I monasteri e la tecnica nell’Alto Medioevo

Nell’Alto Medioevo non si ebbero purtroppo grandi progressi in campo scientifico. Le invasioni barbariche e la dissoluzione dell’Impero Romano d’Occidente avevano creato un vuoto intellettuale e materiale in tutta la Cristianità occidentale. Erano andati perduti in gran parte i metodi di coltivazione e la produzione artigianale era ridottissima.
L’opera dei monasteri fu allora provvidenziale perché l’eredità di Roma non andasse definitivamente perduta. In quei santi luoghi non solo si dette vita a un’industria scrittoria e libraria (miniature, oreficeria, legatoria) che mise in salvo i testi letterari del mondo romano, ma per le necessità dei monasteri stessi, i fabbro-ferrai ripresero la fabbricazione degli utensili domestici e degli attrezzi agricoli, quale aiuto alla vita di ogni giorno.
Il lavoro in Grecia e a Roma
L’antica Grecia si era dedicata alla pura conoscenza, che ha finalità teoretiche ma non pratiche; aveva inoltre gettato le basi della matematica e della geometria (Pitagora ed Euclide per citare i massimi); i testi scientifici greci erano alla base degli studi dell’epoca medievale, tra questi la Fisica di Aristotele, un classico studiato e seguito dagli “uomini di scienza” sino alle soglie del Rinascimento.
In breve, nell’età classica aveva fatto la sua comparsa l’uomo teorico, e assai limitato era stato l’apporto dato dalla scienza alle “arti”, dedite alle attività pratiche. La tecnica come arte del fare, attività pratica, aveva un ruolo subordinato rispetto alla scienza pura.
I greci disprezzavano il lavoro, anche quello dell’inventore, atteggiamento mentale causa ed effetto insieme dell’istituto della schiavitù, tanto da far ritenere ignobile perfino il lavoro artistico. A detta di Plutarco (Vita di Marcello) nessun giovane bennato avrebbe voluto essere un Fidia o un Politteto. Quel sistema produttivo permetteva ai greci di dedicarsi alla polis, alle lettere, alla scienza, alla filosofia.
I romani, invece, con il loro senso pratico fecero della tecnica un’arte. Gli scritti di Plinio, Vetruvio e Comunella testimoniano che la tecnica godeva di un grande prestigio sì da essere oggetto della loro attenzione.
A dare prova dell’alto livello raggiunto dalla tecnica nell’antica Roma sono rimaste moltissime opere di grande valore, per secoli ammirate e imitate. Per fare alcuni esempi, grazie alla tecnica di costruzione e alla abbondante manodopera disponibile il Colosseo fu, pur non completato, inaugurato dopo sei anni dall’inizio lavori, un record non solo per quei tempi. Per non dire della Domus aurea, che aveva una stanza rotante, e del Pantheon con l’immenso tetto a volta.
Le innovazioni del Medioevo
Ritornando in argomento, si deve al Cristianesimo se il lavoro acquista dignità, soprattutto il lavoro manuale. “Prega e lavora, e non rattristarti”: è l’invito di san Benedetto all’uomo di tutti i tempi: glorificare il Signore e realizzare il proprio avvenire in letizia con il lavoro.
In quei secoli “oscuri” è nei monasteri che inizia a svilupparsi e perfezionarsi la tecnica, specialmente in agricoltura, per poi applicarsi ad altri settori (tessile, laniero, metallurgico, chimico, ecc.) sfruttando le forze della natura, l’acqua e il vento. Il ferro, come sopra accennato, fa di nuovo la sua apparizione e si passa dagli attrezzi di legno a quelli di ferro (vanghe, vomeri, ecc.), e i campi diventano più produttivi.
Si lavora sodo con l’aiuto di nuove tecniche: si dissodano terreni divenuti sterili ridando ad essi fertilità, si prosciugano terreni paludosi, si colonizzano aree selvagge o desertiche. Vi fu un vero rinascimento della tecnica. Agli attrezzi non andati perduti o dimenticati già in uso presso i romani, se ne crearono altri: è la tecnica che sviluppa se stessa e si fa promotrice di altre tecniche. San Tommaso d’Aquino aveva previsto lo sviluppo degli «strumenti d’infinite specie per gli infiniti effetti».
Vediamo in breve alcune conquiste tecniche dell’Alto Medioevo.
I finimenti dei cavalli, l’uso della sella, del morso, dei ferri agli zoccoli. Questi mezzi consentirono di usare meglio il cavallo in agricoltura e nei trasporti.
- Verso il XIII secolo apparve l’aratro a ruote.
- Nel XII secolo scomparve la nave a remi, la navigazione procedeva con ampie vele sfruttando il vento, come pure la scoperta del timone ad angolo che rendeva la nave più manovrabile.
- Il mulino ad acqua ad opera dei cistercensi si perfeziona. Specialmente in Germania si fecero pionieri dell’utilizzazione dell’energia idraulica nei mulini da grano, nelle fonderie, nelle fucine, nelle segherie, nelle miniere.
- Nel campo tessile si sviluppa una primitiva meccanizzazione dei singoli processi elementari: i telai a pedali e gli arcolai a mano. La produzione del panno di lana a Firenze, eseguita con metodi “moderni”, si deve in parte ai monaci Umiliati, che vivevano secondo la regola di san Benedetto, trasferitosi a Firenze nel 1239.
- In architettura si passa dallo stile romanico, che aveva fatto rivivere l’antica tecnica di costruzione di volte, allo stile gotico, questi portò delle innovazioni: pilastri e archi rampanti, siamo nel XII e XIII secolo.
- Per quanto riguarda la chimica si ha la distillazione del vino: l’alcool. Inoltre, per l’importanza che aveva nel campo della metallurgia, la scoperta dell’acido solforico e nitrico, distillando a secco l’allume e il vetriolo.
- Alla meridiana, per la misura del tempo, si sostituisce l’orologio a pesi e a ruote, che fissa le ore di uguale misura. Non si hanno più in estate ore diurne più lunghe e ore notturne più corte e in inverno l’opposto.
“… Un acceleratore della storia”
Con questa invenzione si intravede il futuro della tecnica, dall’imitazione della natura a un all’allontanamento da essa: il meccanismo tecnico aveva prevalso sulla natura. Dall’utensile e dall’attrezzo si stava passando alla macchina. La “razionalità” del Medioevo aveva dato impulso allo sviluppo tecnico-scientifico. E senza andare oltre, riportiamo una riflessione di Sergio Cotta: «è la tecnica un acceleratore della storia».
Infatti, le scoperte tecniche sopra accennate sono state di grande valore e di grande influenza sulle condizioni economiche e sociali, sì da contribuire fortemente al loro cambiamento. È ai grandi monasteri che va riconosciuto il ruolo primario nella ripresa commerciale ed economica che si verificò a cavallo dell’anno Mille.
Ricordiamo che ogni grande monastero aveva le sue officinae e camerariae. Gli artigiani che portarono la loro arte nelle città avevano fatto esperienza tecnica nei monasteri, siamo agli inizi di procedimenti industriali organizzati e razionalizzati.
Nei secoli XII e XIII l’Alto Medioevo è già lontano, si respira un vivere nuovo, la vita cittadina dei Comuni è tutto un fervore di attività, la moneta riappare negli scambi commerciali, i mercanti e gli artigiani sono in crescita e le produzioni diventano sempre più varie.
La terra non è più la fonte principale di ricchezza, peraltro già minata dal superamento del sistema curtense; si affermano nelle città nuove forme di ricchezza attraverso la manifattura e i commerci. Non è raro contare in alcune città dalle 50 alle 60 corporazioni con centinaia di maestri.
Si può dire che i grandi protagonisti nell’Alto Medioevo sono il lavoro e il progresso della tecnica, preludio al mondo moderno.
Dio inizio e fine del progresso tecnico
A conclusione di questo breve excursus sulla tecnica dei secoli “oscuri” – tecnica che dà lustro insieme ad altri fattori a un’epoca dal valore misconosciuto – si deve dire che con il passare dei secoli questa ha cambiato volto.
L’uomo medievale considerava la tecnica al servizio dell’uomo, un mezzo per lenire le fatiche, per superare le difficoltà che la natura poneva al suo operare. Era ancora un porsi umilmente di fronte alla natura come nei tempi antichi.
Con il Rinascimento le conoscenze pratiche si fusero con quelle scientifiche, ed ebbe inizio l’epoca moderna, in cui scienza e tecnica, grazie al contributo fondamentale ad esse dato dalla matematica, marciano insieme, sono diventate fattori complementari che si condizionano a vicenda, sulla via del progresso.
Sin dal Rinascimento sono le arti meccaniche a contribuire moltissimo allo sviluppo delle scienze e ad acquisire un ruolo non più subordinato, una propria autonomia. Gli scienziati si rivolgono agli artigiani perché forniscano strumenti di alta precisione di cui abbisognano per effettuare gli esperimenti.
All’abilità degli artigiani si accompagnano ormai competenze tecniche e conoscenze scientifiche. Un’idea da realizzare o una conoscenza da raggiungere guidano lo scienziato e l’inventore del Rinascimento, aprendo così la soglia del mondo moderno, oggi da molti chiamato “età della tecnica”. E il tutto ha inizio nei grandi monasteri dell’Alto Medioevo, i quali seguendo la regola di san Benedetto, nelle loro pratiche quotidiane contemperarono la meditazione e la preghiera con altre attività d’ordine pratico, sviluppando numerose tecniche, come sopra visto, da applicare a molteplici campi d’attività.
La nostra epoca ha radici profonde, può considerarsi un ramo del grande albero della civiltà. Tutto ciò che l’uomo, imago Dei, crea è frutto della sua intelligenza e della sua libertà. Ma rivolti al senso di questa nostra epoca, ci chiediamo: dove ci condurrà l’homo faber? La nostra è un’epoca grandiosa nei mezzi e misera nei fini. E come ogni epoca ha lati oscuri e lati luminosi, si seguita incessantemente a lottare contro le tenebre, tenebre così fitte da far temere che Dio sia morto.
Come sembra incomprensibile all’uomo d’oggi l’invito del poeta tedesco Ernest von Wildenbruc:
Darsi e votarsi al lavoro, in silenzio
è elevare l’anima in preghiera.
La muta ricerca d’una muta preghiera,
da Colui che tutto comprende, è compresa…
Cercate Lui nel creare!
E come risulta veritiero l’insegnamento di Pio XII nel lontano 1953: «È innegabile che il progresso tecnico viene da Dio, dunque può e deve condurre a Dio».
Le tecnologie, con i suoi risultati e i suoi traguardi, non appare più, come li descrisse uno studioso italiano «aspetti e momenti essenziali nella compiuta attività spirituale dell’uomo», stiamo già vivendo all’alba di una società nuova, nel bene e nel male, che fa presagire un futuro umano troppo umano contro l’uomo. Non dimentichiamoci mai che l’albero della conoscenza del bene e del male, peserà in eterno sui destini dell’umanità.
Questo testo di Eugenio Ragno è stato tratto dal periodico Radici Cristiane. È possibile acquistare la rivista anche on line o sottoscrivere un abbonamento, cliccando www.radicicristiane.it