< Torna alla categoria

Domenica in Albis

Omelie di un domenicano per l'anno liturgico24 Aprile 2022
Testo dell'audio

Metti qua il tuo dito, e guarda le Mie mani; accosta anche la tua mano e mettila nel Mio costato;
e non voler essere incredulo, ma fedele

Ora che abbiamo avuto una settimana per assaporare, per così dire, la gioia della Resurrezione, la liturgia di oggi, senza distoglierci dal gaudio pasquale, ci ricorda ancora la Passione di Cristo, e soprattutto le Sue sacre Piaghe. Già nell’Epistola san Giovanni allude alla ferita fatta dal centurione al costato di Cristo, quando dice: È Lui che è venuto per mezzo dell’acqua e del sangue, Gesù Cristo: non nell’acqua solo, ma nell’acqua e nel sangue. Trovo queste parole misteriose: qual è esattamente il paragone che fa san Giovanni, quando dice che Nostro Signore è venuto con il sangue e non con l’acqua? Forse vuol fare un paragone tra Cristo e san Giovanni Battista. Il Battista venne solo con acqua – anche se fu pure lui un martire –, poiché il Battista non aveva nulla da offrire al popolo se non il suo battesimo di preparazione, a differenza di Cristo, Che versò il Suo Sangue per la redenzione di molti. O forse l’Apostolo fa un paragone tra il battesimo cristiano e la Santa Comunione; vuol ricordare ai fedeli che il loro battesimo era solo l’inizio e che devono essere incorporati gradualmente in Cristo partecipando spesso ai misteri del Suo Corpo e del Suo Sangue. O forse le sue parole hanno entrambi questi significati, e anche altri, che non abbiamo tempo di considerare ora.
Per oggi, voglio soprattutto considerare il Vangelo. Oggi abbiamo la famosa storia di san Tommaso; infatti, i cattolici orientali chiamano questa domenica dopo Pasqua “la domenica di Tommaso”. Quando san Tommaso, chiamato il gemello, sente dagli altri dieci Apostoli che il Signore è risorto ed è apparso loro, rifiuta di credere. Perché? Forse si sentì un po’ ferito all’idea che il Signore aveva scelto di apparire agli Apostoli in un momento in cui egli non c’era. Si può immaginare Tommaso che dice tra sé: “Solo io sono indegno di vederLo? Cosa ho fatto di sbagliato? È stato Simone a rinnegarlo, non io!”. Qualunque sia la ragione, potremmo essere sorpresi dalle sue parole: Non crederò se non dopo aver visto nelle Sue mani la piaga fatta dai chiodi… e aver messo la mia mano nella ferita del costato. Se fossimo al posto di Tommaso, supporremmo che, se il Signore fosse veramente risorto, avrebbe comunque mantenuto i segni dei chiodi nelle Sue mani e anche la ferita aperta nel Suo sacro costato? Ma senza dubbio gli altri Apostoli dissero a Tommaso di aver visto tutte queste cose, poiché san Luca, nel suo racconto dell’apparizione di Cristo ai discepoli, dice che mostrò loro le mani e i piedi.
Tuttavia, non fu certo senza una segreta ispirazione divina che san Tommaso fu spinto a fare la sua richiesta; poiché senza le sue parole, nient’altro nel Nuovo Testamento ci insegnerebbe che Nostro Signore dopo la Resurrezione aveva ancora la ferita nel costato. Qual è allora la ragione di questa misteriosa disposizione divina? Perché Cristo ha mantenuto, perché conserva ancora, queste cinque sacre Piaghe nel Suo Corpo risorto? Possiamo provare a rispondere a questa domanda in relazione a Cristo stesso, a noi e a Dio Padre.
In relazione a Cristo, le Sue ferite sono come trofei. Sono, cioè, segni della Sua vittoria sulla morte e sul peccato. Sembra esserci un naturale istinto umano a ricompensare coloro che hanno compiuto un’impresa eroica, sia in guerra che in pace, coloro che hanno inseguito il nemico coraggiosamente o protetto i loro compagni in una situazione disperata, o salvato qualcuno dall’annegamento o da un incendio. Oggi i nostri soldati ricevono medaglie; nei tempi antichi, un generale di successo sarebbe stato incoronato con una corona di alloro. Ebbene, Nostro Signore è veramente uomo, quindi è giusto che anche Lui sia ricompensato in modo umano. È giusto che riceva qualche segno visibile di quella grande lotta in cui, secondo san Paolo, trionfò sui principati e sulle potenze, cioè sugli spiriti maligni e i loro capi, soggiogandoli gloriosamente.
Potreste dire: “Ma non è umiliante per Lui mantenere i segni della Sua sofferenza?”. Ascoltate sant’Agostino. Parlando dei martiri, e di come appariranno in Cielo, dice: “Forse in quel Regno, vedremo sui corpi dei martiri le tracce delle ferite che hanno subito […] e queste ferite non appariranno lì come una deformità ma come una dignità”. La parte del corpo in cui hanno sofferto di più sarà la più gloriosa. E così san Tommaso d’Aquino pensa che le cinque Piaghe del Corpo di Cristo abbiano una bellezza e uno splendore speciali, anche più del resto del Suo Corpo.
In secondo luogo, possiamo pensare a queste Piaghe in relazione a noi. Esse servivano a confermare la fede degli Apostoli, e quindi a confermare noi nella fede che abbiamo ricevuto dagli Apostoli. Quale prova migliore avrebbe potuto escogitare Dio per convincerli che Colui Che vedevano era veramente lo stesso che avevano conosciuto, con Cui avevano vissuto e che era stato inchiodato sulla Croce poco tempo prima? O quale prova migliore poteva esserci che la Passione di Nostro Signore non era stata una disfatta, ma piuttosto il mezzo scelto dalla Santissima Trinità per la nostra salvezza? Se Gesù fosse tornato dai morti senza i segni dei chiodi, gli Apostoli avrebbero potuto pensare che Si vergognasse di ciò che aveva sofferto per loro. Avrebbero anche potuto immaginare che non voleva che predicassero il mistero della Croce alle nazioni, mentre in realtà, come dice san Paolo, la parola, cioè la predicazione, della Croce è potenza di Dio. E come potrebbe Nostro Signore invitare l’umanità a rispondere con più forza al Suo amore se non lasciando aperta la ferita del Suo costato? Ne ha fatto un luogo nel quale, per usare le parole di una mistica inglese del Medioevo, “c’è abbastanza spazio per tutta l’umanità da salvare”.
In terzo e ultimo luogo, possiamo pensare alle preziose Piaghe di Cristo in relazione al Suo eterno Padre. Già nel Suo battesimo e nella trasfigurazione, si udì la voce del Padre che diceva: Questo è il Mio Figlio diletto. Mentre il Padre Lo guarda ora in Cielo, quale ministro del santuario, come dice san Paolo, deve dire ancora ed in eterno: Questo è il Mio Figlio diletto. Anche un padre umano, se vedesse le ferite che il figlio maggiore ha ricevuto per salvare la vita dei suoi fratelli più piccoli, sarebbe mosso a pietà e non baderebbe alle offese dei figli più piccoli, se il loro fratello intercede per loro. Quanto più, quindi, il Padre celeste è spinto ad avere pietà dei peccati dell’umanità, e specialmente dei battezzati, quando guarda alle Piaghe di Gesù, il primogenito tra molti fratelli.
Come bambini appena nati, bramosi di latte spirituale e puro, adoriamo, dunque, le Piaghe di Cristo nostro Re, trovando in esse la nostra forza. Possa Egli portare molti, come il grande apostolo Tommaso, dall’incredulità alla fede, dalle tenebre alla Sua ammirabile luce.

Da Facebook