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«Dio e il Re»

Storia07 Maggio 2021
Testo dell'audio

Domenica 13 febbraio 1820, mentre Carlo Ferdinando, duca di Berry, erede al trono di Francia, rientra dall’Opera, Jean Pierre Louvel, sellaio delle scuderie reali, lo pugnala a morte. Arrestato, alla domanda «perché l’hai fatto?», risponde: «Per estirpare l’ultimo seme dei Borboni». In effetti, Carlo Ferdinando lascia una sola figlia, Maria Luisa, ma sua moglie, Maria Carolina, ha in serbo una sorpresa. Il seme dei Borboni non morirà col duca di Berry, perché già si trova nel suo grembo: «Questa volta sarà Enrico!» proclama esultante. Il 29 settembre nasce infatti un bel bambino.

Enrico cresce grassottello e sereno, sempre vestito con l’uniforme di colonnello dei granatieri. I moti del 1830 lo allontanano però dal trono. Luigi Filippo si proclama re dei Francesi, Carlo X si ritira rassegnato a Holy Rood con quelle che Chateaubriand definisce le «pance dorate». A difendere l’eredità dei Borboni rimane solo la duchessa di Berry, che pensa alla Vandea, a quella terra fedele che già anni prima era insorta al grido di «Dieu et le Roi».

Accusata d’incoscienza e follia, abbandonata dalla famiglia reale, non intende arrendersi. È pronta ad agire anche sola, anche a costo della vita. Proprio sola non rimarrà. Un primo aiuto le giunge da Carlo Alberto di Carignano. Ciò è sorprendente, se si pensa a quanto egli già civettasse coi liberali. In realtà, il «re tentenna» alterna periodi in cui si sente liberale, a periodi in cui si sente reazionario. Maria Carolina deve aver azzeccato il periodo buono e già a luglio è a Genova, dove Carlo Alberto si proclama «pronto a fare tutto ciò che è in suo potere per ristabilire i Borboni sul trono di Francia» e le mette a disposizione 780mila franchi, spiegando nel suo Diario d’aver «obbedito a ciò che mi impone la coscienza».

Peccato che i dettami della coscienza in Carlo Alberto non durino a lungo e soprattutto non siano forgiati per resistere alle difficoltà. A Luigi Filippo basta comunicare di non aver gradito l’intrusione e la duchessa di Berry viene allontanata. Ora, il solo che può aiutarla – e immediatamente si offre di farlo – è Francesco IV d’Austria Este, unico sovrano europeo a non aver riconosciuto l’Orléans.

Maria Carolina è accolta con tutti gli onori a Massa, le viene messo a disposizione il palazzo ducale. Ben presto la cittadina sul Tirreno si trasforma in una «piccola Coblenza», dove, come nella città tedesca ai tempi della rivoluzione francese, si riuniscono nobili e ufficiali. I nomi più prestigiosi dell’aristocrazia francese passano in quei giorni per il Ducato estense. Il duca di Blacas, braccio destro di Carlo X, vi giunge per controllare l’imprevedibile principessa «più realista del Re».

Filippo d’Orleans vorrebbe notizie, ma fatica a ottenerle, non disponendo di rappresentanza nel Ducato estense. Incarica allora il poeta Lamartine, ambasciatore a Firenze, di ricordare a Francesco IV che «Tolone è vicina a Massa». Poi posiziona alcune navi con tricolore davanti al litorale. Ma Francesco IV non è Carlo Alberto. Lui alle minacce non cede. E quando Metternich gli comunica che l’Austria non lo aiuterà in caso d’attacco francese, ribadisce che «mi difenderò con i miei mezzi obbedendo ai miei principi».

Fino a quel momento, Massa non ha avuto truppe di guarnigione e ora si corre ai ripari. Vengono mandati i Cacciatori del Frignano, che si dimostrano solerti e valorosi. Una notte, scambiati i tuoni d’una tempesta per colpi di cannone, in pochi istanti circondano il Palazzo, strappando lacrime di commozione alla duchessa.

Questo testo di Elena Bianchini Braglia è tratto dalla rivista Radici Cristiane. Visita il sito radicicristiane.it

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