I Padri dell’Occidente (Parte I)

S. Cipriano († 258) in diversi punti elabora stupendi sentimenti riguardanti il Santo Sacrificio della Messa. Chiede ai sacerdoti di essere irreprensibili, dedicandosi di giorno e di notte a cose celesti e spirituali. – Secondo il suo insegnamento, la facoltà di celebrare il Santo Sacrificio costituisce il più bel ornamento e ghirlanda d’onore del sacerdozio cattolico, e per questo motivo la privazione di questo privilegio era considerata la più severa e la più dolorosa delle punizioni. L’altare è il luogo in cui i membri della Chiesa che sono temporaneamente separati dalla distanza, i vivi e i morti, rimangono in costante e intima comunicazione gli uni con gli altri.
Quando il martire aveva consumato la sua testimonianza per Cristo e ottenuto la corona celeste della vittoria, l’assemblea dei fedeli non aveva alcuna offerta migliore per rendere gratitudine al Dio uno e trino di quella per cui la sanguinosa vittoria era stata ottenuta, – vale a dire, il Sacrificio Eucaristico. Nell’anniversario del martirio, il Santo Sacrificio veniva sempre ripetuto. Per gli altri defunti il Santo Sacrificio veniva offerto per l’altra intenzione di ottenere il riposo per le loro anime. Le testimonianze più copiose riguardanti il Santo Sacrificio della Messa sono contenute nella lettera di S. Cipriano a Cecilio.
Questa lettera, chiamata da S. Agostino “liber de sacramento calicis“, è un classico lavoro a prova della dottrina del sacrificio. In essa il Santo combatte l’abuso e il disordine che si era ottenuto in varie parti dell’Africa usando solo acqua nella celebrazione del Sacrificio Eucaristico invece del vino mescolato con acqua. All’inizio della lettera, Gesù Cristo, nostro Signore e Dio, è chiamato “l’Autore e Maestro del Sacrificio Eucaristico“.
Il passaggio principale (n. 14) è il seguente: “Se Gesù Cristo, nostro Signore e Dio, è Egli stesso il Sommo Sacerdote di Dio Padre, e se Egli per primo ha offerto se stesso al Padre come sacrificio, comandando di fare lo stesso in commemorazione di Lui, allora, di fatto, quel sacerdote prende veramente il posto di Cristo (vice Christi vere fungitur), colui che imita ciò che Cristo ha fatto, e poi offre a Dio Padre un vero e perfetto sacrificio (verum et plenum sacrificium), solo quando egli offre il Sacrificio in modo tale che egli vede che Cristo stesso lo ha offerto”.
S. Ambrogio († 397), da strenuo promotore della dignità e della bellezza del servizio divino, si è espresso in modo conciso e convincente per quanto riguarda il Sacrificio dell’Altare. “Se solo un angelo si mettesse al nostro fianco e si rendesse visibile, quando bruciamo incenso all’altare, quando celebriamo il Sacrificio (sacrificium deferentibus)! Perché non potete dubitare che gli angeli sono presenti, quando Cristo è lì, quando Cristo viene sacrificato (immolatur)”
“Abbiamo visto il Principe dei Sacerdoti (Cristo) venire a noi; abbiamo visto e sentito in che modo Egli ha offerto il Suo Sangue per noi. Noi sacerdoti Lo imitiamo, come è nostro diritto, offrendo il Sacrificio per i fedeli. Anche se siamo poveri di meriti, diventiamo degni di venerazione per mezzo del Sacrificio. Anche se al momento non vediamo (con i nostri occhi corporei) Cristo che celebra, è ancora Lui stesso che viene sacrificato sulla terra, quando il corpo di Cristo viene offerto. Sì, Egli si offre visibilmente con noi, Suoi servitori, poiché la Sua parola santifica il Sacrificio che viene offerto“. Qui è chiaramente affermato che sull’altare Cristo non è solo il Dono Sacrificale, ma, inoltre, il capo Sacrificatore, che attraverso i ministeri del sacerdote visibile compie l’azione Eucaristica Sacrificale (ipse offerre manifestatur in nobis).