamente rotto, cinque anni più tardi, il 10 gennaio 2011, quando nel corso del tradizionale discorso al Corpo diplomatico della Santa Sede, Benedetto XVI, citando un attentato ai copti di Alessandria, avvenuto poche settimane prima, aveva esortato i «governi della regione» ad adottare, «malgrado le difficoltà e le minacce, misure efficaci per la protezione delle minoranze religiose». Un’”ingerenza inaccettabile” per al-Azhar e le autorità politiche del Paese, che interpretarono le parole del Pontefice cattolico come un richiamo ai Paesi occidentali ad intervenire in Egitto in difesa dei cristiani. Per sottolineare il suo disappunto, il governo del Cairo arrivò addirittura a compiere il clamoroso gesto simbolico di richiamare la propria ambasciatrice presso la Santa Sede, Aly Hamada Mekhemar, per farla poi rientrare alla fine del mese di febbraio.
Per ricucire lo strappo tra Vaticano e al-Azhar fu necessario attendere l’ascesa al soglio pontificio di Jorge Bergoglio, sebbene i vertici del più antico istituto accademico religioso del mondo islamico tennero a sottolineare chiaramente i limiti della discussione, mettendo in guardia la Santa Sede che «parlare dell’islam in modo negativo rappresenta la linea rossa» da non travalicare. Nel giugno 2013 Mahmud Abdel Gawad, inviato diplomatico dell’università islamica di al-Azhar presso la Santa Sede, spiegò infatti come l’elezione di Papa Francesco avesse “sanato” la profonda frattura creatasi con il suo precedessore, precisando tuttavia di attendere il nuovo pontefice al “varco”: «I problemi che abbiamo avuto non erano con il Vaticano, ma con il precedente Papa. Ora le porte di al-Azhar sono aperte. Francesco è un nuovo Papa. Attendiamo da lui un passo in avanti. Se in uno dei suoi discorsi dichiarasse che l’islam è una religione di pace, che i musulmani non cercano violenza né guerra, sarebbe un progresso».
Papa Francesco non ha deluso le aspettative, incontrando per ben già tre volte, il Grande Imam di al-Azhar, l’ultima lo scorso 7 novembre nello studio privato dell’aula Paolo VI, dopo due precedenti incontri, in Vaticano il 23 maggio 2016 e al Cairo il 28 aprile 2017.
In occasione della visita papale presso l’università di al-Azhar del 28 aprile scorso avevano suscitato imbarazzo internazionale le parole pronunciate dall’imam al-Tayyib, che, per smentire l’associazione tra islam e violenza, aveva espresso un azzardato quanto inopportuno parallelo con le altre grandi religioni monoteistiche: «L’islam non è una religione del terrorismo solo per un gruppo di seguaci che ne manipolano i testi sacri, così come il Cristianesimo non è una religione del terrorismo perché alcuni hanno ucciso nel nome della croce; così l’ebraismo non è una religione del terrorismo solo perché un gruppo di suoi seguaci ha interpretato gli insegnamenti di Mosè, occupando terre e provocando vittime nel popolo palestinese».
D’altra parte il leader del cosiddetto “islam moderato” era già noto, come riporta il libro Islamofollia a cura di Maurizio Belpietro e Francesco Borgonovo, per aver espresso con tali “pacate” parole la propria posizione nei confronti di Israele: «La soluzione al terrore israeliano risiede nella proliferazione degli attacchi suicidi, che diffondono terrore nel cuore dei nemici di Allah» e che «i Paesi, governanti e sovrani islamici devono sostenere questi attacchi di martirio. Le operazioni di martirio in cui i palestinesi si fanno esplodere sono permesse al cento per cento secondo la legge islamica».
L’università di al-Azhar, letteralmente “la luminosa”, il maggior centro religioso sunnita, sotto l’abile guida dell’imam al-Tayyeb, sembra dunque esercitare in maniera esemplare la taqiyah, il precetto islamico presente nel Corano che autorizza, anzi esorta, i fedeli musulmani alla pratica della dissimulazione e dell’inganno al fine di raggiungere gli obiettivi della Jihad.
Una conferma di tale ambiguo atteggiamento si è avuta nelle ultime settimane con la pubblicazione di un interessante studio ad opera dell’Istituto per la ricerca sui media in Medio Oriente (MEMRI), intitolato Two Faces Of Egypt’s Al-Azhar: Promoting Goodwill, Tolerance Towards Christians In Informational Holiday Campaign – But Refusing To Do The Same In Its School Curricula, nel quale gli autori mettono in luce questo doppio volto dell’università egiziana, che, all’esterno promuove campagne informative all’insegna della tolleranza e della pace verso i cristiani, mentre al suo interno, all’opposto, adotta programmi educativi che catechizzano i propri studenti secondo i più ferrei dettami dell’islam radicale.
Come ha riportato a riguardo il Gatestone Institute, se, ad extra, l’attuale campagna informativa di al-Azhar, «Sharing the Homeland», mira infatti a promuovere l’Islam “moderato”, rafforzando i valori della cittadinanza e della convivenza tra gli egiziani e contrastare le “fatwe devianti”, un recente studio pubblicato su el-Watan News rivela che, ad intra, i funzionari di al-Azhar difendono e promuovono programmi scolastici contro la tolleranza e l’accettazione della minoranza cristiana copta in Egitto, licenziando in tronco colui che aveva avuto l’ardire di proporre una “riforma” curriculare. Faceva parte di tale “moderata” e “dialogante” università, come riporta sempre Islamofollia, anche il professore che chiese la testa di Hamed Abde-Sadam, un ex-militante islamista passato sull’altra sponda, condannato a morte dagli ulema del Cairo, perché accusato di aver offeso l’islam e il profeta Maometto.
L’estenuante e ambivalente doppio gioco di al-Azhar ha finito per “disilludere” anche il presidente egiziano Abdel Fattah el-Sisi, che, salito al potere all’indomani del rapido fallimento della “primavera araba” con la deposizione forzata del rappresentate della Fratellanza musulmana Mohamed Morsi, aveva riposto tutte le sue speranze di riforma dell’islam in senso moderato proprio nel centro universitario del Cairo e nella sua guida, l’imam Ahmed al-Tayyib.
Aspettative definitivamente naufragate nell’aprile 2017, con la sonora bocciatura di una proposta di modifica della legislazione interna di al-Azhar risalente al 1961, avanzata dal deputato Mohamed Abu Hamid, noto sostenitore di Sisi, finalizzata a ridurre l’assoluta autonomia dell’istituzione universitaria e dei suoi vertici, ponendoli sotto un parziale controllo governativo. L’iniziativa ha evidenziato però il forte sostegno di cui gode al-Tayyib tra le file dei parlamentari, che si sono subito scagliati contro il disegno di legge, inducendo anche coloro avevano precedentemente sostenuto la riforma universitaria a ritirare il loro sostegno, affermando che la nuova normativa avrebbe danneggiato il secolare status di al-Azhar.
Nell’occasione, come scrive sempre il Gatestone Institute, «il deputato Osama Sharshar presentò un memorandum, firmato dalla maggioranza dei 406 deputati, al presidente della Camera dei Rappresentanti, Ali Abdel Aal, nel quale chiedeva che il disegno di legge venisse accantonato, sottolineando come esso mirasse a danneggiare una delle istituzioni della società egiziana».
L’8 maggio 2017 il disegno di legge è stato così archiviato e il giorno dopo una delegazione di parlamentari ha incontrato lo sceicco al-Tayyib, che li ha calorosamente ringraziati per la loro ferma opposizione, sottolineando come ogni affronto rivolto contro al-Azhar sia un duro colpo per l’Egitto nella sua “esclusiva” posizione di “difensore dell’Islam” e del suo processo di “moderazione”. Parole, quelle del “Grande Imam di al-Azhar”, che rappresentano ancora una volta un’esemplare lezione di taqiyah secondo quanto professato dal Corano e fedelmente insegnato agli allievi della più importante istituzione universitaria islamica.
Questo testo di Rodolfo de Mattei è stato tratto dal periodico Radici Cristiane. E’ possibile acquistare la rivista anche on line o sottoscrivere un abbonamento, cliccando www.radicicristiane.it