Contro la fede e contro gli Asburgo

Il conflitto, che scosse a lungo le popolazioni del Sacro Romano Impero, fu sanguinoso. Ma i primi sintomi di quella che divenne poi nota come Guerra dei Trent’Anni si colsero già negli anni infuocati della Riforma luterana, quando la Cristianità venne lacerata da una dolorosa frattura e quando i principi dell’Impero si sollevarono contro il dominio degli Asburgo, mischiando la questione religiosa con evidenti interessi politici…
Ripercorrere e raccontare in modo chiaro e completo gli eventi e le cause che precedettero e scatenarono la Guerra dei Trent’Anni, un sanguinoso conflitto combattuto prevalentemente nei territori del Sacro Romano Impero fra il 1618 e il 1648, è compito non semplice. Comprendere appieno le motivazioni sottostanti le ostilità fra i diversi Stati protagonisti di questa lunga stagione bellica significa, infatti, risalire sino agli anni più infuocati della Rivoluzione luterana, quando molti principi dell’Impero colsero la frattura religiosa nella ‘casa comune europea’, il Cristianesimo, come un’occasione per sollevarsi contro il potere centrale rappresentato da Carlo V d’Asburgo.
Nel 1556, tuttavia, la pace di Augusta aveva istituzionalizzato la divisione religiosa secondo il principio cuius regio, eius religio: ognuno degli oltre duecento principi a capo degli altrettanti Stati riuniti nell’Impero avrebbe potuto scegliere se aderire alla confessione cattolica o luterana, in questo imitato obbligatoriamente dai propri sudditi; a peggiorare la spaccatura nel vasto organismo politico germanico contribuirono la diffusione dell’eresia calvinista e le spinte centrifughe dei vari sovrani, interessati ad accrescere il proprio potere e la propria influenza contrastando il progetto egemonico degli Asburgo.
All’inizio del secolo, le tensioni religiose erano più volte esplose in conflitti aperti, tuttavia di breve durata e privi di significativi rivolgimenti territoriali; i successori di Carlo V, cattolici, furono piuttosto tolleranti, evitando di accendere pretestuose lotte e arginando le mire dei potentati. Nel 1617 però l’imperatore Mattia d’Asburgo, privo di discendenti diretti, scelse come erede il cugino Ferdinando, educato dai gesuiti ed estremamente rigoroso in materia di fede. Venne nominato re di Boemia, una grande regione prevalentemente protestante. Il nuovo monarca revocò la libertà di culto concessa ai boemi nel 1609 da Rodolfo II e si oppose alla costruzione di edifici di culto protestanti, provocando forti malumori, che sfociarono in una violenta ribellione il 23 maggio 1618, data del celebre episodio della defenestrazione di Praga.
I luterani trovarono infatti il loro campione nell’Elettore del Palatinato Federico V, dopo il rifiuto dell’Elettore di Sassonia, che sarebbe invece passato dalla parte della Lega cattolica: il Palatinato era un piccolo Stato nella Germania centrale, ma di grande importanza strategica e logistica. Incoronato re di Boemia dalla Dieta locale nel novembre del 1619 in opposizione a Ferdinando II, designato anche imperatore alla morte di Mattia, il suo regno durò un solo inverno. Sebbene da molte parti dell’Impero i principi fossero insorti contro l’oppressione centrale, le armate cattoliche riuscirono rapidamente a fermare il tentativo di assediare Vienna e ad invadere la regione, supportate dalle truppe spagnole al comando di Ambrogio Spinola, che attaccò il Palatinato, da Giovanni Giorgio di Sassonia e Massimiliano I di Baviera.
La decisiva vittoria cattolica fu sancita nel 1620 dalla battaglia della Montagna Bianca, combattuta nei dintorni di Praga, che vide uno schiacciante successo delle truppe imperiali e della Lega. A seguito della sconfitta, Federico V fuggì nelle Province Unite, la Boemia venne annessa come dominio ereditario al patrimonio territoriale asburgico e la resistenza protestante fu decisamente fiaccata con la battaglia di Stadtlohn, il che lasciò presagire una totale vittoria dei cattolici.