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Fonte da cui La Vita Cattolica riceve il suo Spirito di Sacrificio – Parte XIV

Liturgia20 Luglio 2023
Testo dell'audio

L’uomo “continua a combattere, si sforza, soffre qui sulla terra; per cui è attratto dal suo
Redentore, che gli appare non nello splendore della Sua gloria, ma in un’indicibile
umiliazione, che gli è presente in sacrificio, la cui discesa sull’altare è un oggettivo e vero
memoriale della Sua passione. Così il cuore umano, peccatore e colpevole, desidera avere
vicino il suo Dio, ha bisogno che Egli non appaia come il Dio giusto che vendica il peccato,
ma come la vittima che ha sopportato le nostre infermità e tolto i nostri dolori, sulla quale il
Padre ha posto l’iniquità di tutti noi! (Is 53, 6). Così il cuore umano, debole e afflitto, ha
necessità che in questa vita, finché ne fanno parte la prova e il lutto, il peccato e la
tentazione, possa essere in grado di guardare al Sommo Sacerdote che, provato in tutte le
cose, ‘ha compassione per la nostra fragilità’.
“Ancora una volta, non tutta l’umiliazione è senza prospettive, né tutto il dolore senza
speranza, perché è il Cristo glorificato che vediamo presente nel Suo santuario, e quindi
contempliamo nella Sua gloria il pegno della nostra trasfigurazione nella buona stagione.
Come nella vita della Chiesa l’oscurità del Venerdì Santo e le gioie della Pasqua, come nella
vita di ogni singolo uomo il dolore e la speranza di salvezza, il bisogno quotidiano e la fiducia
nella redenzione, si susseguono e si mescolano fra loro, così Cristo è qui presente povero e
umile, come una volta fu nella mangiatoia, e di nuovo è qui sul trono della Sua maestà e
gloria; perché è Lui che ha vinto il mondo, che, elevato sulla Croce, attira tutti i cuori a Sé, e
davanti al quale tutte le creature si inchinano in adorazione. Qui è il nostro Golgota dove
piangiamo sotto la Croce, e il nostro Tabor, dove costruiamo tabernacoli per ricevere la pace
del Cielo, l’angoscia del Getsemani e la mattina di Pasqua, la morte mistica e la fonte della
vita. Così il nostro Salvatore è qui, invisibile eppure visibile, un Dio nascosto eppure evidente

ai nostri occhi. Perché in questo Sacramento è apparsa per noi tutta la bontà e l’amore del
nostro Dio (Tt 3, 4).
Così il cuore umano non ha bisogno di mera umiliazione, non di solo dolore, e ancora non di
semplice esaltazione, non soltanto di soddisfazioni. Perché questa vita terrena non è né
l’una né l’altra. Ma in Lui, l’Amico e Sposo delle anime, che ha sofferto tutto ciò che l’uomo
sopporta e ancora molto di più, che nel dolore silenziosamente e tuttavia così udibilmente ci
dice parole di incoraggiamento, nel Redentore glorificato, che grida a noi: Abbi fiducia, Io ho
vinto il mondo (Gv 16, 33), in Lui l’anima impara a capire il vero significato della vita, e da Lui
riceve la risoluzione e la forza di immolarsi anche con il Sacrificio offerto sull’altare. Ora
l’anima comprende il Santo Sacrificio come la radice e la corona di tutto ciò che è grande,
nobile e sacro nell’umanità; ora prova piacere nel restituire l’amore per amore, vita per la vita,
donandosi in sacrificio a Colui che per primo offrì se stesso e tutte le cose in sacrificio per
lei.
Così l’altare diventa il santuario della Chiesa, la fontana dell’acqua viva da cui sgorga tutto
ciò che è grande e sublime, tutto ciò che è glorioso e divino sul vasto mondo. Sull’altare
dove il Primogenito tra i Suoi fratelli abita sulla Sua Croce e sul Suo trono, l’umanità vede il
suo modello, il suo futuro, tutta la sua storia; qui l’umanità comprende tutte le sue
sofferenze, le pone sull’altare, dove l’Uomo dei Dolori li benedice e li trasforma in benefici;
qui l’umanità comprende tutte le sue gioie, perché la Sua esaltazione è l’esaltazione
dell’uomo, la Sua vittoria è la vittoria dell’uomo; nella bellezza del Suo corpo, un tempo
sfinito dalla lotta e lacerato dai tormenti, l’umanità vede l’immagine della propria gloria”
(Hettinger).
I misteri gioiosi, dolorosi e gloriosi, che sono rappresentati e celebrati sull’altare
nell’Eucaristia, diventano tante figure della nostra vita, come inizia e come trascorre sulla
terra e come si proietta nell’eternità. Perché la vita è fatta di gioia e di dolore, che conducono
alla gloria eterna. Gioie e dolori alterni, consolazioni e prove, speranze e visitazioni
compongono la nostra vita, finché tutta la gioia e il dolore terreni cessano, finché ciò che è
mortale viene assorbito da ciò che è immortale e trasfigurato nella gloria del Cielo. – Allo
stesso tempo troviamo all’altare un potente aiuto e sostegno per conservare sempre umiltà e
gratitudine tra gioie e dolori, e non perdere mai pazienza e resistenza in mezzo a dolori e
prove. – “L’amore di Cristo ci spinge”, ci infiamma e ci anima a fare ogni sacrificio; quindi con
l’Apostolo esclamiamo in tutta fiducia: “Chi allora ci separerà dall’amore di Cristo? La
tribolazione o l’angoscia o la fame o la nudità? O il pericolo o la persecuzione? o la spada?
Ma, in tutte queste cose noi siamo più che vincitori (supervincimus) in virtù di Colui che ci ha
amati. Infatti sono persuaso che … nessuna creatura potrà separarci dall’amore di Dio, che è
in Cristo Gesù nostro Signore” (Rm 8, 35-39).

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