Costantino ed Elena, tra libertà di culto, regalità e santità

L’universo culturale del tardo Impero era incredibilmente sfaccettato quando, con l’Editto di Milano del 313 d.C., i due Augusti Costantino e Licinio sancirono la fine delle persecuzioni contro i cristiani e l’inizio del concetto di tolleranza religiosa. «Accordare ai Cristiani a e a tutti gli altri la libertà di seguire la religione che ciascuno crede, affinché la divinità che sta in cielo, qualunque essa sia, a noi e a tutti i nostri sudditi dia pace e prosperità». Con queste parole il rescritto del 313 d.C. tracciava i termini di un concetto di libertà religiosa che sembrerebbe coincidere con quello, modernamente inteso, di tolleranza.
La tolleranza descritta nel celebre documento, lungi dall’essere un mero mezzo di indifferenza diffusa e scetticamente applicata alla questione religiosa, come spesso si è abituati a intendere ai giorni nostri, diviene invece un ulteriore mezzo per scegliere Dio. Con l’editto, l’Imperatore Costantino poneva le basi del percorso che avrebbe condotto nell’arco di pochi decenni la religione cristiana da culto privato a religione pubblica, ufficiale, l’unica pienamente riconosciuta dall’Impero.
Con Costantino si percepisce un senso di novità in ogni aspetto culturale: dal punto di vista figurativo viene abbandonata repentinamente la rigida struttura compositiva paratattica, cui si sostituisce un rinnovato e morbido senso della natura e della profondità, di gusto propriamente classico. In tale mutamento espressivo si coglie la nascita della cultura moderna occidentale. Successivamente con Ambrogio a Milano si sviluppò un ricco linguaggio artistico legato al cristianesimo imperiale.
I grandi eventi storici dell’epoca vennero immortalati nei monumenti e sono giunti fino a noi nell’interpretazione che gli artisti di allora ne offrirono: le ultime persecuzioni dei cristiani, la Tetrarchia, la vittoria celeberrima di Ponte Milvio nel 312 d.C., quando Costantino vinse nel segno della Croce. E poi il rescritto dell’anno successivo. Ma a tali sconvolgimenti culturali si accompagnava, come è logico, un dualismo culturale-figurativo: paganesimo e cristianesimo si mescolano e si sovrappongono in uno scambio eccezionalmente fertile di forme e contenuti.
I significati cristiani utilizzano sovente un linguaggio appartenente alla più classica tradizione pagana. Nasce in questo modo la sovrapposizione di temi e di simboli che ancora oggi salda la cultura cristiana alla precedente sapienza classica e che caratterizza tutt’oggi la nostra cultura europea. Allo stesso modo i nuovi modelli sociali si riversavano ancora nelle più importanti e tradizionali istituzioni del tardo Impero: la corte, l’esercito e la Chiesa.
La figura storica di Elena, madre dell’Imperatore, rappresenta la personificazione del potere. Ella ritrovando e consegnando alla storia dell’umanità il legno della Croce di Cristo assurge al ruolo di collegamento tra il cielo e la terra, tra quelle che sono le umane regole del potere e la ricerca di una Verità assoluta.
Elena si bilancia tra regalità e santità, e proprio in tale tensione perenne viene riconosciuta quale personaggio fondamentale della storia cristiana, sia dalla Chiesa d’Oriente sia da quella d’Occidente. Uno dei ferri della Croce rinvenuta da Elena servì, una volta fuso, come morso per il cavallo di Costantino: simbolicamente il morso (o freno) costituito dalla religione cristiana, se applicato al potere temporale, consente una guida più saggia ed efficace. Poiché nessun potere dell’uomo è in sé divino, bensì è attuato nel nome di Dio. E in ciò trova la sua giustificazione morale.
Questo testo di Michela Gianfranceschi è tratto dalla rivista Radici Cristiane. Visita il sito radicicristiane.it