Il culto di Dio e il culto dell’uomo

+ In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen.
Cerchiamo adesso più in profondità nelle motivazioni del Nuovo rito. Lo facciamo cercando in maniera più approfondita nella sua teologia, cioè il protestantesimo. Ora, l’essenza del protestantesimo è il soggettivismo, come è stato chiaramente dimostrato da Jacques Maritain nel suo libro Les trois Réformateurs (Plon, 1925) nel capitolo Luther ou l’avènement du moi (Lutero o l’avvento dell’io) e da Paul Hacker nel suo libro Das Ich im Glauben bei Martin Luther. Der Ursprung der anthropozentrischen Religion (L’io nella Fede di Martin Lutero: Le origini della religione antropocentrica)[1]. E il soggettivismo nel campo della liturgia costituisce il culto dell’uomo.
La Messa è il culto di Dio, la più alta forma di culto che esista, ed entrambi i riti rendono questo culto a Lui. Ma mentre il Rito antico lo rende in un modo che esprime in maniera sublime questo culto a Dio, il Nuovo rito lo rende in un modo che esprime il culto dell’uomo.
Il fatto che la teologia del Rito antico sia quella del culto di Dio e la teologia del Nuovo rito sia quella del culto dell’uomo è evidente già dall’inizio nel concetto centrale che ognuno esprime della Messa: il concetto di sacrificio nel primo caso e il concetto del banchetto comunitario nel secondo. Poiché questo sacrificio è «il sacrificio di Dio da Dio a Dio» (nelle parole di san Giovanni della Croce) e questo banchetto è l’autocelebrazione della comunità.
Adesso paragoneremo queste due forme diverse di culto in vari loro aspetti generali; e poi per quanto riguarda il proprio della Messa.
Confronto Generale
L’orientamento del Celebrante
Abbiamo già esaminato il tema dell’orientamento del Celebrante in relazione al protestantesimo, ora lo faremo in relazione al culto dell’uomo.
Nel Rito antico il sacerdote celebra rivolto al crocifisso e (tipicamente) al tabernacolo. Con pochissime eccezioni, egli è rivolto nella stessa direzione del popolo che si trova dietro di lui. Questo orientamento esprime il fatto che egli esegue un culto a Dio, per e in nome del popolo.
Nel Nuovo rito il sacerdote celebra rivolto al popolo. L’uomo sta in faccia all’uomo e “il cerchio è chiuso” (nelle parole del cardinale Ratzinger in Lo spirito della liturgia). Difatti, abbiamo l’evidenza che questo nuovo orientamento fu stabilito esplicitamente per motivi antropocentrici. Don Martin Patino, membro del Consilium, scrive che «una teologia teocentrica ha occasionato [la posizione di] popolo e prete insieme faccia a Dio nel Cristianesimo latino durante e dopo il medioevo; un’enfasi antropocentrica nella teologia ha occasionato la posizione attuale di prete e popolo in dialogo immediato l’uno coll’altro»[2].
L’orientamento antropocentrico alimenta il concetto sbagliato che la Messa sia offerta esclusivamente o principalmente per i presenti, mentre è, in effetti, offerta in primo luogo per Dio, in secondo luogo per la Chiesa intera e solo in terzo luogo per particolari intenzioni e per i presenti. In questo modo, la Messa è vista come una cosa della “comunità” piuttosto che della Chiesa: una cosa che si rapporta ad un gruppo specifico di persone in un luogo e ad un tempo specifici, piuttosto che alla Comunione dei santi in tutti i luoghi e a tutti i tempi.
Questo concetto sbagliato ha portato agli abusi seguenti:
I) l’eliminazione delle salutationes, della benedizione finale e dell’Ite Missa est, quando il sacerdote celebra senza chierichetto;
II) la riformulazione dell’Orate Fratres / Pregate Fratelli (riferendosi alla Chiesa) con “prega(te) fratello(i) e sorella(e)” a seconda delle circostanze;
III) il fatto che alcuni sacerdoti non celebrino la santa Messa in assenza di fedeli, per esempio quando sono in vacanza.
L’orientamento incoraggia il sacerdote ad agire come attore; esprime o suscita il desiderio da parte dei fedeli che lui li guardi e si rivolga a loro individualmente, il desiderio di vedere e di sentire tutto, di capire ogni cosa immediatamente. Alimenta un antropocentrismo, che culmina nel prendere Dio Stesso nelle proprie mani.
Il tabernacolo è situato fuori dal cerchio[3], come lo è l’altare (vero); ed il carattere divino della Messa, che è la Transustanziazione ed il Sacrificio, è per questo oscurato. La conseguenza ne è che Dio viene escluso dalla celebrazione o, al massimo, relegato in secondo piano. Inoltre, il celebrante offre la Messa tipicamente dando le spalle al tabernacolo[4], che è l’espressione più chiara della trasformazione del culto di Dio nel culto dell’uomo.[5]
La Messa, in una parola, diventa l’autocelebrazione della comunità, dove «la parola “celebrazione” evoca l’atmosfera di una festa piuttosto che la dovuta esecuzione di una cerimonia pubblica (prima di tutto religiosa)» (MD p. 145). Sacerdote e assemblea si salutano con formule secolari in contrasto con il Rito antico, dove il celebrante saluta l’assemblea solo da mediatore tra Dio e l’uomo, baciando prima l’altare che rappresenta Cristo ed augurando Dominus Vobiscum senza guardarla.
Nel Nuovo rito, per di più, i membri dell’assemblea si salutano a vicenda (al “segno di pace”) e, fenomeni caratteristici dello spettacolo pubblico, entrano in scena: risate, applausi e persino la danza.
Osserviamo a questo punto che il culto dell’uomo si esprime anche nella “sedia presidenziale” collocata dietro all’altare. O’Connell (Church Building) enumera 7 decreti della Congregazione dei riti per impedire al clero inferiore ad appropriarsi del diritto al trono episcopale. La sedia presidenziale è senza precedenza, se non nei servizi liturgici dei presbiteriani (WHH, p. 178).
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[1] nova et vetera, Bonn 2002.
[2] ‘…a theocentric theology occasioned… people and priest together facing God in Latin Christendom during and after the Middle Ages; an anthropocentric emphasis in theology has occasioned the current stance of priest and peolple in immediate dialogue with each other’. New Order of Mass: Text and Commentary, p. 243; WHH p. 169.
[3] Sia direttamente dietro il celebrante sull’altare maggiore, a meno che (forse a cause dell’inappropriatezza di questa posizione) non sia stato spostato da questo, il più onorevole, posto della chiesa (cfr. Iota Unum 270 p. 596), a qualche altro posto.
[4] «Si verifica allora l’“abominazione” esecrata in Ezechiele 8:16, quando i sacerdoti sacrificano voltando la schiena al Sancta Sanctorum…. L’indecenza appare più manifesta se si rifletta che nella Vecchia Legge v’era un Sancta Sanctorum prefigurato e qui il Santissimo reale» (Iota Unum di Romano Amerio [nella foto] 291 p. 543-4).
[5] Infatti, la critica del Rito antico che il celebrante celebra voltando le spalle al popolo, dovrebbe essere ribattuta colla risposta che il significato più profondo di tutte le cose è determinato dalla loro relazione a Dio e che nel Rito antico il celebrante volge il volto a Dio, mentre nel Nuovo rito egli volge le spalle a Dio.