Firenze e il “suo” Concilio

Nella storia della Chiesa fiorentina un posto di tutto rilievo è occupato dal Concilio del 1439, che seguì il Concilio di Costanza e quello di Basilea. Quest’ultimo fu convocato nel 1431 da papa Martino V nel tentativo di ritrovare l’unità fra la Chiesa latina e quella ortodossa, divise dallo scisma del 1054, e risolvere anche la spinosa questione del potere supremo sulla Chiesa, questione aperta dai conciliarismi, che volevano limitare fortemente l’autorità del papa.
Il Concilio fu poi spostato a Ferrara e da qui a Firenze, sia perché a Ferrara cominciava ad imperversare la peste, ma anche per le pressioni di Cosimo il Vecchio, princeps della futura dinastia medicea, ma già tanto forte da premere per imporsi all’attenzione della scena internazionale.
Firenze, città “unificante”
Il 21 gennaio 1439 giunse da Roma – con gran seguito di cardinali, vescovi, teologi e umanisti – papa Eugenio IV, che nel frattempo era succeduto a Martino V, e nel febbraio seguente il patriarca di Costantinopoli Giuseppe II, anch’egli con gran seguito di dignitari e teologi, fra i quali il celebre Basilio Bessarione, insieme all’imperatore bizantino Giovanni Paleologo.
Com’è noto, il Concilio sancì la riunione delle due Chiese latina e ortodossa, ma l’unità fu quanto mai effimera e durante il viaggio di ritorno in patria i Bizantini se l’erano già rimangiata.
È vero che la scelta della sede cadde su Firenze, perché Ferrara stava per essere investita dalla peste; è vero anche che Firenze aveva tutta la forza politica ed economica per imporsi a livello internazionale; ma la scelta non dipese solo da motivi politici o di opportunità: l’elezione di Firenze andò invece a confermare la centralità strategica della Chiesa fiorentina come fattore unificante, fedele ed obbediente a Roma, ma protesa alla comunione, alla «koinonía» con le altre Chiese.
Il primato di Pietro
La maturità ormai acquisita dalla Chiesa di Firenze in questa occasione fu evidente quando, accanto alla disponibilità al dialogo coi Bizantini, essa fu esplicita nel riaffermare la dottrina del Primato del Successore di Pietro su tutta la Chiesa, al fianco di Roma. La ferma posizione del presbiterio fiorentino su questo punto costrinse tutti gli Stati della cristianità a fare una scelta di campo, e anche se l’unità auspicata fu di troppo breve durata, restò comunque il fatto della prova di carattere e di identità spirituale di questa Chiesa.
Questo testo di Neri Pierozzi è stato tratto dal periodico Radici Cristiane. E’ possibile acquistare la rivista anche on line o sottoscrivere un abbonamento, cliccando www.radicicristiane.it