Elogio delle feste popolari

Quest’anno si è svolta in tono minore la cosiddetta Festa de’ Noantri, la festa che a Trastevere raccoglieva migliaia di persone per la processione della Madonna del Carmine per le vie del quartiere. Credo sia la prima volta in tantissimi decenni che questa processione non si svolge, una processione attesa non solo dai trasteverini ma anche da tanti romani e da tante persone che vengono da fuori. Certo, senza considerare la pandemia, bisogna dire che comunque questa festa era calata di tono già negli ultimi decenni.
Ricordo quando io ero ragazzo, come questa festa fosse veramente sentita nel quartiere, tutto il quartiere sembrava illuminarsi, e non solo perché si mettevano le luminarie, per questo evento. Anche la festa civile, con bancarelle e spettacoli, era veramente imponente. Ricordo alcuni spettacoli sulla piazza di Santa Maria in Trastevere con artisti di primo piano, che venivano lì per intrattenere il foltissimo pubblico intervenuto, ricordo le bancarelle che vendevano i panini con la porchetta, ricordo le bancarelle con ogni tipo di cianfrusaglie, ricordo la folla enorme che interveniva a questa festa. Era anche un’occasione per rivedere tante persone che avevano lasciato il quartiere per motivi vari e che ora tornavano anche per rendere onore alla Madonna del Carmelo.
La festa, quando io ero adolescente, si svolgeva per la maggior parte nella Basilica di San Crisogono, che per otto giorni era stracolma di fedeli. Le messe erano celebrate da cardinali, vescovi e dai parroci del quartiere. La folla che interveniva era veramente enorme, tanto che la Basilica poteva a malapena contenerla. Essendo membro dell’arciconfraternita del Carmine, che organizza i festeggiamenti religiosi e che custodisce la statua della Madonna del Carmine, a volte suonavo o guidavo la preghiera del rosario. Ricordo questo mare di persone, persone che affidavano alla Madonna le proprie sofferenze e le proprie pene. Oggi tutto questo è un ricordo, la festa si è molto ridotta e questo mette una grande tristezza, perché è un altro segno di una fede che ha forgiato la nostra nazione e che oggi viviamo sempre più in sottofondo.