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III Domenica di Quaresima – L’ultimo stato di quell’uomo è peggiore del primo

Omelie di un domenicano per l'anno liturgico20 Marzo 2022
Testo dell'audio

La gente ha spesso idee sbagliate sull’esorcismo. S’immagina che sia una sorta di magia, come se l’esorcista avesse bisogno solo di pronunciare la formula corretta, e lo spirito malvagio se ne vada immediatamente. In realtà, dai resoconti che gli esorcisti cattolici danno del loro lavoro, possiamo vedere che il loro compito è più simile a quello di un giardiniere che deve diserbare un’aiuola. Alcune erbacce si possono estirpare dal terreno con un solo colpo, mentre con altre il giardiniere deve scavare intorno e tirare con tutte le sue forze, e anche facendo così l’erba è divelta solo molto lentamente. Così con gli esorcismi: a volte l’influenza del male viene dissipata rapidamente, mentre in altri casi l’esorcista deve dedicarsi alla preghiera e al digiuno, e anche facendo così può solo gradualmente indebolire la presa che lo spirito maligno ha sulla sua sfortunata vittima.

Tuttavia, questa analogia tra l’esorcismo e il diserbo di un’aiuola non è pertinente in un aspetto importante. L’indemoniato deve collaborare con il sacerdote, se vuole guarire. E non solo deve pregare e, se possibile, digiunare, mentre è ancora posseduto; una persona che è stata liberata da uno spirito maligno deve stare molto in guardia, da allora in poi, poiché la malizia del maligno sarà diretta contro di lui in modo sempre più intenso.

Nostro Signore, dunque, parla alla folla dell’uomo dal quale fu cacciato uno spirito immondo, che poi tornò con altri sette spiriti più malvagi di lui. Ma chi è quest’uomo? Perché Nostro Signore non dice “un uomo”, anche se alcune traduzioni hanno questa versione, come se ci dicesse che chiunque è esorcizzato con successo viene poi posseduto in modo peggiore. Piuttosto dice: Quando lo spirito immondo è uscito dall’uomo.

Alcuni interpreti lo intendono come un’immagine di Israele. Questa interpretazione è abbastanza plausibile. Possiamo dire che Israele, come nazione, è stata esorcizzata in due occasioni principali. La prima occasione fu quando divenne una nazione per la prima volta, nell’esodo dall’Egitto. Alla prima Pasqua, quando i Giudei misero il sangue sugli stipiti e sugli architravi delle loro case, Dio disse a Mosè e ad Aronne: così Io farò giustizia di tutti gli dèi dell’Egitto (Es 12,12). Gli dèi dell’Egitto, cioè i demoni, che spingevano il faraone ad opprimere gli ebrei furono rovesciati e Israele fu liberato. Fu un grande sollievo per il popolo; fu un grande esorcismo. Eppure, il fatto stesso che la nazione fosse stata spazzata e adornata da Dio, cioè purificata dalla superstizione e adornata della bellezza del culto divino, servì a incitare la malizia del diavolo. Nel corso dei secoli successivi, gli Israeliti avrebbero invitato gli dèi delle nazioni, cioè i demoni, a prendere nuovamente dimora tra loro. Al tempo del profeta Ezechiele, alcuni Ebrei compirono riti idolatrici perfino nel tempio.

Quindi, Israele aveva bisogno di un secondo esorcismo. Ciò avvenne circa seicento anni prima degli eventi del Vangelo. Dio permise che Gerusalemme e il tempio fossero distrutti e che gli Ebrei fossero deportati a Babilonia. Là, in terra straniera, per preservare la propria identità, gli Ebrei avevano bisogno di dedicarsi più intensamente alla propria Legge e alle proprie tradizioni, che li distinguevano dai Gentili. Con l’aiuto di Dio, si liberarono dalle grossolane forme di idolatria che i loro padri avevano praticato, ed a parte un breve intervallo durante la persecuzione di Antioco Epifane, rimasero da allora in poi liberi da divinità straniere. Tuttavia, i demoni tornarono in un modo più sottile: troppi Ebrei, specialmente tra i loro governanti, divennero pieni di orgoglio nazionale, autosufficienza e disprezzo per i Gentili. Di conseguenza, furono accecati sul fatto che erano anch’essi uomini decaduti, bisognosi di un Redentore, e così quando il Redentore finalmente venne, alcuni di loro dichiararono blasfemamente che era un uomo in combutta con Belzebù.

Tuttavia, possiamo anche vedere un significato più ampio in queste parole di Cristo. Perché un’altra possibile traduzione di ciò che dice è: “Quando lo spirito immondo è uscito dall’uomo”, cioè “dall’umanità”. Questo sembra infatti essere il modo più naturale di leggere le Sue parole. Si riferirebbe così al suo esorcismo del genere umano nel suo insieme: ciò cui si riferisce anche nel vangelo di san Giovanni quando dice: Ora è il giudizio di questo mondo: ora sarà scacciato il principe di questo mondo. Sant’Antonio del deserto, nella Vita scritta da sant’Atanasio, racconta una strana storia. Dice che un giorno era nella sua cella quando qualcuno bussò alla porta. Aprendola, trovò un uomo alto, di grossa stazza, in piedi. “Chi sei?”, chiese sant’Antonio. L’uomo disse: “Io sono Satana”. Sant’Antonio disse: “Perché sei qui?”. Rispose: “Perché i monaci e tutti gli altri cristiani mi rimproverano immeritatamente? Perché mi maledicono ogni ora?”. Poi quando il santo disse: “Perché li affligga?”, l’altro rispose: “Non sono io che li affliggo, ma essi si affliggono da sé stessi si turbano, perché io sono diventato debole. Non hanno letto: Le spade del nemico sono finite e tu hai distrutto le città? Non ho più un luogo, un’arma, una città. I cristiani sono sparsi ovunque, e alla fine anche il deserto si riempie di monaci”. In altre parole, il diavolo è stato cacciato dalla società umana. 

Ma se è così, allora le parole di Cristo non erano solo un commento sullo stato dei Suoi connazionali nel I secolo, ma hanno implicazioni spaventose anche per noi. Proprio come il diavolo ottenne potere su Adamo all’inizio, e poi fu scacciato dalla Croce, così sembra che dopo il suo lungo esilio dal genere umano, durante il quale vagò per luoghi senz’acqua, cercherà di impossessarsi dell’umanità ancora una volta, e in modo più terribile. L’ultimo stato di quell’uomo diventerà peggiore del primo. Una cosa è cadere, come fece Adamo, ma poi ammettere la propria colpa e pentirsi; tutt’altra cosa è perdere ogni senso del peccato e negare perfino l’esistenza del Creatore. Il secondo stato è molto peggiore del primo, ma questo è lo stato in cui il diavolo sembra da tempo, e con successo crescente, aver spinto l’uomo.

Qual è il rimedio? Come difenderci e difendere coloro che amiamo da questo stato di paura? Certamente, con gli esercizi spirituali, come la preghiera e il digiuno, motivo per cui la Chiesa ci fa leggere questo vangelo in una delle domeniche di Quaresima. Ma c’è anche, senza dubbio, una buona ragione per cui la Chiesa ha incluso i versetti finali del nostro vangelo. Mentre diceva queste cose, una donna alzò la voce di tra le turbe e gli disse: Beato il ventre che ti ha portato e il seno che hai succhiato. San Beda dice che questa donna rappresenta la Chiesa cattolica, che professa la verità dell’Incarnazione. Possiamo anche dire che rappresenta tutti coloro che onorano la Beata Vergine Maria come Madre di Dio. In un tempo di crescente attività diabolica, è più che mai importante consacrarci a Lei.

Nostro Signore nella sua risposta mostra cosa comporterà tale consacrazione a Maria Santissima: che la imitiamo. Le sue parole, Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano, non hanno lo scopo di dissuaderci dal guardare la Madonna, anche se servirono in quell’occasione per proteggerla da attenzioni indesiderate. Al contrario, sono un invito a guardare a Lei, poiché Ella più di chiunque altro ha ascoltato la parola di Dio, e non solo nelle Scritture o dall’angelo Gabriele. Ella udì in persona il Verbo di Dio che le parlava, poiché il Verbo si fece carne e dimorò a Nazaret. Ella “custodì” questa Parola, poiché Lo servì, badando a Lui quando era bambino e seguendoLo quando divenne un uomo. Se glielo chiediamo, ci aiuterà a fare lo stesso, e così la casa della nostra anima sarà ben chiusa contro ogni importunità del diavolo.

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