Censura dei Padroni dei social. La vera sorpresa è sorprendersi

L’unica cosa che sorprende in molti commenti, qualcuno anche di anime belle e immacolati pensatori della sinistra nostrana e non, è la sorpresa. Ma davvero Big Tech, Facebook, Twitter, Youtube, Apple e così via sono dei censori, esercitano, a dispetto del ruolo sociale che ricoprono, e dei privilegi legali e finanziari – non vogliono essere editori – la censura e tappano la bocca a quelli che vogliono loro, a chi dissente, a chi osa avanzare dubbi o perplessità sui dogmi arbitrariamente stabiliti dal verbo politicamente corretto? Signora mia, chi l’avrebbe mai detto!
Ma se sono anni che questo accade! Certo, il caso Trump è così clamoroso che persino i tartufi nostrani e non, privi in genere di occhi e orecchie, hanno dovuto prenderne atto. Ma la censura da anni si esercita senza che nessuno dei difensori delle libertà democratiche alzi un sopracciglio. Anzi…
Chi vi parla ne è un testimone – e una vittima – diretta. Nel 2016 gestivo un blog su La Stampa, intitolato San Pietro e Dintorni. E avevo scritto un post che cominciava così: “Il Grande Fratello profetizzato da George Orwell è già qui, e si chiama Facebook. Ieri qualcuno ha segnalato è imposto l’oscuramento sul popolarissimo social del simbolo del “Popolo della Famiglia”, l’organizzazione politica creata da Mario Adinolfi, bestia nera, vittima e il bersaglio dei gruppi di pressione e degli attivisti LGBT, omosessuali”.
Lo squadrismo sui social degli estremisti LGBT è sempre ben presente, fortissimo e assolutamente impunito. Nel caso in questione era stato individuato come omofobo Il simbolo del Popolo della Famiglia, a causa della scritta: “No gender nelle scuole”. Ci scriveva Mario Adinolfi, a cui avevamo chiesto lumi: “Non posso usare neanche Messenger. e gli Lgbt hanno segnalato in massa il simbolo del Pdf, tra l’altro bloccando per sempre la mia possibilità di usarlo come foto profilo. Dovessi ri-pubblicarlo, mi sarebbe bloccato il profilo per sempre”.
Ma volete sapere il seguito di questa storia? Che La Stampa, cioè il giornale in cui ho lavorato per decenni, talvolta pubblicando articoli poco graditi alla gestione e alla proprietà, ma senza essere mai censurato, ha rimosso il post dal sito. Evidenti segni precursori di servilismo verso il regime che da allora è diventato regola vigente. (E se volete anche il seguito del seguito, un altro post, in cui si registrava la protesta di Adinolfi in seguito ad articoli di siti omosessualisti in cui si evocava il termine “morte” per lui e Brandi, è stato egualmente cancellato dal sito de La Stampa).
Una ben triste primogenitura, quella che rivendico, e che è stata purtroppo anche di recente seguita da ben altre censure: nei confronti di LifeSiteNews, Youtube ha proibito per una settimana le pubblicazioni; la stessa cosa è accaduta, in Italia, a un sito molto interessante, La Fabbrica della Comunicazione di Beatrice Silenzi, e last but not least anche Adoracìon y Liberacìon un sito in spagnolo seguitissimo è stato vittima delle stesse prevaricazioni, tanto che ha deciso di aprire una sua piattaforma.
Non c’è da stupirsi, allora. E probabilmente ci sono molti altri casi simili, di cui non siamo a conoscenza. Ma non si tratta solo di un fatto politico: sono quelli che difendono la vita, il bersaglio preferito. Non vi dice niente il fatto che Biden e la Harris appoggino l’idea dell’aborto fino al nono mese, se non addirittura l’aborto post-natale? Erode, ancora una volta è al potere.