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Chiusi in casa. Tempo provvidenziale per la conversione

La trave e la pagliuzza11 Marzo 2020
Testo dell'audio

Mentre tutta la nostra Italia è diventata area protetta, continuo a ricevere per il mio blog Duc in altum messaggi di lettori che si dicono sconcertati dalla decisione della Conferenza episcopale di sospendere le Sante Messe con la partecipazione di popolo. Si sentono defraudati del loro diritto al culto e sostengono che i vescovi non avrebbero dovuto applicare in modo così estensivo le direttive del governo, venendo meno alla loro autonomia decisionale in questa materia. Sostengono anche che è stupefacente che, sia pure con alcune limitazioni, sia possibile andare al bar e al ristorante e non si possa andare a Messa.

Sono già intervenuto sulla questione e ho dato spazio ai commenti di persone molto più qualificate di me. Credo che, in ogni caso, al punto in cui siamo, sia necessario prendere il bene che c’è anche in una situazione così delicata. E il bene c’è sempre, e dobbiamo ringraziare il Signore che ci permette di scorgerlo e di metterlo in pratica.

Una situazione come quella che stiamo vivendo ci permette, per esempio, di andare all’essenziale di ciò che siamo e di ciò che facciamo, all’essenziale della vita. Poiché siamo costretti a sfrondare, a eliminare, a togliere, è un po’ come se dovessimo fare un trasloco: occasione ideale per disfarci di tutto ciò che abbiamo accumulato nel tempo e non ci serve.

Dunque, approfittiamo di queste giornate per recuperare la preghiera, la relazione intima e diretta con Dio, per stare in sua compagnia, per pensare meno a ciò che abbiamo e più a ciò che siamo. Approfittiamone per fare silenzio dentro di noi e per lasciare spazio a Dio. Approfittiamone per vivere la quaresima nella penitenza e nel digiuno, che non è solo quello alimentare.

Una volta il cardinale Joseph Ratzinger (era il 1990), in un memorabile intervento al Meeting di Rimini dedicato alla riforma della Chiesa, disse che c’è una sostanziale differenza tra l’attivista, colui che vuole sempre fare qualcosa e pensa di poter risolvere ogni problema, e l’ammiratore, ovvero colui che si affida a Dio e nella contemplazione (mirari in latino vuol dire ammirare ma anche stupirsi, meravigliarsi) accoglie la volontà divina.

Chi è capace di questa ammirazione in senso letterale (da mirari viene anche miracolo) si spoglia di sé stesso e lascia spazio a Dio, fidandosi di lui.

Il cardinale Ratzinger fece in proposito un paragone molto bello. Disse che Michelangelo concepiva l’autentica azione artistica come un riportare alla luce, un rimettere in libertà, non come un fare. E la stessa idea si trova in san Bonaventura, il quale spiegava che il cammino con il quale l’uomo diviene sé stesso equivale a un togliere, a un eliminare il superfluo. «Lo scultore non fa qualcosa, dice il grande teologo francescano. La sua opera è invece una ablatio: essa consiste nell’eliminare, nel togliere via ciò che è inautentico. In questa maniera, attraverso la ablatio, emerge la nobilis forma, cioè la figura preziosa. Così anche l’uomo, affinché risplenda in lui l’immagine di Dio, deve soprattutto e prima di tutto accogliere quella purificazione, attraverso la quale lo scultore, cioè Dio, lo libera da tutte quelle scorie che oscurano l’aspetto autentico del suo essere, facendolo apparire solo come un blocco di pietra grossolano, mentre invece inabita in lui la forma divina».

Ecco: questo tempo può essere per noi tempo di purificazione. E allora direi che possiamo approfittarne per fare opera di ablatio su noi stessi, per toglierci di dosso tutto ciò che non è necessario per la nostra vita interiore, per la nostra salvezza.

Poiché non possiamo andare a Messa e accostarci all’Eucaristia, possiamo far ricorso alla Comunione spirituale, pregando per la guarigione di tutti, in senso fisico e spirituale, e pregando con particolare intensità per coloro che, anche all’interno della Chiesa, ci fanno soffrire. Possiamo recitare il rosario e affidarci a un santo che sentiamo particolarmente vicino. Le risorse non ci mancano.

Cito ancora da quel discorso del cardinale Ratzinger: «Una simile ablatio, una simile “teologia negativa”, è una via verso un traguardo del tutto positivo. Solo così il Divino penetra, e solo così sorge una congregatio, un’assemblea, un raduno, una purificazione, quella comunità pura a cui aneliamo: una comunità in cui un “io” non sta più contro un altro “io”, un “sé” contro un altro “sé”. Piuttosto quel donarsi, quell’affidarsi con fiducia, che fa parte dell’amore, diventa il reciproco ricevere tutto il bene e tutto ciò che è puro. E così per ciascuno vale la parola del Padre generoso, il quale al figlio maggiore invidioso richiama alla memoria quanto costituisce il contenuto di ogni libertà e di ogni utopia realizzata: “Tutto ciò che è mio è tuo…” (Lc 15,31; cfr. Gv 17,1)».

La vera riforma della Chiesa, concluse Ratzinger, è dunque una ablatio, che come tale diviene congregatio. E io penso che ciò che il cardinale disse a proposito della riforma della Chiesa sia valido per ciascuno di noi. Anche la vera conversione è una ablatio, un togliere tutto ciò che non è necessario per arrivare alla contemplazione del Volto di Gesù.

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