Confraternite, abbazie e miracoli

Le radici cristiane del territorio di Veroli si confermano, lungo la Storia, grazie anche alla fondazione di un discreto numero di Confraternite e istituti religiosi.
All’inizio del XIII secolo, ad esempio, venne fondata l’abbazia di Casamari, edificata sui resti di un municipio romano, conosciuto come Cereatae Marianae, in quanto dedicato a Cerere e collocato lungo la via Maria. Agli inizi dell’anno Mille, sulle rovine di quelle antiche strutture, Benedetto, Giovanni, Orso e Azzo, quattro chierici verolani, ricevuto l’abito presso il vicino monastero di Sora dall’abate Giovanni, si fecero carico della costruzione di una chiesa benedettina. Circa un secolo e mezzo più tardi, i cistercensi presero il posto di quella prima comunità e, pochi anni dopo, presero avvio i lavori di edificazione dell’abbazia.
Due furono i pontefici che presero parte, in qualche misura, ai primi capitoli di questa nuova storia di vita spirituale: il primo fu Innocenzo III, che si recò al cantiere a benedire la prima pietra; il secondo fu Onorio III, che, a lavoro concluso, consacrò l’abbazia dedicata alla Vergine Assunta e ai santi Giovanni e Paolo. Varie furono le devastazioni cui andò incontro questo luogo, dalle invasioni saracene ai soprusi napoleonici, oltre a un incendio divampato in parte dell’edificio nel XIX secolo, al tempo della guerra fra truppe borboniche e piemontesi: minacce che, però, non furono tali da mettere a rischio la stabilità della costruzione. Nella prima metà del XVII secolo, su iniziativa di Gregorio XV, sorse la Congregazione Cistercense Romana, cui prese parte, insieme ad altre otto abbazie, anche la comunità di Casamari, ormai ridotta a soli otto religiosi.
Si dovette, però, attendere l’inizio del XVIII secolo, con l’intervento di Clemente XI, un tempo abate commendatario di Casamari, perché la situazione di questa realtà monastica desse qualche segnale di miglioramento. Il pontefice rimosse la comunità cistercense allora presente e ne introdusse una nuova, quella dei trappisti, provenienti dalla Badia del Buonsollazzo, in provincia di Firenze. Nel XX secolo, poi, la comunità di Casamari venne riconosciuta quale Congregazione e vi si aggregarono diverse realtà monastiche. Questo contribuì a incrementare notevolmente il numero di religiosi che vi gravitavano intorno. Negli Anni Trenta, Pio XI ha incaricato i monaci di Casamari di fondare comunità e stazioni missionarie in Eritrea ed Etiopia, per diffondervi il monachesimo cattolico.
Oltre alla farmacia, alla liquoreria e all’attività scolastica, l’abbazia di Casamari ospita, attualmente, un Museo Pinacoteca, all’interno del quale si conservano sia reperti archeologici, appartenenti al mondo romano e rinvenuti nei dintorni, sia opere inerenti ai racconti biblici e agiografici. L’antica biblioteca, poi, custodisce oltre venti migliaia di pezzi, fra volumi, pergamene e incunaboli. Intenso è, inoltre, il lavoro di restauro dei libri.
La città si distingue anche per essere stata scenario di un prodigioso miracolo eucaristico. Nello specifico, esso è avvenuto presso il monastero di S. Erasmo, esattamente quattro secoli dopo lo storico incontro fra il pontefice Alessandro III e il vescovo Eberardo, in data domenica 26 (Pasqua di Nostro Signore Gesù Cristo) e lunedì 27 marzo. Si celebravano, in quei giorni, le Quarantore. Ancora non era entrato nell’uso l’ostensorio: l’ostia veniva conservata in un’apposita teca d’argento, all’interno del calice, coperto dalla patena, il tutto avvolto in un velo di seta. I fedeli e le confraternite si alternavano nell’adorazione diurna e notturna del SS. Sacramento.
Proprio nella notte, nel corso del turno di adorazione della Confraternita dell’Orazione e Morte, il calice divenne, d’un tratto, trasparente, quasi fosse fatto di cristallo. Sul fondo dello stesso, era ben visibile una stella, che produceva una luce superiore a quella delle candele; sopra di essa, l’ostia consacrata. In visione apparve, poi, il Bambino benedicente, il Crocifisso e tre ostie (andate a unirsi, poi, in un’ostia sola).
Questo testo di Rino Zabiaffi è tratto dalla rivista Radici Cristiane. Visita il sito radicicristiane.it