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Divisione del peccato.

Teologia Morale26 Luglio 2023
Testo dell'audio

In questo podcast tratteremo solo della differenza più generale del peccato. Esistono diversi tipi di peccato:

 

  1. Il peccato personale e il peccato originale. Quello viene trattato soprattutto nella Teologia Morale, questo piuttosto in Dogmatica.
  2. Peccati interni ed esterni.
  3. Peccato materiale e formale: si distinguono in quanto il primo offende la legge solo oggettivamente e materialmente, l’altro anche soggettivamente e volontariamente.
  4. Il peccato di commissione e di omissione: il primo ha un contenuto positivo, il secondo lo ha solo negativo. Il non agire è colpa mortale solo se uno ha prima riconosciuto di dovere agire. Per l’omissione non occorre nessuna volontà diretta e precisa. Il peccatore vuole l’omissione spesso solo indirettamente: egli sceglie un atteggiamento positivo, con cui l’adempimento del dovere è inconciliabile.
  5. Il peccato attuale è un atto unico, quello abituale uno stato peccaminoso che sorge per lo più da azioni cattive e ad esse conduce. Fra i peccati abituali bisogna annoverare anche il peccato originale.
  6. La divisione in peccati d’ignoranza, di debolezza e di malizia riguarda il grado di consapevolezza. Nel peccato d’ignoranza c’è una ignoranza vincibile, nel peccato di debolezza una passione antecedente; anche in essi il vero e proprio responsabile è la persona, nonostante la libertà della volontà sia ridotta. Il peccato di malizia non ha attenuanti; l’uomo in esso pecca con chiara conoscenza e piena libertà di volere.
  7. La distinzione più importante è quella tra il peccato mortale (peccatum grave, mortale, letale) e il peccato veniale (peccatum veniale, lieve). Fra questi non c’è soltanto una differenza di grado, ma una piena differenza sostanziale che vedremo in seguito.
  8. La distinzione fra le singole specie di peccati non riguarda la dottrina generale del peccato, ma quella particolare.

 

Però fra queste specie bisogna sottolineare alcuni gruppi di peccati che vengono numericamente elencati nella morale, per lo più per un motivo biblico-storico. Vengono quindi trattati in particolare i sette peccati capitali, i sei peccati contro lo Spirito Santo e i così detti peccati altrui. Oltre questi si distinguono ancora i quattro peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio, il cui oltraggio secondo l’espressione della Sacra Scrittura “grida al cielo” per il castigo: omicidio, impurità sodomitica, l’oppressione dei poveri, delle vedove e degli orfani, il defraudare la mercede del lavoro.

 

Imperfezione e peccato.

 

Da quello che si è detto si rileva:

 

  1. Non è peccato l’imperfezione puramente negativa, perché essa non consiste nel rifiuto morale dell’uomo, ma si fonda sulla natura stessa. Il fatto che l’uomo non è onnisciente, che non può volare come un uccello, che può avere una coscienza erronea incolpevole, costituisce una serie di imperfezioni negative, ma non di peccati.
  2. Non è peccato l’imperfezione positiva, di cui è causa l’uomo stesso in quanto rinunzia a qualcosa di consiglio, ma non rappresenta ancora in sé una trasgressione contro un ordine morale; ciò che è soltanto consigliato non è comandato; solo la trasgressione di un comando è peccato.

 

Peccato è però rifiutare ciò che è di consiglio per un motivo peccaminoso, sia in un caso singolo, sia per sempre, disprezzando gli insegnamenti della Chiesa al riguardo.

 

Peccato è in sé trasgredire ciò che è di consiglio se per motivi speciali nel caso singolo non si tratta più di cosa di consiglio ma di oggetto di un dovere. Normalmente, il bene morale e la cosa comandata bastano ad ottenere il fine ultimo. Ci sono però due casi in cui ciò che è di consiglio diventa di obbligo:

 

  1. Quando per la speciale conformazione individuale o condizione del singolo non si può altrimenti adempiere il proprio dovere di stato se non con l’osservanza di ciò che è di consiglio. Così uno è moralmente obbligato al celibato o alla ricezione più frequente dei Sacramenti, se altrimenti non può realizzare valori moralmente obbliganti o mantenersi libero dal peccato;
  2. Quando uno si è obbligato volontariamente al compimento di una cosa di consiglio, per esempio con un voto o con l’accettazione di doveri di stato o professione (per es. i sacerdoti, i Religiosi, i medici e altri), per cui è obbligatorio ciò che per altri è considerato solo di consiglio.

 

Peccato è rallentare la tensione al fine ultimo morale per ciascuno obbligante, gli sforzi necessari al suo raggiungimento, i sacrifici e l’adempimento del dovere. Con tale minimalismo immorale si rinnega lo stesso ordine morale. 

 

L’opposto contrario della perfezione, la depravazione morale (corruptio), è essenzialmente peccato mortale. Anche l’imperfezione privativa, che rinunzia colpevolmente ad un più alto grado di perfezione è peccato.

 

Quanto si è detto è importante per la pratica educazione della coscienza perché mentre le anime che tendono alla perfezione ritengono come peccato qualcosa che non lo è, i “figli del mondo” vorrebbero volentieri considerare tutto come imperfezione (negativa), perché non prendono il peccato sul serio.

 

Effetti del peccato.

 

L’uomo peccando cade in uno stato di disgrazia di Dio, che da sé non può più modificare. È lo stato di colpa del peccato (reatus culpae; macula animae), che come effetto sostanziale comprende anche la pena (reatus poenae).

 

Per capire meglio questo concetto, mi è utile richiamare un esempio di un caro amico sacerdote. Come accennato, il peccato produce due debiti di colui che offende verso l’offeso: il debito di colpa e quello di pena. Nel momento in cui offendo Dio mi trovo in un duplice debito nei suoi confronti. Poniamo che un bambino, tiri volontariamente un sasso contro il vetro della casa del vicino e lo rompa. Il vicino è giustamente arrabbiato col bambino. Pensiamo che tale vicino sia di anima nobile, una persona buona. Il bambino si rende conto di averla fatta grossa e, pentito, potrebbe andare a scusarsi, ma essendo piccolo è bene che venga accompagnato da qualcuno (dal padre, dal fratello maggiore). Il vicino può anche perdonarlo, però rimane il vetro da sostituire. Vediamo che l’atto del bambino ha prodotto due debiti: la colpa per ciò che ha fatto, che può essere perdonata, ma anche l’aver rotto qualcosa che deve essere ripagato. Questa necessità di riparazione che ha iniziato ad esistere nello stesso momento in cui iniziava la colpa, costituisce un secondo debito del bambino verso il vicino: il debito di pena. Un sincero pentimento nel bambino non può non includere la volontà sincera e ferma di riparare il disordine (ovvero la rottura che provochiamo col nostro peccato). Sarebbe paradossale che il bambino chiedesse scusa al vicino per aver rotto il vetro e poi fosse totalmente indifferente al fatto che il vetro rimanga in frantumi. Il vicino, per quanto di anima nobile, sarebbe ben disposto al perdono ma non vedrebbe nel bambino le condizioni per riceverlo. È chiaro che il vicino vedrebbe come condizione irrinunciabile per il perdono quantomeno il fatto che il bambino o la sua famiglia si impegnino, secondo le possibilità, per ripagare. Magari non è loro possibile perché, ad esempio, il vetro era costosissimo o di una rara tipologia. Allora, se il vicino è magnanimo e grande nella sua benevolenza, può perdonare, rinunciando ad una riparazione piena, ma lo farà di cuore solo se vedrà nella famiglia del bambino, e di questo in particolare, il sincero sforzo di ripagare tutto il possibile.

 

Uscendo dall’esempio in cui il debito di pena è solo materiale (la rottura del vetro), possiamo considerare ogni peccato, anche quelli che non producono danno materiale o morale a terzi, e renderci conto che poiché ogni peccato è una violazione di un ordine stabilito dalla sapienza e bontà divina, e determina una rottura di detto ordine e un’offesa di Colui che di detto ordine è autore, Dio, ne consegue nell’uomo peccatore un debito di colpa verso Dio, in ragione dell’offesa, e un debito di pena sempre verso Dio, in ragione della rottura dell’ordine che deve essere riparata in qualche maniera. Di conseguenza non è sufficiente solo il dolore per la colpa, ma è necessario anche il desiderio di riparare, ovvero scontare il debito di pena. Oltre al desiderio di riparare poi, bisogna effettivamente riparare e questo potremo farlo o in questa vita o nell’altra (il Purgatorio è il luogo dove si sconta il debito di pena per i peccati rimessi quanto alla colpa).

 

Nel prossimo podcast, vedremo la differenza sostanziale tra peccato mortale e veniale.

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