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Divisioni e ricchezza di Firenze

Storia12 Ottobre 2018
Testo dell'audio

Pur importante durante l’Alto Medioevo, Firenze divenne uno dei principali centri artistici italiani (se non il principale) solo dopo l’anno Mille, essendo prima secondaria rispetto a città come Siena o Pisa.

Il punto di partenza di questa crescita è considerato il 1013, quando iniziarono i lavori della Basilica di San Miniato al Monte: già pochi anni dopo, nel 1055, alla presenza di Papa Vittore II e l’Imperatore Enrico III, proprio a Firenze si tenne un concilio, ispirato da san Giovanni Gualberto, fondatore dei Vallombrosiani e che condannò la simonia e il concubinato (causando la deposizione dell’allora vescovo Pietro Mezzabarba, che aveva appunto comprato la propria cattedra e che, pentitosi, si ritirò in convento).

Da Matilde al Comune: una città divisa e in ascesa

Città spesso politicamente divisa, ebbe una valida reggitrice nella contessa Matilde di Canossa (1046-1115), signora di un territorio tanto vasto (dal Piemonte al lago di Garda, dalla Lombardia al Lazio) da essere nominata, al termine della propria esistenza, “Regina d’Italia” e “Vicaria Papale” dall’Imperatore Enrico V (figlio di quel’Enrico IV protagonista dell’umiliazione di Canossa). La pur sporadica presenza di Matilde nel suo castello poco fuori dalle mura (vicino alla Chiesa di San Lorenzo) servì a moderare le rivalità cittadine.

Scomparsa la Contessa, Firenze si trasformò in un Comune autonomo, con dodici Consoli l’anno (due per bimestre) e un consiglio di 150 “Bonomini” oltre a un’assemblea generale dei cittadini, riunita quattro volte l’anno.

Ben collegata al mare grazie all’Arno e nei pressi della Via Francigena, Firenze iniziò a espandere i propri commerci, in particolar modo importando panni grezzi dal Nord, acquistando dall’Oriente il prezioso allume di rocca (o di potassio) necessario per la tintura e quindi realizzando tessuti molto pregiati.

Parimenti iniziò a sviluppare l’attività bancaria, che ben presto avrebbe imposto il Fiorino d’oro (la prima moneta aurea coniata nel Medioevo, il “maladetto fiore” di dantesca memoria) come moneta di riferimento per l’intera Europa.

Assoggettati i castelli del contado, fu imposta la cittadinanza e la residenza all’interno delle mura alla restante aristocrazia feudale: le molti torri cittadine testimoniano però il perenne conflitto interno.

Intanto Firenze approfittò dell’alleanza con l’antimperiale Pisa per ampliare le mura, inglobando vari borghi e raggiungendo il numero di 25.000 abitanti: ciò determinò uno scontro con Siena, che era ghibellina e mal vedeva il crescere della rivale.

Sul fronte interno vi fu una sanguinosa lotta civile (1177-1179) scatenata dagli Uberti, fautori dell’Impero, che avevano cercato di scardinare il sistema delle alleanze tra “consorterie” (i gruppi di più famiglie) che governavano il Comune.

Trent’anni dopo, nel 1207, il governo venne riformato e si passò dai consoli a un unico Podestà, preferibilmente forestiero e presumibilmente imparziale: il primo fu Gualfredotto da Milano. Il Podestà, che doveva essere cavaliere e giurisperito, era affiancato da due consigli: uno oligarchico ristretto e un’altro più ampio di cui facevano parte i capitani delle Arti.

Il Duecento e le lotte fra guelfi e ghibellini

Il Duecento, con la sua crescita demografica e l’aggravarsi delle differenze sociali, vide fiorire gli ordini mendicanti, che costruirono i loro monasteri intorno alle mura; la presenza dei Domenicani stroncò la diffusione del catarismo, sviluppatosi anche grazie all’appoggio di alcune grandi famiglie ghibelline come risposta al papato avversario.

La nomina di Federico d’Antiochia, figlio naturale dell’Imperatore Federico II, favorì nel 1246 i ghibellini, che presero il controllo della città cacciando i guelfi; ma quattro anni dopo, in seguito ad una sconfitta militare furono espulsi da un’insurrezione del “Popolo” (la nuova borghesia), che affiancò al Podestà un Capitano del Popolo, anch’esso forestiero.

Tornati al potere dopo la vittoria di Montaperti (1260) i ghibellini vennero scomunicati tre anni dopo da Urbano IV e, dopo le sconfitte di Benevento e Tagliacozzo (1266), definitivamente scacciati dal “Popolo”, che instaurò un governo guelfo (il primo podestà fu Carlo d’Angiò, il discusso vincitore delle due battaglie).

Sconfitti definitivamente i ghibellini aretini a Campaldino nel 1289, gli aristocratici guelfi fiorentini (i “magnati”) imposero la loro presenza, grazie alla propria abilità militare, rispetto alla fascia borghese del “Popolo”.

La risposta al guelfismo aristocratico venne con gli “Ordinamenti di Giustizia” (1295), che per limitare ai Magnati l’accesso alle cariche politiche, rendevano obbligatoria l’iscrizione a un’Arte (per diventare Priore l’aristocratico Dante Alighieri dovette aderire all’Arte dei Medici e Speziali).

Guelfi Bianchi e guelfi neri

I guelfi si spaccarono inoltre nelle due fazioni dei Bianchi e dei Neri. Questi ultimi erano rappresentati soprattutto dalla famiglia Donati, erano più legati al papato e sostenuti dall’élite mercantile e finanziaria; i Bianchi, vicini alla famiglia dei Cerchi, erano più moderati. Gli scontri si conclusero con la cacciata dei Bianchi (tra cui, come tutti sanno, Dante), ma subito avvenne un’ulteriore spaccatura tra i Neri, che si divisero in Donateschi (capeggiati da Corso Donati) e Tosinghi (seguaci di Rosso Della Tosa).

Dopo l’uccisione di Corso Donati e la cacciata dei suoi seguaci la situazione cittadina si tranquillizzò per un po’ di tempo ed iniziò la straordinaria stagione dell’arte e dell’architettura fiorentina, con Arnolfo di Cambio protagonista, dal rivestimento del Battistero alla nuova cerchia muraria, dalla cattedrale di Santa Maria del Fiore al Palazzo dei Priori, mentre la città arrivò a sfiorare i 100.000 abitanti e i poeti del “dolce stil novo” portavano la scuola toscana ai vertici della poesia italiana.

La crisi del XIV secolo e l’arrivo dei Medici

Sconvolta prima da una crisi economica (legata alla Guerra dei Cento Anni e all’insolvenza del Re d’Inghilterra, cui i banchieri fiorentini avevano prestato ingenti quantità di denaro), poi da un’alluvione nel 1343 e infine dalla peste del 1348 (quella descritta da Boccaccio) che dimezzò la popolazione, nel 1378 la città assistette alla rivolta degli scardatori, i più umili lavoratori della lana che non avevano rappresentanza nelle Corporazioni delle Arti.

Tale episodio, il primo caso di una rivolta sociale della fascia più umile della popolazione, è noto come Tumulto dei Ciompi (altro nome degli scardatori). Le riforme imposte (salari più alti, condizioni di vita migliori, riconoscimento giuridico in un’apposita Arte) vennero ben presto annullate e quattro anni più tardi il sistema repubblicano si trasformò in un’oligarchia guidata dai banchieri.

Agli albori del secolo successivo gli scontri tra le famiglie oligarche e il popolo videro quest’ultimo invocare Cosimo Medici quale priore. Cosimo, che era stato esiliato, tornò nel 1434 rovesciando il regime oligarchico, ma, anziché ripristinare la Repubblica, instaurò la Signoria, che, sotto i Medici, avrebbe governato Firenze ed il suo territorio per tre secoli, fino al 1737.

 

Questo testo di Luigi Vinciguerra è stato tratto dal periodico Radici Cristiane. È possibile acquistare la rivista anche on line o sottoscrivere un abbonamento, cliccando www.radicicristiane.it

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