L’elemosina (Parte I)

Fra tutte le opere di carità evangelica, poche ve n’ha che ci siano con tanta insistenza nella Scrittura raccomandate, quanto l’elemosina. Per mezzo di questa, diceva l’angelo a Tobia, l’uomo si salva dalla morte e trova grazia dinanzi a Dio (Tobia XII, 9). Il nuovo Testamento ne parla con tali espressioni che par quasi sia promessa ricompensa a quelli soli che praticheranno questa virtù. L’Ecclesiastico dice che come l’acqua spegne il fuoco, così l’elemosina spegne il peccato (Eccli. III, 33).
Quindi è che il far l’elemosina coll’intenzione di applicarne il merito alle anime del Purgatorio è lo stesso che versare balsamo salutare sulle piaghe che le divorano. Di più, quest’atto acquista allora doppio merito per chi lo fa quello della carità esercitata verso i poveri e quello del sollievo delle anime purganti; sicché facendo l’elemosina in questo modo si viene ad acquistare con un atto solo il diritto a un doppio grado di gloria nel cielo. Quest’atto poi contribuisce in due maniere al sollievo dei defunti: primo, col valore soddisfattorio che ha di per sé; secondo, colle preghiere che i poveri così beneficati fanno pei loro benefattori, preghiere che Dio ha promesso di esaudire in modo tutto speciale: Desiderium pauperum exaucdivit Dominus (Ps. g, 37). Oltre a ciò l’elemosina è quasi la sola opera che possa essere fatta utilmente per le anime del Purgatorio anche da coloro che per disgrazia vivono in peccato mortale, poiché sebbene non abbia per essi la sua virtù soddisfattoria, non cessa tuttavia dall’avere efficacia, se si consideri che le preghiere del povero beneficato sono profittevoli e a colui che ha fatto l’elemosina per ottenergli la grazia della conversione, e all’anima penante in suffragio della quale l’elemosina è stata fatta, per mitigarne le sofferenze.
Non deve quindi stupirci il vedere molte anime pie e molti Santi devoti delle anime del Purgatorio ricorrere a questo mezzo tanto efficace. Era questa l’opera prediletta di S. Gregorio Magno, il quale per sollevare più efficacemente quelle meschine, l’accoppiava sempre all’oblazione del divin Sacrificio, e le numerose apparizioni che ebbe gli rivelarono quanto fosse efficace questa duplice carità. Tale uso invalse poi e divenne legge presso i Benedettini ed in molte famiglie religiose, tanto che, come dicemmo altrove, la regola di S. Benedetto prescrive che quando uno dei monaci passa all’altra vita, venga offerto per trenta giorni in riposo dell’anima sua il santo Sacrificio, e durante questo tempo si distribuisca ai poveri la sua porzione di cibo. – Le esortazioni poi dei santi Padri a questo proposito sono incessanti ed assai istruttive.
S. Ambrogio dice: Quando la morte v’abbia tolto un figlio o un parente amato, per la cui perdita il vostro dolore è inenarrabile, e vorreste ancora poterlo assistere, consigliare, difendere, senza che però possiate far ciò, pensate allora che nulla v’ha di più efficace e gradito a colui che rimpiangete e che forse avreste voluto lasciar vostro erede, quanto l’assistere i suoi coeredi viventi cioè i poveri, a vantaggio dei quali potete fare quel che avreste voluto dare e fare a pro dell’estinto. Così assistendo nella persona dei poveri la persona da voi perduta, metterete questa più sollecitamente in possesso dei beni eterni, invece di qualche misero bene temporale che avreste potuto lasciargli (S. Ambrogio, Sermo de fide resurrectionis): – Dio volesse che i consigli di questo santo Vescovo fossero fedelmente eseguiti! Le anime dei nostri defunti sarebbero efficacemente sollevate, e seguiterebbero a godere indirettamente di quei beni che loro appartenevano, e con quell’oro che spesso serve ad alimentare la vanità dei vivi persino in futili dimostrazioni di duolo, quelle povere infelici guadagnerebbero il cielo. O mio Dio, inserite voi nel cuore dei ricchi il sentimento sublime che il povero solo può formare la loro felicità.
Un dotto scrittore suggerisce il consiglio, che noi riteniamo molto utile, che quando un povero batte alla porta della nostra casa, o ci stende la mano per la via, noi fingiamo sia un’anima del Purgatorio, quella per esempio d’uno dei nostri parenti, che si rivolge alla nostra carità e ci prega di non dimenticarla: in tal modo non negheremo l’elemosina e faremo efficacissimo suffragio al defunto che ci è caro. Se questo bellissimo pensiero fosse profondamente scolpito nella nostra mente, i poveri vi guadagnerebbero molto in questo mondo, e le anime del Purgatorio ne trarrebbero immensi vantaggi nell’altro.