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Contemplazione e silenzio

Tesori d'Italia24 Ottobre 2020
Testo dell'audio

«Quest’utilità e quel divino godimento che la solitudine e il silenzio del deserto apportano a coloro che li amano, li conoscono solo coloro che ne hanno fatto esperienza. Là, infatti, gli uomini forti possono raccogliersi e nutrirsi gioiosamente dei frutti del Paradiso»: così scrisse san Bruno, fondatore dei Certosini, all’amico Raul il Verde. Di origini tedesche, san Bruno fuggì cariche ed onori, per trovare la pace dell’anima in località Torre, l’attuale Serra San Bruno, dove fondò l’eremo di Santa Maria. Un modello, da seguire anche oggi…

Riserbo, moderazione e grande discrezione: san Bruno, il fondatore dei Certosini, ha sempre ricercato una sola cosa, la conoscenza di Dio nella solitudine. Egli è stato l’iniziatore di un genere di vita nuovo ed affascinante, a metà strada fra l’eremitismo ed il convento. Intellettuale, originario della Germania renana dell’XI secolo, san Bruno avrebbe potuto fare una brillante carriera ecclesiastica, ma sognava ben altro, la contemplazione. Nacque a Colonia sul Reno verso il 1030, durante il regno dell’imperatore Corrado II il Salico (990 ca.-1039). La cronaca Magister, la sola fonte biografica (prima metà del XII secolo), offre scarse notizie sulla sua famiglia e la sua giovinezza, precisando solo che i genitori non furono di modeste condizioni.

La città di Colonia conobbe all’epoca una forte prosperità economica. Situata al centro dell’Europa nascente, fu luogo di un travaglio culturale e religioso particolarmente fecondo. Proprio qui Bruno studiò a San Cuniberto, collegiata situata a monte del fiume, di cui fu nominato più tardi canonico. Intorno all’anno 1044 andò a Reims per continuare gli studi: arricchita di una bella biblioteca, la scuola cattedrale gli diede ottime opportunità. Proprio a Reims, in occasione del Concilio del 1049, assistette alla genesi della riforma della Chiesa, un movimento di recupero morale dei chierici, perseguito con grande determinazione da papa Gregorio VII (1020 ca.-1085).

Bruno divenne testimone del primo tentativo di lotta contro due piaghe della Chiesa: il nicolaismo e la simonia ovvero il matrimonio sacerdotale e il commercio delle cariche ecclesiastiche. Molto probabilmente in questo contesto maturò i primi segni di una più forte esigenza di vita religiosa, di un’aspirazione alla perfezione cristiana. Studiò seriamente teologia in questa scuola cattedrale, dove spiccava l’insegnamento del celebre maestro Incmaro. I suoi ottimi risultati portarono le autorità ecclesiastiche a nominarlo direttore degli studi, un’attività che gli diede un’enorme reputazione, reputazione che mantenne poi per tutta la vita.

«Discepolo della vera fede», «Dottore dei dottori», «perla di saggezza» sono alcuni dei 177 titoli funebri compilati dai suoi vecchi studenti dopo la morte del santo, come testimonianza di ammirazione e di lode. Uomo colto e intellettuale di grande spessore – tanto che la posterità gli ha riconosciuto, senza che vi sia solida certezza, la paternità di due commentarii sui Salmi e sulle Lettere di san Paolo – san Bruno è stato testimone di una Chiesa in rinascita.

Fra il 1074 e il 1076 l’arcivescovo di Reims, Manasse de Gournay (in carica dal 1069 al 1080), lo nominò cancelliere della diocesi. Ma la figura dell’arcivescovo era torbida, in quanto sospettato di aver mercanteggiato la propria elezione, e il suo atteggiamento, lungo il tempo, diede prova della sua malafede. Lo stesso san Bruno lo accusò di simonia e fu pertanto costretto a lasciare i suoi incarichi nella scuola e nella cancelleria. Il 27 dicembre 1080 Gregorio VII ordinò al clero di Reims di cacciare Manasse e di eleggere rapidamente un nuovo pastore.

In quella dolorosa controversia, il fondatore dei Certosini scelse l’ordine e la disciplina: di fronte alla tentazione simoniaca, di fronte a Manasse, uomo del passato, il santo incarnò valori di probità e di fedeltà alle esigenze della fede, segni manifesti di un rinnovamento spirituale che stava per inondare l’Europa. Il suo atteggiamento apparve così esemplare, che il capitolo di Reims gli propose la successione alla carica episcopale, ma rifiutò. E fu proprio in questo contesto di rumore, dentro e fuori l’anima, che decise di cambiare il senso della propria esistenza.

Più tardi, in una lettera indirizzata all’amico prevosto Raul il Verde, rimasto nel mondo, evocò i momenti in cui la questione della scelta per una vita differente, interamente consacrata a Dio, gli si propose con intensità: «Il tuo affetto si ricorda di quel giorno in cui ci trovammo insieme, tu, Folco il Guercio ed io, nel piccolo giardino attiguo alla casa di Adam, dove allora ero ospitato. Abbiamo parlato per un po’ di tempo, credo, delle false seduzioni e delle ricchezze periture di questo mondo e delle gioie eterne. Allora, fervendo d’amore divino, noi abbiamo promesso, fatto voto e deciso di abbandonare in futuro le fuggitive ombre del secolo per metterci alla ricerca dei beni eterni e ricevere l’abito monastico».

All’inizio del 1084 decise, dunque, di abbandonare tutti i suoi beni per una vita di solitudine e di povertà. Con due compagni, Pietro e Lamberto, si diresse verso i confini della Champagne e della Borgogna, arrivando nelle vicinanze di Troyes, in un luogo chiamato Sèche-Fontaine, a pochi chilometri dall’abbazia di Molesme, diretta da san Roberto (1024 ca.-1111). Là i tre compagni iniziarono una vita eremitica, interrotta dal desiderio di Pietro e Lamberto di seguire uno stile più conforme ai costumi cenobitici. Bruno progettò una vita strutturata sul modello dei Padri del deserto e, suo malgrado, vide circondarsi di più discepoli, attirati dalla sua fama di santità, perciò decise di partire, dirigendosi verso sud, accompagnato da quattro chierici e due conversi.

Nel mese di giugno del 1084 arrivò a Grenoble, diocesi diretta dal vescovo Ugo (dal 1080 al 1132), personalità attratta dalla vita nel deserto ed un tempo monaco a La Chaise-Dieu. Ugo, che divenne il protettore dei Certosini, condusse Bruno in un luogo chiamato Casalibus, nel cuore del massiccio della Chartreuse, ad una ventina di chilometri da Grenoble. Non poteva esservi sito migliore per questi uomini in cerca di silenzio: situato in una valle profonda e difficilmente accessibile, continua tuttora a destare meraviglia e stupore per la forza e la bellezza che esprime. L’aspetto naturale non è certo trascurabile nella spiritualità certosina…

Lo sforzo costante verso l’ascesa e la solitudine che le dà volto trovarono così il loro ambiente ideale. In questo paesaggio, dagli inverni lunghi e rigidi, Bruno e i suoi confratelli costruirono un piccolo eremo formato da celle riunite intorno ad un chiostro, una struttura architettonica in parte comparabile alle laure della Palestina. Così, in questa zona montana e boschiva, a 1175 metri di altitudine, i lavori di costruzione iniziarono subito e proseguirono rapidamente. La chiesa era l’unico edificio in pietra: condizione indispensabile per la sua consacrazione, che avvenne il 2 settembre 1085 per mano del vescovo Ugo e sotto il patrocinio della Madonna e di san Giovanni Battista.

Tuttavia, sei anni dopo, Urbano II (1040 ca. -1099), già suo alunno alla scuola di Reims, convocò Bruno a Roma, al servizio della Santa Sede. La sua anima, però, ormai abituata alla preghiera solitaria e al colloquio continuo con il Signore, non si trovò a suo agio nell’ambiente della corte pontificia, ancor meno nelle distrazioni dei suoi tanti compiti. Quando Urbano II fuggì da Roma, in seguito all’invasione dei territori pontifici da parte dell’imperatore tedesco Enrico IV (1050-1106) ed all’elezione dell’antipapa Clemente III (1025/1029-1100), Bruno si trasferì con la corte papale nell’Italia meridionale. Su proposta di Urbano i canonici di Reggio Calabria lo elessero arcivescovo, ma egli declinò per amore della sua vocazione contemplativa e con il desiderio di ritrovare al più presto la solitudine, che ottenne negli Stati normanni, conquistati dal conte Ruggero I d’Altavilla (1031 ca.-1101).

Proprio il conte gli offrì un territorio nella località chiamata Torre, l’attuale Serra San Bruno, a 790 metri di altitudine. In questo territorio, fertile e piacevole, del quale il santo monaco si compiacque, fondò l’eremo di Santa Maria ed a circa 2 chilometri più a valle, dove sorge l’attuale Certosa, eresse il monastero di Santo Stefano per i fratelli conversi. Riprese lo stile di vita della Chartreuse ed ebbe la gioia di incontrare Lanuino, il suo successore nel governo della comunità francese, che per andargli a far visita intraprese un lungo e faticoso viaggio. San Bruno, dopo dieci anni vissuti a Santa Maria, morì il 6 ottobre 1101.

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