«Hai spezzato le mie catene» (Parte I)

Dopo la descrizione di tanti dolori e di tante pene, eccoci giunti finalmente a parlare di quell’ora benedetta nella quale l’anima purificata dall’espiazione se ne vola al cielo, pura come quando Iddio la ebbe creata e felice di sentirsi unita per sempre al suo bene. Chi potrà riferire le gioie di quel momento?… Il paragone dell’esule che ritorna in patria dopo i lunghi giorni dell’assenza e rivedendo le rive amene della terra natia, pazzo di gioia riabbraccia i parenti e gli amici che colle festose accoglienze gli fan dimenticare il pane amaro dell’esilio, e troppo debole, per confrontarsi a quell’ora, ora benedetta, in cui l’anima non rientra nella misera patria terrena, ma nella felice dimora celeste preparatale dal suo Dio. Niuna lingua può ridire, senza averlo prima provato, il giubilo di quell’ora. Unico mezzo che ci resta per formarci una languida idea di quel momento fortunato, sono le rivelazioni dei Santi, sulla scorta delle quali esporremo brevemente in questo capitolo l’avvenire riserbato alle anime.
Si tratta di una festa per tutto il Paradiso. Per la liberazione di un’anima dal Purgatorio, ne gode il Signore e la Vergine, gli Angeli e i Santi ne esultano; i beati comprensori si fanno incontro alla nuova fortunata, ormai loro compagna per tutta l’eternità. S. Teresa mentre stava un giorno ad ascoltare la S. Messa in suffragio di un Padre Gesuita virtuosissimo e morto poco tempo prima, vide nostro Signore scendere in Purgatorio, col volto raggiante di bontà e di misericordia, a cercare quell’anima fortunata per condurla in cielo, e questo in ricompensa della grande umiltà professata in vita dal defunto, come ebbe a dire nostro Signore alla Santa (Vita della Santa, capit. 38).
Chi potrà poi dirci lo splendore della gloria che irradierà quelle anime? Diceva santa Caterina da Siena, che l’anima santa nel possesso della sua felicità è spettacolo così meraviglioso e sublime, che se a noi fosse dato una volta sola contemplarlo, non potremmo sostenerne la vista e ne morremmo di felicità. Occhio umano non ha mai visto cose più belle, orecchio umano non udì mai armonie più soavi di quelle che si godono in cielo! Speriamo di vedere un giorno anche noi, fra gli splendori dell’eternità, le meraviglie di quel regno beato; ma fino a quel giorno noi poveri bambini balbettanti non potremo mai arrivare a parlare di cose tanto sublimi, e lasciando inesplorati i solenni decreti del cielo, ci sarà sol di conforto la speranza di possedere in un tempo non lontano la scienza divina di quelle perfezioni!